Rivoluzione culturale: no grazie
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In Conclave, quando si arriva alla maggioranza prevista e un Cardinale risulta eletto, viene domandato, al prescelto, se accetta di salire alla Cattedra di Pietro. Immediatamente, se accetta, gli viene chiesto che nome sceglie. Normalmente, quando il Papa eletto sceglie un nome già scelto da un papa precedente, è perché ne ha stima e quindi si ispira al modo con cui il predecessore ha guidato la chiesa.
Alcuni nomi infatti non sono stati più usati (cito un caso: dopo Bonifacio IX nessuno ha preso questo nome) probabilmente perché nessuno ne ha voluto seguire l’esempio.
In tempi recenti abbiamo visto Cardinali eletti che hanno scelto di seguire l’esempio di due predecessori: nasce il nome di Giovanni Paolo.
Oppure pontefici che con la scelta del nome hanno risolto problemi storici: è il caso di Papa Roncalli, Giovanni XXIII. Nessun Papa, infatti, ha mai scelto il nome di Giovanni XX. Nella cronologia dei pontefici si è quindi passati da Giovanni XIX a Giovanni XXI. Nella storia di questo nome si era arrivati fino a Giovanni XXIII (1410-1415) che però fu un antipapa.
Attendiamo con trepidazione il nuovo Papa e il nome che sceglierà.
Scendendo ad un livello profano, ma altrettanto storico, diventa molto inquietante pensare che il Movimento 5 stelle voglia fare una “rivoluzione culturale”.
Inesorabilmente la storia evidenzia che scelse questo nome, “rivoluzione culturale”, lo spietato dittatore cinese Mao Tse-tung per una terribile purga in Cina.
Mao esercitò per decenni il potere assoluto sulla vita di un quarto della popolazione mondiale, rendendosi direttamente responsabile della morte di oltre settanta milioni di persone.
Nel 1958 aveva lanciato la Cina verso il “grande balzo”: doveva comprare armi e tecnologia militare dalla Russia di Stalin in cambio di cibo. Tra il 1958 e il 1961 trenta milioni di contadini morirono di fame. Di fronte a questa follia anche i suoi fedelissimi mostrarono dissenso e Mao dovette rinunciare alla crescita militare che desiderava.
Alla fine di maggio del 1966 (aveva 72 anni) decise di distruggere l’apparato del suo partito che, secondo il suo pensiero, non era totalmente devoto al suo culto.
Chiamò questa vendetta “rivoluzione culturale”.
Lanciò i giovani studenti contro non meglio specificati nemici.
Al grido “vi abbatteremo e vi calpesteremo” il 2 giugno un gruppo di studenti di Pechino iniziarono a chiamarsi “Guardie Rosse”.
Ma chi erano i nemici? Iniziarono dagli insegnanti, poi attaccarono chiunque fosse legato alla “cultura antica”, che andava distrutta. Non ci fu una sola scuola in tutta la Cina in cui non si verificarono atrocità. Distrutte le biblioteche. Poi fu il turno della case private, dove vennero bruciati tutti i libri, dipinti, quadri, dischi e strumenti musicali.
Tutti dovevano avere tra le mani un unico libretto con una scelta dei pensieri di Mao (il libretto rosso). Il paese piombò nel terrore anche perché lo stesso Mao (il 18 agosto) aveva incitato alla violenza. Fra agosto e settembre nella sola Pechino le statistiche ufficiali parlano di 33.695 case razziate e 1772 persone morte in seguito a torture e percosse. A settembre Mao poté finalmente eliminare i quadri del partito, che erano il vero bersaglio.
Furono sostituiti 2,8 milioni di “controllori” (figure capillari di presenza del partito in ogni angolo della società) e 50.000 funzionari di medio e alto livello.
Furono persino cambiati i nomi delle vie, chiusi i bar, i teatri e i ritrovi pubblici, proibiti i fiori e i libri (fino al 1976)… Durante la rivoluzione culturale furono rasi al suolo 4922 dei 6843 monumenti storici in piedi a Pechino (censiti nel 1958).
Mao muore nel 1976: la rivoluzione culturale conta circa tre milioni di vittime.
Forse il Movimento 5 stelle non conosce la storia.
Viceversa: perché scegliere un nome così spaventosamente “sinistro” per indicare la strada con cui si vuole cambiare l’Italia?
A nulla serve passare ancora una volta dalla strada della distruzione (che è facilissima) e del considerare tutti gli altri (quelli che non sono dei “nostri”) ugualmente nemici, quando questa strada ha sempre dimostrato di condurre solo alla barbarie.
La storia insegna, ma bisogna voler imparare.
Per questo Mao cominciò sostituendo la libertà di educazione con l’omologazione (che conduce sempre alla devastazione).