Il padre è eterno
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Sono stata al funerale di un giovane amico. Una laurea in giurisprudenza, una bella famiglia alle spalle e un futuro davanti, tutto da scoprire. Suo padre l’ha trovato appeso ad una corda in soffitta.
Non entro nei dettagli di questo dramma – per la famiglia, per gli amici che, annichiliti, hanno riempito la chiesa e il piazzale del paese.
Di questa storia che lacera il cuore e ci ricorda quanto siamo fragili e quanto difficile sia, a volte, il mestiere di vivere, voglio raccontare una scena. Giovanni Maria, il padre, in piedi in silenzio davanti alla bara quando, in obitorio, gli addetti delle pompe funebri hanno fatto uscire tutti perché la dovevano chiudere. Silenzio, fuori; solo quel rumore insopportabile dell’avvitatore elettrico, della fiamma ossidrica. Dentro – dentro quella stanza profumata di rose, dentro quella bara – il suo volto giovane e bello, i ricordi, i giorni futuri pensati, sognati, congelati per sempre.
Tutti fuori. Solo suo padre lì in piedi, non una lacrima.
Io ci sono, sono qui, figlio mio, carne della mia carne. Come una scolta, io veglio.
Veglio come quando eri bambino, e avevi il respiro affannoso per la bronchite. Come quando ti svegliavi per un brutto sogno e piangevi. Come quella volta che il cuore ti batteva a mille per la prima cotta. O quando hai vinto la partita a cui tanto tenevi, ricordi? Ci sono come il giorno in cui lo scritto ti era andato male e volevi mollare tutto. Forza, vai avanti, sono con te. Ci sono come quando preparavi l’esame da avvocato: settimane passate al computer e sui libri. Con te ho condiviso sogni e speranze, le tue paure, il tuo desiderio di una giustizia giusta.
Ci sono adesso come allora. Come quando, piccino, ti prendevo in braccio e ti facevo volare alto alto verso il cielo e la mamma mi sgridava. Lei ti avrebbe tenuto tra le sue braccia sempre, con lei sempre.
Era compito mio, tagliare il cordone, insegnarti a camminare da solo, a intraprendere il viaggio, infonderti il coraggio della salita. Questo è il compito che mi è stato insegnato da mio padre, che mi è stato assegnato dal Padre nostro che è nei cieli.
E’ a Lui che ti affido, ora, figlio mio, carne della mia carne… A Lui che ti ha amato dalla notte dei tempi…
E in questo passaggio dalle mie mani fragili alle Sue, forti, e al Suo abbraccio eterno di pace, io ci sono. Ci sono oggi che è strazio e la mente è tempesta di domande. (… cosa avevi nella testa e nel cuore, figlio, che tua madre ed io, i tuoi fratelli, gli amici, non abbiamo saputo capire?…)
Io ci sono e ti veglio, non avere paura. Un padre non scappa: non può, non deve abdicare. Un padre è padre fino all’ultimo giorno, fino a quando per sempre si chiudono gli occhi. I suoi.