Maria, stendi il tuo manto su di noi
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(Massimo Bontempelli, Il Bianco e il Nero, 1987)

15 agosto. Appena fuori dal centro storico, una fila ininterrotta di auto si muove nervosa in direzione del mare. In via Martiri c’è mercato, come ogni giovedì. Meno bancarelle del solito, ma la strada è affollata e rumorosa. Si guarda, si tira sul prezzo, si compra. Oppure si sosta qualche minuto e si va oltre. Nuove bancarelle, nuove mercanzie, in questa via crucis postmoderna, dove si contemplano altri “misteri”: vanitas vanitatum.
Sembra un giovedì qualunque, e così vorrebbero: con la tivù che trasmette servizi dai luoghi di villeggiatura o le litanie delle feste di ferragosto.
Ma basta girare l’angolo: quattro passi dietro il Municipio duecentesco, sulle rive del Lemene, per capire che oggi no, non è un giorno come un altro.
Il piccolo santuario della “Madonna della Pescheria”, voluto dai pescatori di Caorle nel 1600, oggi è vestito a festa per la Sua Regina. I fiori più belli e uno sfavillio di lumi: le fiammelle mosse dal vento come un sussurro. Oggi si fa meta qui. E questo santuario in legno, minuscolo, diventa il centro di Portogruaro. Da qui tutto si irradia. Il manto della Vergine a proteggere i pescatori e le loro famiglie, allora; a custodire noi qui, ora.
Vicino alla riva – nelle orecchie solo le pale dei vecchi mulini che sferzano l’acqua – si sosta in silenzio. E si ritrova il senso del tempo e dell’andare.
Sosta dalla frenesia delle occupazioni, dei ritmi quotidiani, del mercato e delle ferie che sembrano un nuovo lavoro dopo il lavoro. Sosta dalla comunicazione veloce dei social network, dalla rassegna stampa, dalla connessione virtuale h 24 con il mondo intero. Sosta dagli spostamenti in aereo, o con i treni ad alta velocità, o in autostrada, così si fa prima. (E pazienza se abbiamo disimparato a vedere i paesaggi, la natura, gli uomini, la bellezza donata…). Sosta a parlare con la Mamma del Cielo, finalmente senza la dittatura dell’orologio. Sosta a guardare questi vecchi: mendicanti della mendicanza, inginocchiati a terra nonostante l’artrite. Questi bimbi in punta di piedi per vederla meglio. Accendono un lume e recitano sottovoce preghiere semplici, che vanno dritte al cuore.
E’ un tempo lento, quello del rosario che stanno recitando lì accanto. Che reciteremo stasera tutti insieme, come ogni anno. Un’Ave o Maria, un passetto. Non tutto–subito. Non la fretta di questo mondo bulimico che trangugia notizie, esperienze, rapporti senza sentirne nemmeno più il gusto. E poi vomita, si svuota per essere pronto ad un’altra abbuffata insapore.
Il tempo della Chiesa, il tempo del Signore è un tempo lento in cui è denso ogni secondo: come i preliminari nell’amore. Come l’attesa dell’amato. Lento e paziente.
Ecco perché tutti questi lumini. Ecco perché alle Vergini – e a noi – è stato detto di tenere sempre accese le lampade: arriverà lo Sposo. Sta per arrivare.
Qui, oggi, si fa sosta in silenzio. Per ritrovare il senso del tempo e dell’andare. Per imparare dalla fede semplice dei semplici, che in una calda giornata di agosto in cui il mondo ci titilla con i cotillon di quaggiù, fissa gli occhi negli occhi di Maria, che invitano a guardare ancora più su. Dove tutto, di Lei, è diventato glorioso e tutto diventerà, di noi. Nulla andrà perduto.