Non sono stanco. Guardo i tuoi occhi e sorrido
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

“Sei stanco?” “No”.
E gli scappa un sorriso.
Tu che conosci ormai tutta la storia, o tu che vivi un’esperienza analoga a quella, ma anche tu che sei mamma o papà di bambini piccoli che a stargli dietro giorno e notte sei senza forze, o di adolescenti in piena tempesta ormonale…, tu lo sai che quel “no” sarebbe un “sì, sono stanchissimo, quasi non ce la faccio più…”
Allora è un “no” bugiardo?
No. E’ il “no” che può dire solo chi ama. Chi sa il senso della fatica che sta facendo, o di quella stanchezza che a volte sfiora lo scoramento. Altrimenti non si può. E io voglio imparare a vivere la vita anche quando fa male. Voglio imparare ad amare da chi ama. Voglio imparare da gente così.
“No, non sono stanco. Guardo i tuoi occhi e sorrido. Perché questi tuoi occhi sono spenti forse per altri, non per me. Per i medici che quel giorno ci hanno spiegato cos’ è l’Alzheimer. Per i nostri vicini di casa che ci guardano e lo so che si chiedono che vita è una vita così: per te, per me. Per gli amici che venivano a trovarci e ora non suonano più il campanello perché non sanno cosa dirti, di cosa parlare con te, che ogni volta li guardi storto e chiedi chi sono.
Saranno spenti forse per loro, questi tuoi occhi, non per me, che li guardo e sono gli stessi di quando ci siamo innamorati, gli stessi di quel 6 luglio quando ci siamo sposati. E che tenerezza quando metto quella canzone che è solo nostra, e vedo che ti perdi nei ricordi, e segui il tempo, e il tuo corpo è musica. Io allora mi perdo con te e ti invito a ballare.
E pazienza se poi quel sogno fa puff e tu torni qui e ti stacchi da me e mi guardi come se non mi avessi visto mai e non sapessi chi sono e quasi hai paura…
Ti ho promesso, quella volta, che saremo stati insieme nella salute e nella malattia, nella buona e nella cattiva sorte. Che mi sarei preso cura di te ogni giorno, fin che morte non ci separi. Che ti avrei protetto. Anche da questi fantasmi che ti annebbiano la mente. Anche dalle tue paure.
Li guardo, i tuoi occhi bambini di quando mi fissi e mi chiedi chi sono. Abbiamo camminato insieme giorni belli e giorni difficili. Ora sei la bambina che eri nella casa dei tuoi genitori, quando tutto era giochi e allegria. E progetti, e desideri per il futuro. Adesso sono io la tua memoria (non ci si sposa anche per questo? per vivere insieme la vita, per condividere i ricordi?...) Sarò io a dirti come ti chiami e a rammentarti il mio nome. Io sono Boonsong, tuo marito. Ti ricorderò cosa ti piace mangiare, guardare, ascoltare. Qual è il tuo colore preferito, la tua musica, il tuo profumo…
Tu non ricordi chi sono io, ma io ricordo chi sei tu!
Tu sei mia moglie Wandee e io mi prendo cura di te come ho sempre fatto. Come farò. Perché non c’è un altro modo di voler bene, se non stare accanto a chi ami fino all’ultimo giorno, fino a quando sarà. Eccomi. Dammi la mano…”