Mons. Negri: sulla Summorum Pontificum
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Fonte - Paix Liturgique - lettera n°390 - 4 giugno 2013
Il 19 maggio scorso, la Domenica di Pentecoste, un centinaio di «fedeli Summorum Pontificum» venuti da tutta l’Emilia Romagna si sono ritrovati ai piedi della Madonna del Poggetto in un santuario vicino a Ferrara. Questo pellegrinaggio, organizzato un anno dopo il terremoto che ha scosso la regione, aveva tra l’altro come scopo di ringraziare la Santa Vergine per la sua protezione: di tutti i campanili di Ferrara, la piccola chiesa del santuario è in effetti la sola ad essere uscita del tutto indenne dal sisma.
L’evento dava anche l’occasione per i gruppi di fedeli legati alla Messa nella forma straordinaria della regione di conoscersi meglio e di preparare il prossimo pellegrinaggio internazionale del «popolo Summorum Pontificum» a Roma. A questi pellegrini, la Provvidenza ha offerto una graditissima sorpresa: mentre l’Arcivescovo Mons. Luigi Negri avrebbe dovuto limitarsi ad un breve saluto al termine della mattinata, il calendario dei suoi impegni gli ha permesso, in realtà, di arrivare al momento dell’omelia, che ha accettato di tenere nonostante il brevissimo preavviso. Dalle parole di tale omelia, in particolare quelle elogiative del Motu Proprio Summorum Pontificum, sia i preti diocesani sia i fedeli si resero subito conto che stavano assistendo ad un vero e proprio evento.
II – LE RIFLESSIONI DI PAIX LITURGIQUE
1) Bisogna notare che Mons. Negri, quando ha pronunciato la predetta omelia, era di ritorno da Roma: il contatto con il Papa non ha perciò in nessun modo smorzato il suo entusiasmo, né frenato la sua lingua. Così, dopo la buona notizia del pellegrinaggio Summorum Pontificum del prossimo ottobre e l’articolo de Il Foglio (vedere la nostra lettera precedente), l’omelia dell’Arcivescovo di Ferrara contribuisce alla serenità che ci illumina le prospettive della Santa Messa nella forma straordinaria del Rito Romano.
2) Ciò è reso ancor più notevole dal fatto che Mons. Negri, molto vicino al movimento Comunione e Liberazione, è un grande amico del Cardinale Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, del Cardinale Scola, arcivescovo di Milano, del Cardinale Caffarra, arcivescovo di Bologna, che è legato a Mons. Moraglia, patriarca di Venezia, al Cardinale Piacenza, Prefetto della Congregazione del Clero; in poche parole, lo stesso Mons. Negri fa parte dei prelati italiani “di restaurazione”, tra i quali è forse il più deciso nelle sue osservazioni. La sua libertà di parola – simile a quella di Mons. Dominique Rey, vescovo di de Fréjus-Toulon, che immediatamente dopo essere stato ricevuto dal Papa diede l’annunciò del colloquio Sacra Liturgia che si terrà dal 25 al 28 giugno presso l’università romana della Santa Croce, con celebrazione delle due forme liturgiche – dimostra che questa corrente non solo non è stata messa da parte, ma è incoraggiata nella sua espressione legittima da Papa Francesco.
3) Il richiamo chiaro e preciso dello spirito e della lettera del Motu Proprio fatto da un vescovo di questo “calibro” è da sottolineare:
a) I gruppi stabili di fedeli che desiderano vivere la loro fede cattolica secondo la liturgia straordinaria non hanno condizioni particolari da adempiere: «Benedetto XVI – io non sono una persona che usa le parole per modo di dire – Benedetto XVI ha usato una misericordia pastorale mettendo a servizio della Fede dei singoli Cristiani o dei piccoli gruppi che potrebbero anche non essere identificati strettamente dal punto di vista numerico: i “coetus” sono tutti quei fedeli che hanno il diritto e il dovere di poter accedere a questa liturgia. L’avete fra le mani; la Chiesa vi consente di introdurla con piena libertà».
b) Bisogna rivolgersi al parroco e non al vescovo. È soltanto se il parroco rifiuta, anche se non dovrebbe succedere, che i richiedenti devono rivolgersi al vescovo: «Non potrà esserci nessuno, nessuna Diocesi in Italia o nel mondo che vi dica di no. Nel momento in cui ci dovesse essere un solo “no”, il Vescovo deve essere chiamato in causa. Prima di allora, il dialogo fra i fedeli che vogliono la liturgia antica e la Chiesa è un dialogo tra fedeli e il Sacerdote che si sente di aiutarvi in questo vostro esercizio e questa vostra volontà di partecipare a questo rito antico e bellissimo».
c) Questo modo di celebrare si inserisce nella vita normale della Chiesa e della sua missione: «Praticate la liturgia antica per voi. Per la verità della vostra Fede. Per la verità della vostra Carità. Per l’impeto della vostra missione. Come quelli che la devono praticare con la liturgia riformata per la verità della loro Fede e la loro Carità: sono due tesori che servono ad un unico popolo. E quest’unico popolo maturo si alimenta della Fede proprio se sa vivere la libertà che la Chiesa concede. La libertà liturgica che, in questo caso, la Chiesa non solo concede ma garantisce».
4) Come tanti preti che grazie al Motu Proprio hanno potuto celebrare la Messa tradizionale, l’Arcivescovo di Ferrara racconta di quell’arricchimento personale che ciò gli ha portato: «Io sono stato tra i Vescovi (devo dire la verità, non moltissimi) che hanno guadagnato da tutto questo un approfondimento della propria identità in merito all’esperienza di Dio. È una grandezza, non soltanto per coloro che lo praticano, ma è una grandezza per tutta la Chiesa».
5) Ricordiamo anche con emozione queste parole che vorremmo spesso sentire da parte dei pastori della Chiesa: «Vi seguo con affetto. Vi incoraggio nel vostro cammino. […] Siate certi che non vi mancherà mai né la mia accoglienza né il mio sostegno». Ad multos annos, Eccellenza!