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Cor unum

Fonte:
CulturaCattolica.it

“Colui che ama si mette in schiavitù, sotto un giogo di schiavitù. Dipende da colui che ama. Eppure è questa la situazione, bambina, in cui Dio s’è messo, amandoci. Dio si è degnato di sperare in noi, poiché ha voluto sperare in noi, attendere da noi … Situazione miserevole, ricompensa di quale amore. Egli s’è messo in questa singolare situazione capovolta, in questa miserevole situazione così che è Lui che attende da noi, dal più miserabile peccatore” (C. Peguy, Il portico del mistero della seconda virtù). La bambina a cui si rivolge Peguy in questo splendido dialogo è la Speranza, la più piccola delle sorelle, Fede e Carità, ma la più forte, quella che trascina le altre due. Senza Speranza è impossibile, infatti, che resistano alle sfide e alle crudeltà del tempo sia la Fede che la Carità. Ed è sempre attuale questa situazione capovolta in cui Dio si è messo per cui, invece di far tutto Lui in un colpo, cancellare tutti gli ostacoli causati dalla miseria umana, attende da noi, miserabili peccatori. Queste parole risuonano attuali nella settimana in cui celebriamo la preghiera per l’unità dei Cristiani. L’amore che Cristo ha offerto a tutti gli uomini è ancora rifiutato e la Chiesa, che Egli ha costituito come suo Corpo, come sua sposa, si trova ancora divisa. “Le storiche divisioni che hanno separato i cristiani non sono state ancora superate”. Benedetto XVI ha definito la rottura dell’unità visibile” dei cristiani “una delle colpe più gravi che deturpano il volto della Chiesa”. Papa Benedetto si sta spendendo molto per l’unità della Chiesa. Già nell’omelia di apertura del Suo pontificato aveva fatto un riferimento alla mancata unità della Chiesa facendo propria l’immagine della pesca miracolosa dei 153 grossi pesci che non strapparono la rete “sebbene fossero così tanti”. Disse: “Ahimè, amato Signore, essa ora si è strappata! vorremmo dire addolorati. Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa, che non delude, e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità, che tu hai promesso. Facciamo memoria di essa nella preghiera al Signore, come mendicanti: sì, Signore, ricordati di quanto hai promesso. Fa’ che siamo un solo pastore ed un solo gregge! Non permettere che la tua rete si strappi ed aiutaci ad essere servitori dell’unità”! E come diceva Peguy, a sostenere il servizio all’unità “c’è la Comunione dei Santi, ed essa comincia con Gesù. Lui c’è dentro. È alla testa. Tutte le preghiere, tutte le prove, tutte le fatiche, tutti i meriti insieme e tutte le virtù di Gesù e di tutti gli altri santi … pregano per tutta la cristianità”. Non può mancare un pensiero per i cristiani perseguitati, sempre più numerosi, vittime anche della “cristiano–fobia” in costante aumento in tutto il mondo. Occorre sempre più pregare per loro, ricordarci dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e in Africa, vittime di spietati attentati terroristici. Di quasi nessuno conosciamo i nomi, solo Dio vede e abbraccia il loro sacrificio. È di questi giorni la notizia che la Corte Suprema del Pakistan ha approvato la richiesta di processare per blasfemia l’ambasciatrice del Pakistan negli Stati Uniti, Sherry Rehman, musulmana, dello stesso partito del cristiano Shahbaz Bhatti, ucciso in un attentato per il suo impegno a difesa della libertà religiosa e delle minoranze religiose. La Rehman, chiedendo una revisione della legge sulla blasfemia, ha preso posizione a favore della cristiana Asia Bibi, madre di 5 figli, in carcere da oltre 3 anni per blasfemia. In una lettera, Asia Bibi racconta di essere stata condannata perché cristiana e di aver risposto al giudice che le offriva la libertà in cambio dell’adesione all’islam: “se mi condannate perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificarmi”. Il coraggio di Asia ci strappi dalla tiepidezza con cui viviamo l’identità di cristiani nel mondo.

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