Gli occhi di un bambino ad Auschwitz
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Prepariamoci alla Giornata della Memoria!!!
Oggi Giornata del Dialogo Ebraico-Cristiano, sono tornata sulle pagine colorate di Samuel Bak, un artista ebreo che ha dedicato la sua vita a dipingere ciò che gli occhi di un bambino hanno visto ad Auschwitz. Ho guardato queste immagini ed esse hanno incominciato a parlare. Mi hanno parlato di oggi, della sfida che accomuna ebrei e cristiani, della cancellazione delle radici giudaico-cristiane dell’Europa in nome di una nuova religione, quella dell’uomo self made. Della laicità presuntuosa che pensa di sapere e invece non sa nulla e fabbrica società mortifere.
Ho guardato e si è levata la voce di un bimbo. Dedico questa voce a tutti i miei amici ebrei, che stanno combattendo, a fianco dei miei amici cristiani, per un mondo che cerchi Dio.
Vorrei volare (Immagine 1). Sono cresciuto troppo in fretta. Mi hanno strappato le ali e i miei giocattoli si sono fatti improvvisamente pesanti (Immagine 2).
Chi mi darà ali di colomba per volare lontano?
Non ho né padre, né madre (Immagine 3). Quando sono nato mi hanno messo sul braccio un numero. Non so se sono maschio o femmina (Immagine 4). Sono un genere, ma crescendo, forse capirò, guardandomi attorno.
Mi hanno detto che non sono ancora persona perché non ho coscienza. Mi guardo attorno, allora, e mi domando quale coscienza abbiano gli adulti.
Guardo e vedo. Vedo i miei balocchi polverosi calpestati (Immagine 5) da alcuni che, adulti, giocano ancora: con la mia vita, con la vita di molti, con le armi (Immagine 6), con l’economia che muove il mondo e le masse. I loro birilli sono gli Stati e la politica le bocce (Immagine 7) per farne cadere talvolta uno, talora l’altro.
Non ho più nemmeno la dignità di essere perseguitato perché sono ebreo, o perché sono cristiano o perché sono di “colore”. Sono perseguitato perché sono nato (Immagine 8).
Non è terribile questo?
Sono perseguitato perché sono ancora un neonato, senza coscienza, senza genere, senza padre né madre.
Il luogo della mia nascita? La provetta, la fecondazione artificiale senza pathos né amore? Non so. Ma che differenza fa? Essi non sapranno mai quale sguardo adulto mi passa negli occhi (Immagine 9).
Sono diventato adulto il giorno in cui ho saputo che mi avrebbero potuto uccidere, prima o dopo il parto (Immagine 10). Che differenza fa?
Sì, vorrei volare verso un mondo più umano (Immagine 11), dove io possa essere atteso, desiderato, avere un padre e una madre, uomo e donna (Immagine 12). Venire al mondo sapendo di essere maschio o di essere femmina, senza deciderlo da grande. Venire al mondo e sapermi protetto perché sono davvero la classe più debole, quella senza sindacato né legge razziale che la tutela (Immagine 13). Vorrei guardare il cielo e sentirmi dire da qualcuno: vedi? Vieni da lassù e lassù c’è Dio, un giorno lo troverai di nuovo e allora, finalmente potrai volare (Immagine 14).
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