La pace è possibile
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Un tratto dominante il pensiero comune è che quelle che costituiscono le esigenze fondamentali della persona umana – la verità, la giustizia, la libertà, l’amore – siano in fondo un sogno, utopie irrealizzabili. Discorsi di convenienza, riflessioni e analisi sui costumi e le tendenze odierne presentano un unico comune denominatore: l’assenza di fiducia nell’uomo e di speranza nel futuro. Al massimo qualche richiamo a una vaga forza morale – senza mai indicare dove si debba attingerla per sostenere l’impegno richiesto; a principi astratti di onestà le cui radici risultano difficilmente rintracciabili. La felicità è diventata un fattore totalmente soggettivo, l’amore un sentimento sempre più labile e fluttuante, la verità inconoscibile “e gli sforzi per affermarla appaiono spesso sfociare nella violenza”. Siamo di fronte a un rovinoso franare verso il nulla. Ancora una volta è la Chiesa nella sua autorità suprema, il Papa, a proporre un pensiero forte, con cui sia possibile un confronto serio e costruttivo. Nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, papa Benedetto afferma che la pace “non è un’utopia: è possibile”. Perché nel cuore dell’uomo esiste “una realtà positiva, perché ogni uomo è creato a immagine di Dio e chiamato a crescere, contribuendo all’edificazione di un mondo nuovo.” Questa, che fino a qualche generazione fa era una considerazione quasi ovvia, è diventata oggi un’affermazione incomprensibile a molti e costituisce una vera novità culturale da riproporre con forza nel nostro tempo. Essa rappresenta “l’introduzione nel pensiero di una verità oggettiva e trascendente” senza la quale è impossibile realizzare un dialogo autentico. Quanto sia difficile oggi parlare di pace, nonché trovare vie di pace, lo sappiamo bene. Il mondo è un focolaio di guerre; l’Occidente europeo patisce conflitti ideologici che sempre più frequentemente assumono una manifestazione violenta, con episodi di intolleranza sempre più frequenti. A ragione il Papa afferma che “precondizione della pace è smantellare la dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo”. Senza il riconoscimento della legge morale naturale, infatti, quelli che sono principi riconoscibili dalla ragione, vengono identificati con verità di fede e non “come principi comuni a tutta l’umanità”. La pace è dono di Dio, ma anche ”opera umana”, perché a noi tocca la proposta di una cultura e di “un umanesimo aperto alla trascendenza”, che sappia contrastare con “antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici, in forza dei quali i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere e di profitto”. Parlare di sviluppo “integrale, solidale e sostenibile” è possibile a partire solo da un nuovo annuncio di Gesù Cristo. Solo su di Lui, “primo e principale fattore dello sviluppo dei popoli e della pace”, possiamo fondare lo sforzo di solidarietà e condivisione per la costruzione del bene comune e della giustizia sociale. “La negazione di ciò che costituisce la vera natura dell’essere umano, nelle sue dimensioni essenziali, nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ultima analisi, Dio stesso, mette a repentaglio la costruzione della pace. Senza la verità sull’uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l’amore sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio”. Pensare a Dio come un limite per l’umana libertà significa non solo non comprendere il suo messaggio di Amore, ma anche privare l’uomo della via per la propria liberazione e realizzazione. In quest’Anno della Fede impegniamoci, pertanto, a conoscere di più l’Amore di Dio perché questa conoscenza si traduca in un’opera di bene per il mondo.