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Alla scoperta dell’acqua calda: «Gesù il ribelle»

Fonte:
CulturaCattolica.it

Sarà pure interessante cercare di capire chi è Gesù. Non a caso Reza Aslan, autore di «una biografia di Cristo best-seller negli Usa» (la Repubblica del 3 dicembre 2013) ha cercato di raccontare la storia del fondatore del cristianesimo, «la persona più importante degli ultimi duemila anni,… alla base della civiltà occidentale».
«Volevo separare la sua realtà storica dal mito religioso, che è successivo. Volevo spiegare come un contadino povero e analfabeta fosse riuscito a fondare un movimento rivoluzionario in difesa dei diseredati e degli emarginati, arrivando a sfidare in maniera diretta il potere romano e delle gerarchie ebraiche… Io volevo raccontare l’uomo, non Dio»: questi gli intenti dell’autore.
Con rispetto, nella più pura tradizione ottocentesca, quella che ha fatto dire ad Albert Schweitzer «È accaduto all’indagine sulla vita di Gesù qualcosa di sorprendente. Essa era partita con il proposito di trovare il Gesù storico e riteneva poi di poterlo reinserire nel nostro tempo quale egli è in quanto Maestro e Redentore. Essa scioglieva i legami con i quali egli era da secoli avvinto alla roccia della dottrina ecclesiastica e si rallegrava di veder tornare vita e movimento nella sua figura e di vedersi restituito l’uomo storico Gesù. Ma Gesù non si fermò, passò oltre il nostro tempo e ritornò nel suo. Quel che sorprese e spaventò la teologia degli ultimi quarant’anni fu appunto di non essere in grado con tutte le sofisticherie e tutte le prevaricazioni intellettuali, di trattenerlo nel nostro tempo, ma di dover vederselo strappare. Egli ritornava indietro e lontano non per difetto o eccesso di adeguatezza storica, ma per la stessa necessità con cui il pendolo, lasciato a se stesso, ritorna alla sua posizione originaria...
Non è concesso alla storia di svincolare ciò che è permanente ed eterno nell’essere di Gesù dalle forme storiche nelle quali si è esplicato, né d’inserirlo come qualcosa di vivamente operante nel nostro mondo. Essa si è invano affaticata in questo tentativo. Come una pianta acquatica fiorisce splendidamente finché rimane a fior d’acqua, ma si affloscia e diventa irriconoscibile non appena è strappata al proprio elemento, così accade del Gesù storico, che sia staccato dal terreno dell’escatologia e che si voglia comprendere quale entità fuori del tempo. Ciò che è permanente ed eterno in Gesù è del tutto indipendente dalla conoscenza storica e può essere compreso solo in forza del suo spirito tuttora operante nel mondo. Tanto è lo spirito di Gesù, altrettanta è la vera conoscenza di Gesù» [A. Schweitzer, citato in Werner Georg Kummel, Il Nuovo Testamento, Storia dell’indagine scientifica sul problema neotestamentario, p. 351, Società Editrice il Mulino, Bologna 1976].
Non si trova mai nulla di nuovo nell’atteggiamento di molti giornalisti (e a volte è il sintomo della loro ignoranza, come documentato in maniera mirabile dal libro «Eugenio Scalfari, l’intellettuale dilettante»): scoprono il nuovo là dove, affrontando un argomento per loro sconosciuto (e sono tanti) ritrovano argomenti e pensieri che altri hanno già detto (e, il più delle volte, criticato con ragioni). Lasciamoli nei loro sogni: la cultura, quella vera, è altra cosa.

P.S.: Chissà se poi, leggendo il testo di Aslan, ci si potrà accorgere che Gesù è qualcosa di più del «mito» (alla Che Guevara, per intenderci).

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