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Pillole di twitter o Twitter in pillole

Fonte:
CulturaCattolica.it

Usare Twitter è diventato per certi aspetti importante: ti fa conoscere in tempo reale una gran quantità di notizie, così puoi rimanere sempre aggiornato. Poi ti offre una serie di riflessioni «telegrafiche» che a volte ti fanno riflettere.
In complesso una bella invenzione. Non solo, ma la realizzazione in qualche modo compiuta della filosofia della rete. Si è connessi con chiunque, si sceglie chi seguire e si è seguiti da coloro a cui tu interessi. E puoi conoscere gli interessi di tutti in rete, interfacciandoti con quelli che interessano anche te. Bella invenzione, ho detto, e in qualche modo discreta.
L’esperienza di questi tempi mi pone però alcune domande, che rivolgo a chi mi segue, a chi opera nel web, a chi è interessato a un dibattito serio sulla comunicazione.

1. DEVI RILANCIARE!!!
Parto da una esperienza: mi raggiunge un tweet di Libero con questo testo: «Un Natale sexy e super hot con …» dove, al posto dei puntini, stanno i vari nomi delle modelle che si mostrano s-vestite da babbi natale. Mi accorgo che altri hanno rilanciato il messaggio. E mi chiedo: «è questa la notizia interessante, da fare conoscere al mondo dei naviganti?». Un po’ come le notizie sul tempo: non è normale che d’inverno faccia freddo e d’estate caldo? Vale la pena di trasformare l’ovvio in notizia? Soprattutto: non c’è altro da comunicare? Credo che sia necessario partire da qui: dalla domanda sul “comunicare”: sul suo significato, sul valore, sulle condizioni… Non si può pensare al nulla come qualcosa che valga la pena di essere messo in mostra. E che c’entra questo, col tweet di Libero? Basta vedere come dà la notizia: «Il magazine inglese LOVE augura un felice Natale celebrando la bellezza femminile. Sul sito ufficiale della rivista spuntano i video mozzafiato degli auguri delle modelle più belle del momento. Ecco gli auguri della splendida…». Sì, Libero deve rilanciare, se non rischia di essere fuori gioco. E qui sta la questione.

2. W L’OPEN SOURCE
Siamo tutti ossessionati dal «copyright», dal diritto d’autore. Certo, è una bella cosa che ti vengano riconosciuti i diritti di proprietà su quello che produci, sulla tua opera di pensiero. Ma la rivoluzione (se così si può chiamare) di internet sta proprio in questa apertura della comunicazione, che trova nell’Open source il suo modello emblematico. Il bello della rete è questa ricchezza di contributi, per cui quello che scopri suggerisce approfondimenti ad altri, e si crea un vasto campo di confronto, dialogo e creatività che può portare agli utenti della rete profondità e ricchezza notevoli. E così si può anche interagire (è la straordinaria novità del web 2.0) e cambiare la realtà secondo criteri che ci si augura più rispondenti al bene comune. Ah, certo, non è sempre così: siamo maestri nell’usare e corrompere quanto ci capita tra le mani. Ma non è questo il punto.

3. NON CINGUETTARE A VANVERA
Mi preme sottolineare che – se ci teniamo a una rete di bene, di bello e di vero – allora dobbiamo piegare internet a questa logica; usarlo non per cinguettare a vanvera, ma per un compito che può essere straordinario. Giovanni Paolo II diceva che cultura è ciò che rende più umano l’uomo. E allora è necessario saper scegliere tra le notizie da cui continuamente veniamo bombardati e rilanciare (che in gergo si chiama retweet) solo ciò che conta davvero. Ancora: impariamo a rinunciare all’egoismo e alla gelosia della nostra scoperta, accettando il rischio della comunicazione come comunione e condivisione! Forse questo renderà internet uno spazio in cui gli uomini (in particolare i giovani) possano abitare, costruendo relazioni che li aiutano a crescere.

4. I SOLITI «NOTI»
P.S. A volte essere testardi è un bene: ho ascoltato EtaBeta su Rai1 del 22 dicembre 2012. Ospiti, tra gli altri, Spadaro, Padrini e Tornielli. Non riesco a togliermi dalla testa che anche in questo mondo ci sono le lobbies. Chi sono gli “esperti”? Sempre i soliti noti? E chi fa un servizio che opera nel web positivamente? Chi serve gli insegnanti di religione, non solo gratuitamente, in tempo reale, senza un giorno di pausa, ma creando un servizio tempestivo e chiaro nella sua dimensione cattolica? O sono “cattolici” solo quelli che hanno un pedigree consolidato? È mai possibile che si debba solo riconoscere chi è generato dalla istituzione, e non si sappia valorizzare ciò che nasce dal basso?

5. «CATTOLICI» IN RETE
Ascoltando quanto raccontavano gli invitati al programma, mi sono posto questa domanda: «O loro o io siamo degli alieni». Riusciremo mai a capire che significa comunicare, in genere e nell’ambito della fede? Sembra che si stia ritornando al cattolico come al “devozionale” o come a un «particulare», ma così si snatura l’avvenimento cristiano. Non smetteremo mai di seguire la grande intuizione di Romano Guardini: «La Chiesa è l’intera realtà veduta, valutata, vissuta, dall'uomo totale. In lei soltanto c'è la totalità dell'essere; ciò che nell'essere è grande e ciò che è piccolo, la sua profondità e la sua superficie, la nobiltà e l'insufficienza, la miseria e la forza, lo straordinario e il quotidiano, l'armonia e la disarmonia. Tutti i beni nella loro graduatoria, conosciuti, affermati, valutati, vissuti. E non dal punto di vista di una individualità parziale, ma dell'umano integrale.
La totalità del reale, vissuta e dominata dalla totalità dell'umano: ecco, vista da questo lato, la chiesa» (Guardini, La realtà della Chiesa, Morcelliana).
Che cosa significa che la fede, se non diventa cultura, non è né pensata, né accolta, né vissuta? Giovanni Battista chiedeva agli ascoltatori, per attendere il Messia, non di pregare di più o di vivere scelte devozionali, ma di esprimere nella vita la certezza di una presenza. Anche nel web questo è possibile: essere presenti con l’annuncio della novità di Cristo, luce del mondo.

Sono riflessioni che vanno in un’ unica direzione: la rete è il luogo in cui TUTTI i cattolici possono testimoniare uno sguardo diverso dagli altri, non corrotto dalla mentalità comune, non piegato dalle ovvietà; dove la tempestività non sia necessariamente il valore, ma è il “contenuto” a fare la differenza: l’ amore al Vero, al bello e al bene in ogni campo. Il web è però occasione di evangelizzazione solo a condizione di una comunionalità reale e di una capacità di testimoniare una fede che diventa cultura. E basta!

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