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Meeting 2013: guardare e non vedere

Fonte:
CulturaCattolica.it
«L’uomo religioso ringrazia Dio che trattiene il mondo dal cadere riducendosi in frantumi. La vita è allora la sorpresa quotidiana per ciò che c’è, come un naufrago salvatosi su un’isola, come Robinson Crusoe: “Un uomo sopra un piccolo scoglio con poca roba strappata al mare: la parte più bella del libro è la lista degli oggetti salvati dal naufragio. La più grande poesia è un inventario… tutte le cose sono sfuggite per un capello alla perdizione: tutto è stato salvato da un naufragio”.
Anche ognuno di noi è quotidianamente strappato al nulla».
(AA.VV. Il cielo in una stanza. Incursione (non autorizzata) nella casa e nel mondo di G.K. Chesterton)

Ho fatto un esperimento. Sono stata tre giorni al Meeting. Dentro, dall’apertura alla chiusura. Poi ho letto cosa, di quei tre giorni di Meeting, hanno raccontato i giornali più letti e i media che contano. E ho capito.
Se credi che il Meeting sia quella roba lì, sei fuori strada. Non solo. Non ci andassi tutti gli anni, non ci fossi stata quest’anno, dovessi basarmi su quel che ho letto, del Meeting, sulla grande stampa, sono ultracerta che non metterei piede all’appuntamento di Rimini neanche per una piadina. Perché il Meeting si vive: è un’esperienza. Come con le persone: tante foto non bastano, non sostituiscono mai l’incontro. Figuriamoci, poi, se si usa photoshop per deformare le immagini!
Prima regola, dunque, diffidare dalle descrizioni/distorsioni e andare ad incontrare l’originale. Venite e vedete.
Ecco. Dal Meeting, quest’anno, porto a casa questi due verbi che sono paradigma della vita perché possa dirsi pienamente vissuta.
Li ho vissuti, quei verbi, alla mostra su Chesterton. Siamo entrati nella “sua” casa (studio camera da letto bagno cucina salotto cantina giardino…) e da lì abbiamo provato a guardare la realtà con i suoi occhi, la sua curiosità, la sua gratitudine.
E’ accaduto all’incontro Cosa ridesta l’umano con il russo Aleksandr Filonenko, o durante il documentario sulla Siria, di Gian Micalessin. L’ho capito a tutte le presentazioni di libri, ma anche durante la visione de Il figlio dell’altra, la prima sera.
Uomini hanno raccontato di altri uomini perché hanno avuto la pazienza di incontrarli, di conoscerli, di farli entrare nel cuore. Venite e vedete.
Il Meeting è questo, e lo dice la parola.
E’ incontro con gli amici e con testimoni dallo sguardo più profondo e più lungo del tuo. Con esperienze di un modo di vivere la vita che vale la pena e che ti vien voglia di imparare.
Questo Meeting dal titolo Emergenza uomo è stato, per me, educazione dello sguardo. Perché è questo che oggi ci manca: non la realtà, ma uno sguardo stupito. Uno sguardo che la sappia amare e com-prendere.
Vedremmo, nell’embrione, l’uomo che prima non era e ora c’è, e sarà.
Vedremmo, in chi soffre, il nostro stesso sguardo bisognoso di compassione.
Vedremmo ogni cosa come salvata dal nulla.
E usciremmo da quei padiglioni come sono uscita io: grati, innanzitutto, di essere vivi.
Grati del nostro essere maschi o femmine, unici e irripetibili. Grati per i talenti e i doni ricevuti. Grati per il compito a cui siamo chiamati. Grati per la compagnia del cuore che ci sostiene nel cammino. Grati per i nostri migliori amici ma anche per i migliori nemici: quelli che ci costringono a dare ragione di ciò in cui crediamo.
Grati per questo Meeting a cui si possono fare le pulci per vederne tutti i difetti, o che si può visitare per quello che ha e per quello che è, con una domanda nel cuore.
Venite e vedete, perché «solo lo stupore conosce».

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