Madri coraggiose
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Tante e tante le donne che abbiamo incontrato in questi quasi trenta anni di Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli.
Donne spaventate, confuse, sole, con difficoltà di tutti i generi. A volte tentate di disfarsi del proprio bambino per la loro invivibile situazione.
Ho sempre ammirato, comunque, il coraggio di tante donne che pur in situazioni così impossibili hanno varcato la nostra soglia per potersi raccontare.
La storia di Francesca è un esempio del grande spirito di intraprendenza e di sfida, caratteristiche che le hanno dato la capacità di offrire alla propria bimba la possibilità di continuare a vivere.
Abbiamo conosciuto Francesca in una giornata di quasi estate; insieme al momento di maggior rigoglio della natura anche in lei cresceva la vita.
Il piccolo bimbo moltiplicava all’ennesima potenza le sue cellule al ritmo del battito del suo cuore, e nel tepore del suo intimo.
Arrivava, questo piccolo bimbo, dopo un grande dolore di Francesca: la sua prima bambina nata morta al sesto mese di gestazione.
Ora c’era quest’altra vita, ma contemporaneamente in Francesca cresceva la paura che anche questa gravidanza potesse procurarle un altro lutto.
La sua situazione di coppia presentava mille difficoltà, e la sua solitudine veniva percepita in modo acuto, senza però bloccare le sue speranze.
Il padre del nascituro l’abbandona, ma lei continua il suo lavoro di badante senza farsi schiacciare dalle fatiche. Pensa al bambino che sta crescendo in lei, accarezzandosi la pancia, cercando di mandargli con questi gesti tutta la positività di cui si sente capace.
Passano i mesi, sembra che tutto proceda correttamente ma un certo giorno della prima metà di settembre ecco le contrazioni che portano al parto.
Nasce così a sole ventiquattro settimane Maria, che pesa solo cinquecentoquaranta grammi.
“Cara signora” le viene detto dai medici “la cosa più ragionevole è che lei lasci qui questa bambina, visto che le possibilità di sopravvivenza sono scarsissime”.
Ma Francesca non si lascia tentare, lei è lì, vigile e presente, e aspetta che Maria raggiunga il peso necessario per farla uscire dall’ospedale e tenerla con sé.
Maria non è solo piccolissima, ma ha una difficilissima sequenza di organi danneggiati: è completamente sorda, ha una labioschisi, il suo intestino ha bisogno di un intervento chirurgico, e il suo piccolo cuore presenta una grave patologia.
Ed ecco la forza dell’amore materno di Francesca: lascia il suo lavoro perché Maria, invalida al 100%, ha sempre bisogno di lei. Respira infatti solo con la bombola di ossigeno, il suo apparato muscolare e scheletrico non la sostengono, ed ha frequentemente crisi epilettiche.
Francesca non si lascia sopraffare, sta con lei ma contemporaneamente interroga le strutture sociosanitarie dimostrandosi una donna fortissima.
Non ha una sua abitazione ed è ospite di una amica, ma questa sistemazione non è adatta a Maria, costretta su un materasso appoggiato sul pavimento perché possa usufruire dell’ossigeno che le è indispensabile.
In questa situazione Francesca bussa a tutte le porte; chiede che le venga assegnato un alloggio popolare, vuole che la sua Maria possa crescere in un ambiente più sano e forse anche più ridente.
La sostiene la certezza che con i vari interventi programmati Maria possa sentire la sua voce e quella degli altri bambini.
E’ convinta che tante cose buone le aspettino: a Maria dovrebbe essere riconosciuto un assegno per il suo grave stato di salute; le lungaggini burocratiche si protraggono infinitamente, e Francesca continua a sperare, prima o poi le cose buone arriveranno.
Lei sa che ce la farà, ci sono tanti amici che vogliono starle accanto, ed è sicura di poter trovare un’occupazione che le permetterà di mantenere la sua dolcissima Maria e se stessa.
Ora Maria pesa sei chili e quattrocento grammi, poco per una bambina della sua età, ma tantissimo considerato il suo peso alla nascita.
E’ stata nutrita a livello fisiologico, ma sono sicura che ciò che la ha fatta sopravvivere e crescere è stato l’amore coraggioso di mamma Francesca.