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Col tabù nella testa e nella penna

Fonte:
CulturaCattolica.it

A volte ci si sente proprio accerchiati dalla banalità, dal sensazionalismo, che fanno il paio con una informazione che ingigantisce, storpiandoli, fatti insignificanti mentre cancella ciò che è grido e domanda di pietà e di condivisione.
Già quello che è accaduto con Charlie Hebdo è un segno. Oggi tutti si sentono in dovere di dire la loro, di fare il loro sproloquio che, guarda caso, alla fine va ad attaccare la Chiesa. Chissà che cosa c’entra. Non importa, «calunnia, calunnia. Qualcosa resterà». Basta leggere sul Fatto quotidiano, su Repubblica e su una infinità di altri giornali. E così resuscitano, coll’onore delle armi, anche i nostri «satiri» canonizzati come esperti di libero pensiero.
Di quei poveri ebrei che cercavano di vivere in pace la loro festa del shabbat e che improvvisamente e senza alcuna logica spiegazione sono stati freddati come cani, solo le briciole di una informazione appiattita sull’ovvio del clamore mediatico.
Ma un’altra notizia mi ha colpito quest’oggi. E documenta proprio quel mondo che crea notizie - anziché riportarle - e cancella ciò che andrebbe gridato sui tetti.
«TABÙ INFRANTI. Il Papa alle mamme: allattate in chiesa» [Il Fatto quotidiano]. «Il Papa alle mamme durante il battesimo: allattateli anche qui» [Corsera] «“Allattate i bimbi in chiesa” il Papa rompe l’ultimo tabù» [La Repubblica] e via di questo passo.
Ultimo tabù? Per poi ricordare che «Un’uscita, quella di Bergoglio, che fa giustizia dei limiti imposti anche in luoghi pubblici: aveva fatto molto discutere, infatti, il mese scorso, il caso della sala da tè di un hotel a cinque stelle del centro di Londra, il Claridgès, dove una mamma che allattava al seno la sua bambina di 12 settimane era stata costretta a coprirsi con un tovagliolo.»
Sono sacerdote da più di 40 anni e di battesimi ne ho fatti tanti. Ma non mi è mai capitato di fare nascondere una mamma che voleva allattare il proprio bambino in chiesa. Al più era un problema suo, di discrezione o di riservatezza. Il tabù ce l’hanno in testa quelli del Fatto o di Repubblica, sia ben chiaro.
Come non ho mai mandato fuori una mamma che avesse con sé un bimbo che piangeva.
Ma questi giornalisti vedono la novità solo perché, non frequentando abitualmente le chiese, hanno un loro film della realtà che, quando è smentito dalla realtà stessa, che è proprio testarda, li fa gridare alla assoluta novità.
Forse se frequentassero di più ciò che disprezzano con una superiorità spesso pari alla loro ignoranza, certe gaffes o falsi scoop li eviterebbero!

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