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Emergenza uomo

Fonte:
CulturaCattolica.it
«Amici miei, emergenza uomo! Il nostro compito è quello di ridestare l’identità dell’uomo in questa dissociazione universale, produttiva del potere e quindi necessaria al potere. Ridare all’uomo la sua identità. E la sua identità è un rapporto assoluto, vale a dire sciolto da qualsiasi determinazione… E’ il rapporto con il Mistero che lo fa. E’ una percezione della realtà che nasce dal di dentro, percezione conoscitiva e affettiva, che si sviluppa come lavoro in giudizio e in prassi creativa»
(Luigi Giussani, Ciò che abbiamo di più caro)

Oggi ho partecipato al Battesimo di Rebecca. Ero in chiesa, alla Messa delle 11. Una dei tanti. Non tra i parenti, non sul presbiterio. C’era un posto libero a metà della navata, e mi sono seduta.
Rebecca invece è stata tutto il tempo vicina all’altare, in braccio alla mamma o al papà. Il suo Battesimo è stato celebrato durante la Messa, “dentro” la Messa e, seguendo tutti i gesti legati a questo sacramento, mi sono detta che Rebecca, oggi, era lì non per una prassi, né solo per la gioia dei suoi familiari. Era lì, vicina all’altare, per noi, popolo cristiano. Per me. Perché rivivessimo quel momento già vissuto e lo riportassimo alla coscienza, coscienti.
Ho partecipato con il cuore, al Battesimo di Rebecca, perché i gesti e le parole del sacerdote sono i gesti e le parole di Dio nella nostra vita.
Gesti antichi, come quando con il pollice don Piero ha tracciato piccoli segni di croce sulle orecchie e sulla bocca di Rebecca, ed ha pronunciato Effetà!, che significa “apriti!”. Non è un rito scaramantico: l’augurio che questa bimba possa vedere e possa parlare. E’ di più. Ricordando la guarigione del sordomuto (Mt 7, 31-37), toccando orecchie e labbra dei battezzati, il sacerdote chiede al Signore che possano presto ascoltare la Sua Parola e testimoniare la Sua fede.
Non da soli, no. La forza ci viene da Lui, nel Battesimo. Viene ridestata con il sacramento della Confermazione e ogni qual volta invochiamo l’aiuto dello Spirito.
Rebecca, che durante tutta la celebrazione è stata in silenzio, buonissima, per chi l’ha voluta guardare era lì perché segno di noi, di ciascuno.
Adesso, qui, siamo custoditi dalle braccia forti, sicure del Padre, chiamati a guardare la vita e le persone non con gli occhi del mondo ma con uno sguardo cristiano, perché da Cristo rinnovato.
E’ lo sguardo del samaritano, lo sguardo del Buon Pastore che lascia le 99 pecore per andare in cerca di quella che si è perduta; è lo sguardo con cui il padre accoglie il figliol prodigo… E’ lo sguardo delle vergini sagge, dei discepoli che hanno lasciato tutto per seguire Gesù. Lo sguardo di Maria, Sua Madre, che vedeva, ascoltava e «custodiva tutte queste cose, meditandole nel Suo cuore». E’ lo sguardo di Cristo sui malati, sugli ultimi, sui bambini. Carico di tenerezza e di misericordia.
Effetà! Che le nostre orecchie – oggi, qui – si turino alle chiacchiere menzognere del mondo e del potere! Che le nostre labbra si aprano a parole di verità sull’uomo e il suo destino!
Dopo il Battesimo, che è vita rinnovata, con che occhi guardare alla vita, dal concepimento alla fine naturale? E all’uomo, alla donna, al matrimonio, alla famiglia, ai figli? Alla gioia e al dolore, ai sani e ai malati? Come guardare la politica, la cronaca, la giustizia, la cultura, l’economia?
Cos’ha da dire, OGGI, un battezzato, sulla vita, la persona, la famiglia, l’educazione?
Effetà! Apriti! Sia questa la prima invocazione nostra, al mattino. Mendichiamo coraggio, se – «pecore in mezzo ai lupi» – coraggio non abbiamo!

C’è un gesto che ogni volta mi commuove fino alle lacrime. E’ il piccolo segno di croce che, guardandomi negli occhi, mi regalano i miei amici sacerdoti quando ci congediamo. E’ la loro benedizione.
Quel piccolo segno di croce mi ricorda che Dio Padre è fedele nell’amore ed è misericordioso, perché “dice-bene” di me sempre (nonostante me). Ma quella croce tracciata sulla fronte mi richiama ad un compito, consapevole che «non sono più io che vivo (che guardo, che ascolto, che parlo…) ma è Cristo che vive in me».

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