Il coraggio uno non se lo può dare – neanche in politica
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(Card. Carlo Caffarra)

La posta in gioco è alta, alla vigilia dell’appuntamento elettorale. Non solo per la crisi economica e per i problemi del lavoro. Perché in gioco c’è l’idea di uomo. E’ per questo che mi sto documentando, che leggo con attenzione i programmi delle coalizioni, che ascolto i candidati. E’ per questo che ho partecipato all’iniziativa “Noi cittadini di fronte alle elezioni”, promossa dal Gruppo IEICP (Incontri Ecclesiali di Impegno Civile e Politico). Credevo di trovarmi di fronte a cattolici dall’identità forte, in dialogo con le forze politiche. Credevo venissero indicati criteri per accostarsi al voto in modo maturo e responsabile. Invece no.
Dopo i saluti di rito, il coordinatore ha presentato una lettera aperta di due facciate, che sintetizza le conclusioni cui sono giunti negli incontri in vista dell’appuntamento del 24 e del 25 febbraio. Tante belle parole, niente da dire: lavoro al primo posto, e poi un’attenzione al profilo professionale e morale dei candidati, alla persona, la vita, i giovani, le famiglie (plurale?), le vecchie e nuove povertà; ma anche rigore, equità, legalità, sviluppo, politiche sensibili alla salvaguardia del creato e l’integrità del sistema Terra, ed altro ancora. Il tutto condito da solidarietà, dialogo, condivisione, tolleranza, rispetto, mediazione, inclusione e qualche citazione politically correct di Bauman (sì, quello della «società liquida», ma questa volta per ricordare il valore della coerenza), e dell’auctoritas Paolo Flores d’Arcais. Benedetto XVI mi pare di no, o forse en passant. Certamente non con la stessa enfasi che certi cattolici riservano solo alla meglio intellighentia laicista.
Un membro degli IEICP ha illustrato i punti salienti del documento e poi ha dato spazio a tre testimonianze indiscutibilmente belle, perché quando si racconta la vita non può che essere così. Dieci e lode a loro.
Ma torniamo alla lettera aperta, formalmente (apparentemente) ineccepibile.
Al momento degli interventi dal pubblico – sono quasi le 23 – uno chiede come mai da nessuna parte si faccia riferimento esplicito ai «principi non negoziabili». Per carità: vita, famiglie (plurale?), educazione sono parole presenti nel testo, niente da dire. E però… quel ti dico-non ti dico. Quel cercare perifrasi e formule nuove pur di non mettere nero su bianco quelle tre parole lì: «principi-non-negoziabili»…
Perché – mi chiedo – non scrivere chiaramente «tutela della vita umana dal concepimento alla morte naturale, difesa della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, libertà di educazione, sussidiarietà»? Tanto difficile? E «non negoziabile»?
Penso che a questo punto, vista la sollecitazione del pubblico, qualcuno tra i promotori dell’incontro potrebbe intervenire e dire con chiarezza «non l’abbiamo scritto ma certamente intendiamo proprio quello, e diamo per assodato che sono punti di riferimento imprescindibili». E invece no.
C’è nervosismo tra i membri degli IEICP. Uno è seduto tra il pubblico, accanto a me. E sottovoce, scocciato, mi dice che «principi non negoziabili» non compare in nessun documento di rilievo, e comunque è una «questione molto discussa». Mentre lo guardo allibita, e gli cito la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno dei cattolici nella vita politica del 2002 ed anche il discorso che Benedetto XVI ha rivolto, nel 2006, ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo, prende il microfono il moderatore, e dice che ha da eccepire. Che “secondo lui” valori non negoziabili non significa niente, perché i valori sono valori tutti (uguali? ndr). Insomma: se non lo dice chiaramente, lo fa capire: ha sbagliato il Papa.
Si alza nel frattempo una voce dal pubblico – e la conosco quella voce adulta di politico cattolico adulto. A sua volta, non interpellato ma vistosamente alterato, dice “la sua”: «I valori non negoziabili non esistono e non sono scritti da nessuna parte! Li hanno inventati per trattare sottobanco e per fare i loro comodi!». Ipse nuntiavit.
Mi aspetto che sulla questione intervenga uno dei sacerdoti presenti. Silenzio. Niente da dichiarare.
In compenso, con la pacatezza tollerante, inclusiva, buonista, a-partitica, a-confessionale che ha governato la serata riprende la parola il relatore e spiega (a modo suo) che «in fondo in fondo nessun principio è non negoziabile perché la politica – si sa – è confronto tra visioni diverse, è compromesso, è mediazione».
Mi aspetto nuovamente che intervenga uno dei sacerdoti presenti. Macché. Silenzio. Niente da dichiarare. Applausi mosci, fine della serata, si riprende la strada di casa.
La posta in gioco è alta, alla vigilia dell’appuntamento elettorale. Non solo per la crisi economica, lo spread, i problemi del lavoro. Perché in gioco c’è l’idea di uomo. Come dicevo, è per questo che ho partecipato all’incontro “Noi cittadini di fronte alle elezioni”.
Credevo di trovare un’identità forte che indica criteri per la scelta di persone e formazioni, ed anche l’idea chiara di quale modello di uomo deve ispirare le scelte politiche. No. Ho trovato cattolici tiepidi, che hanno rinunciato ad essere testimoni e preferiscono le retrovie.
Ho trovato la resa prima della battaglia, i saldi di fine stagione, un buffet-per-tutti-i-gusti.
Mentre a piedi vado verso l’auto, penso a me. Penso che non sappiamo né il giorno né l’ora, e che ci verrà chiesto se siamo stati nel mondo o del mondo. Io la mia scelta l’ho fatta.