Testimonianza: il dono della Grazia
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A papa Francesco non sfugge certo la complessità dei tempi che stiamo vivendo. La profondità delle Sue osservazioni va cercata dietro l’immediatezza di un parlare, spesso a braccio, che conquista chi lo ascolta. Più volte siamo stati colpiti da alcune Sue affermazioni, graffianti nella loro verità, che scombinano l’insincerità di un perbenismo tiepido che preferisce non prendere posizione. Basti pensare alla definizione che ha dato della cultura in cui siamo immersi. L’ha definita “cultura dello scarto” in cui “uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo”. Una cultura che pone la persona umana “in pericolo” perché la logica del profitto ha preso il sopravvento ed è il denaro a farla da padrone, a dominare sulla vita dell’uomo. Al convegno ecclesiale della città di Roma, di fronte a 15.000 persone, papa Francesco ha esposto la sua proposta di azione, coinvolgente e chiara quanto, per certi versi, sconcertante. È come se il Papa avesse detto: di fronte ai tanti dolori, ai tanti problemi, c’è una cosa sola da fare: il cristianesimo. Come Gesù, che non perse tempo a lamentarsi del mondo, a condannarlo, ma fece il cristianesimo, si fece strada per la salvezza del mondo. Così i cristiani, oggi, devono fare come Lui. Non perder tempo ma “camminare sotto la grazia, perché il Signore ci ha voluto bene, ci ha salvati, ci ha perdonati. Tutto ha fatto il Signore, e questa è la grazia, la grazia di Dio”. In uno dei testi più famosi di Joseph Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo, si legge: “Cristiano è colui che ha la consapevolezza di vivere, dovunque e comunque, innanzitutto dei doni che ha ricevuto; colui che sa che la vera giustizia può stare unicamente nell’essere a sua volta un donatore, simile al mendicante che, grato per quanto ha ricevuto, ridistribuisce con generosità agli altri”. È la logica di papa Francesco. Abbiamo ricevuto il dono della gioia, della libertà, della speranza, gratuitamente, per puro Amore di Dio. A noi spetta accogliere questi doni per poi offrirli, attraverso la testimonianza, a chi non li conosce. Raccontare con la nostra vita che abbiamo “ un Padre. Non siamo orfani. Abbiamo un Padre”. In una delle sue ultime udienze, Benedetto XVI parlò della paternità di Dio e della sua “fedeltà che sorpassa immensamente quella degli uomini, per aprirsi a dimensioni di eternità”. La lotta contro la disperazione, la tristezza, la desolazione del presente è la paternità di Dio, che ci è Padre oggi: non si tratta di promesse illusorie. La creatività in campo sociale ed economico, che tanto aspettiamo e di cui non si intravvede neppure una traccia, può forse sorgere da questo antico e perenne annuncio che Dio ama l’uomo? Che Colui che è stato detestato, ripudiato, messo nell’angolo più remoto da chi aveva il potere di guidare il pensiero dei popoli e prendere le decisioni economicamente e politicamente più rilevanti, sia, in realtà, il vero motore della storia? Non per niente si venera col titolo di “Re dell’universo”. Il solo colpo d’occhio sulla folla che gremisce da mesi piazza San Pietro e via della Conciliazione può far sorgere la domanda se Dio non si stia prendendo una rivincita. Che la folla sia il segno di una scollatura tra il pensiero che circola su giornali e il pensiero della gente? Che il “popolo” torni a pensare alla propria anima, si liberi da quella “povertà intellettuale” che esclude la trascendenza e la possibilità che Dio abbia qualcosa da dire sulla vita dell’uomo? Perché non sia un fuoco di paglia occorre un’assunzione di responsabilità. Che il cristiano sia cristiano, continua a ripetere il Papa. Occorrono “il coraggio e la pazienza” della testimonianza e della “lotta spirituale contro lo scoraggiamento, la tristezza e l’amarezza che il diavolo getta nei cuori”. Ha detto papa Francesco: “Ma questo è lavoro: questo è lavoro. Questo si chiama – non vi spaventate – si chiama martirio. Il martirio è questo: fare la lotta, tutti i giorni, per testimoniare”.