Il canto della Misericordia
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“E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore e ami me (Francesco) servo suo e tuo, se farai questo, e cioè: che non ci sia mai alcun frate al mondo, che abbia peccato quanto poteva peccare, il quale, dopo aver visto i tuoi occhi, se ne torni via senza il tuo perdono misericordioso, se egli lo chiede; e se non chiedesse misericordia, chiedi tu a lui se vuole misericordia. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attirarlo al Signore; e abbi sempre misericordia di tali fratelli”. Così si esprimeva San Francesco d’Assisi, indicando ai suoi frati l’atteggiamento vicendevole, chiamandoli quasi a un “ministero” di misericordia al fine di suscitare misericordia. Abbiamo sentito molte volte il nostro Papa Francesco parlare di misericordia. “Gesù è risorto, c’è la speranza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia! Sempre vince la misericordia di Dio!” ha proclamato nel messaggio Urbi et orbi del giorno di Pasqua. “La misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore.” A osservare la folla che ha gremito piazza San Pietro in queste feste pasquali viene da considerare che ciò che il mondo disprezza perché così lontano dalle logiche del potere, dai calcoli di un individualismo opportunista, è ciò di cui ha sete l’uomo. “Misericordia” è un termine estraneo al vocabolario corrente. Non può trovare spazio nemmeno nei buonismi a poco prezzo oggi così diffusi. “Misericordia”: un mondo sconosciuto, tutto da esplorare. Un’esperienza desiderabile, che sollecita lo stanco trascinarsi della quotidianità e lo risveglia aprendolo alla luce. Misericordia “è la pazienza che Dio ha con noi, ha spiegato il Papa nel suo primo Angelus, il volto di Dio è quello di un Padre misericordioso che ci attende, ci comprende, non si stanca di perdonarci”. Un invito a tornare al sacramento della confessione, senza paura! Quasi paradossalmente si esprimeva don Luigi Giussani riguardo all’incarnazione del Figlio di Dio: “Il Signore è venuto per pietà dell’uomo, e l’origine della Sua mossa non è quindi un’origine, starei per dire, di “religione”, ma di umanità”. Dio, insomma, si è mosso per amore della nostra persona, in carne o ossa, come si suol dire, ma noi non ci crediamo mai fino in fondo. Don Giussani parlava della carità di Dio come “dono di sé commosso” e citava a prova le parole del profeta Geremia: “Ti ho amato di un amore eterno, perciò ti ho attratto a me [cioè ti ho reso partecipe della mia natura], avendo pietà del tuo niente”. La carità di Dio per l’uomo è una commozione, un dono di sé che vibra, si agita, si muove, si realizza come emozione, nella realtà di una commozione: si commuove. Dio che si commuove! “Che è mai l’uomo perché Tu te ne ricordi?”, dice il salmo. Gesù, ha detto Papa Francesco, ”ha parlato a tutti, senza distinzione, ai grandi e agli umili, al giovane ricco e alla povera vedova, ai potenti e ai deboli; ha portato la misericordia e il perdono di Dio; ha guarito, consolato, compreso; ha dato speranza; ha portato a tutti la presenza di Dio che si interessa di ogni uomo e ogni donna, come fa un buon padre e una buona madre verso ciascuno dei suoi figli. Dio non ha aspettato che andassimo da Lui, ma è Lui che si è mosso verso di noi, senza calcoli, senza misure. Dio è così: Lui fa sempre il primo passo, Lui si muove verso di noi”. Da un punto di vista culturale, non c’è niente di più rivoluzionario di questo “dono di sé commosso” che aspetta il dono della nostra umanità. Dio che si dona e nello stesso tempo ci chiede di farci “canali della Sua Misericordia”.