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Dalla indifferenza alla differenza sessuale, gli equivoci del gender

Autore:
Parenti, Stefano
Fonte:
CulturaCattolica.it

La teoria del genere è una ideologia. È il dato che emerge dal recente convegno Dalla indifferenza alla differenza sessuale, gli equivoci del gender, tenutosi a Brescia lo scorso sabato 13 Aprile. Emerge con due modalità diverse. Da un punto di vista speculativo, con l’intervento di Dale O’Leary, scrittrice statunitense, laureata in storia, autrice di Maschi o femmine, la guerra del genere, pubblicato da Rubbettino. O’Leary è chiara e diretta: in questi ultimi anni si assiste al tentativo di far riconoscere la ‘teoria del genere’ come un diritto, al livello delle più importanti organizzazioni internazionali, inserendo il principio che sia l’individuo a scegliere il proprio sesso all’interno dei documenti sui diritti umani. Questa idea ha radici antiche, sostiene la O’Leary, ed inizia storicamente con la fusione tra il pensiero marxista e quello femminista; con le organizzazioni abortiste; ed anche con i gruppi che spingono al controllo demografico della popolazione. Uno degli obiettivi principali di queste forze è di riscrivere le leggi sui diritti umani, puntando alla separazione tra il genere, come percezione individuale costruita socialmente, ed il sesso biologico; all’eliminazione del disturbo dell’identità di genere dai manuali dei disturbi psicologici e psichiatrici; all’avanzamento del concetto di omofobia; al favoreggiamento della chirurgia come strumento per il cambiamento di sesso. O’Leary riprende il filo rosso che collega il femminismo radicale alla cultura transgender. E lo fa affiancando alla prospettiva storica la ricerca scientifica: i supporti sperimentali che i sostenitori della teoria del genere divulgano come prove di validità della teoria sono lacunosi, a volte erronei, spesso totalmente invalidi. Le ricerche mancano di gruppi di controllo, scelta casuale dei soggetti, chiara definizione delle variabili. Da ciò emerge come la teoria del gender sia in realtà una ideologia senza fondamento.
A fianco della O’Leary siede un vecchietto dai capelli grigi ed il volto segnato da rughe che parlano di esperienza. È Walt Heyer, autore del libro Paper Genders – Il mito del cambiamento di sesso, di recente pubblicato da Sugarco. Heyer racconta degli anni ottanta: una vita da marito e papà di due figli, e dei problemi legati all’ansia, ai disturbi dissociativi, alla fragilità emotiva che si dispiega in una percezione di essere una donna in un corpo da uomo. Un giorno decide di andare da uno psicologo, da cui nasce un rapporto che si protrarrà nel tempo, fino al giorno della sua operazione. Sì, perché Heyer viene ascoltato e compreso ma non coinvolto in un lavoro terapeutico rivolto alla guarigione dei suoi disturbi d’ansia, dissociativi e di fragilità emotiva. Bensì viene aiutato ad accettare l’idea di cambiare sesso davvero, grazie ad una operazione chirurgica. Intervento che Heyer compie esattamente trent’anni fa, ed inizia così la sua nuova vita da donna. Ne parla anche bene, non era una brutta vita: aveva un lavoro, delle buone relazioni amicali (di rapporti sessuali non ne vivrà mai), un certo successo. Eppure i suoi problemi sono ancora lì, dove li aveva lasciati, senza che si risolvano grazie alla soluzione che aveva progettato. Sino al giorno in cui incontra alcune persone, le quali parlano in modo diverso, perché hanno il coraggio di riferirgli frasi che gli entrano ‘dentro’, come i grissini nel burro. Un amico gli dice: “ma tu non hai cambiato sesso, hai cambiato l’aspetto del tuo sesso”. Un altro: “ma tu sei sempre un uomo, sotto quell’agire da donna”. Heyer confida che in quelle espressioni ha trovato la verità; una verità che nessuno gli aveva rimandato in precedenza. Da quel momento inizia un nuovo percorso: si converte al cristianesimo, seguendo quelle persone che parlavano di verità, e poi persino si risposa. Ora vive raccontando la sua storia, scomoda, perché contraria all’opinione secondo cui il genere lo sceglie la volontà dell’individuo. La sua testimonianza di vita mi riporta alle parole di Evagrio Pontico: «A una teoria si può sempre rispondere con una teoria, ma chi potrà mai confutare una vita?».

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