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Priebke come Welby (?)

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ad ascoltare quello che gli atei continuano ad affermare, viene in mente l’antico proverbio: «A dare il fieno agli asini si butta via acqua e sapone» o, in altra versione «A far del bene agli asini si prendono i calci!!!»
Provate a leggere le osservazioni (che in altri tempi si sarebbero definite tranquillamente «farneticanti») di quel Piergiorgio Odifreddi a proposito dei funerali a Priebke e delle considerazioni del Vicariato di Roma. Le riporto, per facilitarvi il compito: «Priebke come Welby. Per fortuna, in questi tempi di media rintontiti, che con la testa nelle nuvole cantano all’unisono lodi al nuovo papa, ci pensano i fatti a riportarci coi piedi per terra, e a smascherare l’assurdità di un’istituzione che pretende di avere il monopolio del giudizio etico su ciò che accade nell’universo mondo.
Nella fattispecie, sono stati la morte e i funerali del criminale di guerra Erich Priebke a mettere nell’angolo i prelati che si arrogano il diritto di pontificare sul “bene” e sul “male”. Quegli stessi prelati avevano infatti negato, nel 2006, i funerali religiosi a Piergiorgio Welby, che aveva restituito al mittente il “dono di Dio” della propria vita perché risultato avariato, nonostante la supposta onnipotenza e bontà del donatore.
Ora, di fronte al dilemma se concedere o no i funerali religiosi a un nazista religioso, il meccanismo è andato in tilt. Sulle prime, sembrava che sarebbero stati concessi, sulla base del motto gesuita del nuovo papa: “chi siamo noi per poter giudicare?”. Ma questa decisione finiva per mettere paradossalmente Priebke nella lista dei “buoni”, mentre Welby era finito in quella dei “cattivi”.
Dunque, marcia indietro da parte del Vicariato: niente funerali religiosi per il nazista religioso. Con la conseguenza, altrettanto paradossale, che ora Welby si ritrova nella stessa lista dei “cattivi” alla Priebke. Un uomo che prende coraggiosamente la propria vita nelle proprie mani, assimilato a uno che toglie vigliaccamente la vita altrui con le proprie mani, in un tripudio di confusione mentale degna della lunga storia della Chiesa.
Come se non bastasse, di recente papa Francesco aveva pontificato che la vera legge morale non è quella scolpita nella pietra dei comandamenti mitici, ma quella scolpita nella coscienza degli uomini reali. Gli ingenui commentatori di questo profondo pronunciamento, non si sono nemmeno provati ad obiettargli che la coscienza di un uomo può dire cose diverse a uomini diversi.
Puntualmente, non sembra che Priebke abbia mai vissuto le sue gesta belliche come qualcosa che andasse contro la propria coscienza, e fino all’ultimo non ha mai mostrato alcun “pentimento”. Evidentemente, la coscienza di un nazista è diversa da quella di un papa. Dobbiamo supporre che l’una e l’altra siano opera di divinità diverse? Oppure, più semplicemente, la coscienza è soltanto un prodotto delle circostanze personali e collettive, e varia non solo a seconda dei tempi e dei luoghi, ma anche degli individui che vivono negli stessi tempi e luoghi?
La domanda fondamentale, però, è se papi e prelati, che si ispirano a un’anacronistica e superstiziosa mitologia mediorientale di duemila anni fa, debbano essere ascoltati mentre pontificano su questi argomenti. O se invece non sia più sensato prenderli in parola e domandare loro, a partire dal loro amato nuovo pontefice: “chi siete voi per poter giudicare?”.
Detto altrimenti, che essi suonino o non suonino le loro campane ai funerali religiosi, non dovrebbero essere presi seriamente in ogni caso: non tanto dai media stregati dal nuovo papa, quanto piuttosto da coloro che conservano ancora un barlume di lucidità, nel rintontimento generalizzato.»
Pensate, questo Odifreddi è anche colui che così scriveva della propria conoscenza storica: «l’opinione che la maggior parte delle persone, me compreso ovviamente, si formano su una buona parte dei fatti storici è fondata su opere di fantasia pilotata, dai film di Hollywood ai reportages giornalistici. E che la storia sia tutt’altra cosa, e abbia il suo bel da fare a cercare di sfatare i luoghi comuni che sono entrati nel “sapere” collettivo».

Bene, se la sua conoscenza storica si basa sui «film di Hollywood», abbia almeno il pudore di non pontificare su tutto. Per evitare di contribuire al «rintontimento generalizzato», perché non se ne può proprio più!
E se l’intento del suo confrontarsi ha come presupposto la disistima per l’interlocutore, da non ascoltare perché «si ispira[no] a un’anacronistica e superstiziosa mitologia mediorientale di duemila anni fa», beh, allora che vada pure per la sua strada, si circondi dei suoi lacchè, ripeta le sue noiose argomentazioni.

P.S.: Sulla coscienza forse varrebbe la pena approfondire l’argomentazione e, visto che il nostro ha avuto l’onore di una risposta personale da parte di Benedetto XVI, andare a rileggere quanto l’allora Card. Ratzinger affermava a proposito della coscienza stessa.
P.P.S.: Rileggendo le poche parole pubblicate dall’Odifreddi a riguardo della lettera di Papa Benedetto, quello che emerge è la differenza di statura dei due. E questo si mostra nella stima che Benedetto dimostra, a paragone colla tronfia arroganza del matematico «impertinente», forse meglio «maleducato».

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