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Non c’è bene comune senza libertà di educazione

Fonte:
CulturaCattolica.it
Come sempre lo statalismo soffoca la vita e odia l'educazione

In questi ultimi tempi, di fronte al rischio della crisi di governo e delle conseguenze drammatiche che ne sarebbero potute scaturire, si è spesso sentito parlare di responsabilità, della necessità di un atteggiamento capace di tenere presente il bene comune prima dei propri interessi particolari, delle proprie visioni più o meno ideologiche della realtà.
Forse occorrerebbe fare appello alla stessa responsabilità di fronte a chi, in nome di un pregiudizio se non di una vera e propria ideologia statalista, pensa che debba esistere solo la scuola statale.
Assistiamo a prese di posizione, ad atti di governo a vari livelli (leggi dello stato, provvedimenti di amministrazioni locali) che risultano profondamente irresponsabili perché, pur di affermare il principio ideologico per il quale “pubblico è uguale a statale”, non tengono minimamente conto delle conseguenze di ciò sulla vita delle famiglie.
Il referendum di Bologna della primavera scorsa contro il sistema integrato e le convenzioni con le scuole paritarie si prefiggeva di tagliare i fondi alle scuole materne convenzionate che accolgono più di 1700 bambini. E le famiglie che sarebbero state colpite da tali tagli cosa avrebbero dovuto fare?
Il comune di Milano, sotto l’attuale amministrazione Pisapia, ha deciso di tagliare, agli asilo nido convenzionati, 445 posti per “motivi economici”. E le famiglie che rischiano di non potere più contare su questo servizio? Difendere e promuovere i servizi per la famiglia e per i bambini non è un atto fondamentale per la costruzione del bene comune?
Un altro esempio, ma temo potrebbero essercene molti altri. In un comune della provincia di Milano, Magenta (amministrato anch’esso dal centro-sinistra), le convenzioni con le scuole materne paritarie sono state ridotte del 40% con il serio rischio di chiusura delle stesse scuole. E le centinaia di famiglie che rischiano di essere private di un servizio pubblico fondamentale? Non solo si rischia di impedire alla famiglia di scegliere in quale scuola mandare i propri figli, ma, dal momento che il comune non è in grado di garantire gli stessi posti, si rischia di lasciarle senza alcuna possibilità. In nome di che cosa? Problemi di bilancio? Ma si può tagliare sui bambini e sulle famiglie? È responsabile?
Cosa dire del decreto legge sulla scuola dell’attuale governo che si è dimenticato di prendere in considerazione l’esistenza delle scuole paritarie? Con il risultato che per gli studenti di queste scuole non esistono incentivi per l’acquisto dei libri di scuola e per gli oltre 11 mila alunni disabili che le frequentano non sono previsti gli stessi aiuti stanziati per quelli della scuola statale. Certo questo decreto deve essere ancora tramutato in legge e quindi è auspicabile che si corra in qualche modo ai ripari, ma, se ciò non avvenisse, che ne sarebbe delle famiglie e degli studenti così irresponsabilmente dimenticati?
Pio XI contro lo stato fascista affermava chiaramente che «una concezione dello Stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età a quella adulta», non solo è contrario alla «dottrina cattolica», ma lo è anche rispetto al «diritto naturale della famiglia». Lo stato, governo centrale o amministrazioni locali, che considerano il sistema integrato “scuola statale-scuola paritaria” un lusso, che si può ignorare, ridurre o eliminare, non diversamente da quello fascista, vuole affermare che l’educazione è pubblica solo in quanto è gestita dallo stato. Al massimo per concessione, se ce lo si può permettere, è tollerato che esistano altri soggetti. Ma lo stato come concede può anche togliere a suo piacimento, come vediamo dagli esempi fatti. Ma il diritto naturale della famiglia, come qualsiasi altro diritto, precede qualsiasi decisione dello stato che deve riconoscerlo e tutelarlo, non arbitrariamente affermarlo o sopprimerlo.
Oggi le istituzioni che calpestano questo diritto naturale, dietro magari motivazioni di carattere economico, dimenticando che allo stato e ai comuni le scuole paritarie convengono anche economicamente, negano la libertà di educazione e costringono, in tempi difficili come quelli che viviamo, genitori, insegnanti, studenti a fare sacrifici spesso insostenibili.
Di fronte a questa irresponsabilità è possibile fare qualcosa? Penso che ad ognuno di noi sia chiesto, secondo quello che può fare, di muoversi per contrastare questa mentalità che lentamente ma inesorabilmente sta cercando di distruggere quel poco di libertà di educazione che esiste in Italia. Non si tratta di difendere un interesse di una parte, ma di promuovere il bene comune. La stabilità politica, sicuramente importante, non è sufficiente a difenderlo e a svilupparlo. Se poi, come nel caso della scuola, dovesse continuare a prevalere una logica statalista, che ostacola o impedisce l’apporto della società civile alla costruzione del bene comune stesso, allora si può essere certi che ci sarà, al posto di un maggior bene per tutti, un acuirsi ulteriore della crisi con conseguenze gravi soprattutto per i più deboli.

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