Noi e le #badgirl
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(Marco Aurelio, Colloqui con se stesso)

E’ con il pianto nel cuore, che penso alle due quindicenni di Udine che si sono autoaccusate dell’omicidio di Mirco Sacher.
Non mi addentro nelle indagini e tantomeno nelle ricostruzioni o nelle ipotesi formulate dai giornalisti. Penso a queste due ragazzine che hanno la stessa età delle mie studentesse di seconda, e al peso che si porteranno dentro per tutta la vita.
Penso che, quel giorno, sono state lontano da casa da prima di pranzo a notte fonda e nessuno di famiglia le ha cercate. Dodici ore senza che, loro, contattassero nessuno di casa per confidarsi, per dire cos’era accaduto.
Non so, non sappiamo cosa sia successo davvero: che rapporti c’erano con quell’uomo, amico della nonna di una delle due. Perché sono stati filmati insieme a fare colazione. Perché conoscevano il codice segreto del suo bancomat… E però, da madre e da insegnante mi inquieta, quella frase carpita: … pareva di stare in un video game...
Cos’è successo, mi chiedo, se non sappiamo più trasmettere il valore della vita, ed eccita ammazzare qualcuno, perché fa sentire un po’ eroi. Se non sappiamo più insegnare ciò che è bene e ciò che è male, e nemmeno il senso di colpa è più un semaforo rosso nel cuore?
Provate a cliccare #badgirl, o fate un giro su facebook, un giro sui social network. E’ la trasgressione il modello: la parola d’ordine per emergere, per guadagnare visibilità. Perché la vita abbia sapore. Per esistere. Ma guardate un po’ in giro: di bad girl non scrivono solo le ragazzine! Le “cattive ragazze” sono il vanto delle femministe di sempre: sono loro, le ribelli, ad aver cambiato la storia. Questo dicono. E’ loro che dovremmo imitare.
E allora è tempo del mea culpa. Pensiamoci, noi genitori. Noi insegnanti, noi educatori. Noi che, piccoli, comunichiamo in rete. I più grandi: quelli della carta stampata, o delle trasmissioni in tivù. Che idea di uomo e di donna proponiamo? E di bello, di buono, di vero, di giusto? Dov’è finito il tesoro di bene che custodiva la generazione passata? Ce l’ha trasmesso perché a nostra volta indicassimo la strada, e nessuno si perdesse. Più.
Mi piange il cuore, quando penso alle due quindicenni di Udine. Non riesco neanche a immaginare cosa significhi avere sulla coscienza, a quindici anni, un delitto. E portare quel fardello tutta la vita. Ma il loro peso è diventato anche il mio. Non ne conosco i nomi, ma hanno la stessa età delle mie alunne di seconda, e le porto nel cuore. Pungolo per ricordare che abbiamo ricevuto un compito, e un giorno ci verrà chiesto conto…