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Chi è veramente «grande» nella storia!

Autore:
Costa, Luca
Fonte:
CulturaCattolica.it

Che cosa fa di un uomo un Grande? E chi sono i veri Grandi della storia? La Francia (mi trovo a Nancy) in questi giorni mi ha offerto una curiosa opportunità di riflessione sulla misteriosità della “Grandeur”.
Decisiva è stata la visita a due meravigliose basiliche: Saint-Nicolas de Port (poco fuori Nancy) e Saint-Epvre (nel cuore della città).
La foto a sinistra mostra una reliquia straordinaria, il braccio del Santo Patrono di Lorena: San Nicola, detto anche San Nicola di Bari.
Come è arrivata in Francia? Nel 1087, è noto, 62 marinai salparono da Bari per recuperare il corpo del Santo, in Turchia. Tornati dalla spedizione, alcuni di essi portarono il braccio del santo in Lorena, dove si decise immediatamente di dedicargli una spettacolare Basilica. Saint-Nicolas de Port divenne presto un luogo di pellegrinaggi, miracoli, guarigioni, nonché prima un mercato e poi addirittura una città. Anche Giovanna d’Arco venne a pregare San Nicola, nel 1429. Quindi, siamo al cospetto di un centro fondamentale per la fede e per la vita della cattolica Lorena.
Durante la Guerra dei Trent’anni (1618-1648) la basilica venne distrutta. L’attacco al ducato di Lorena fu pianificato nel 1641 da Richelieu, cardinale ma anche primo ministro di Luigi XIII. Un uomo di Chiesa che attacca l’Europa cattolica: com’è possibile? Per la Raison d’Etat.
Nel ’600, la Francia combatte le piazzeforti ugonotte (?) sul fronte interno, ma in politica estera non indugia ad allearsi con i protestanti per combattere l’eterno nemico: l’Impero, Sacro e Romano. A fare le spese dei progetti di Richelieu e Luigi XIII è l’indipendente ducato di Lorena, cattolico e alleato dell’imperatore.
Fedele al vescovo di Roma e più “tedesca” che “francese”, la Lothringen vede i suoi luoghi di culto attaccati e distrutti dalle truppe protestanti e, incredibile, borboniche. Ciò determina morte, guerra, deportazioni e la perdita di un incommensurabile patrimonio artistico e religioso. Eppure Richelieu è all’unanimità un grande di Francia e Luigi XIII è passato alla storia addirittura come “il giusto”.
Tornata indipendente, la Lorena subirà altre invasioni francesi. Nel 1670 tocca a Luigi XIV, Louis le Grand come amava farsi chiamare. Tale etichetta sarà stroncata al suo funerale dalla memorabile orazione di padre Jean Baptiste Massillon, che esordì tuonando: “Dieu seul est grand, mes frères et dans ces derniers moments surtout où il préside à la mort des rois de la terre”... Dio solo è grande.
Seguiranno le patetiche commedie diplomatiche delle Guerre di Successione del ’700; il detronizzato re polacco, Stanislas (scalzato dal novello Augusto di Sassonia, sponsorizzato dalle “aquile nere”: Prussia, Austria, Russia) diventa duca di Lorena al posto di Francesco III Stefano (poi Francesco I come imperatore del Sacro Romano Impero), che sta per sposare Maria Teresa, diventando co-reggente d’Austria e del Sacro Romano Imperatore.
Problema: Luigi XV non vuole un’aquila d’Austria appollaiata ai confini di Francia; così impone l’accettazione sia della Prammatica Sanzione [È la disposizione edittale adottata dagli imperatori del basso impero, divenuta poi strumento di esplicazione della volontà sovrana in materie di carattere eccezionale. Nella fattispecie, venne emanata da Carlo VI nel 1713, per assicurare la successione al trono della figlia Maria Teresa (sarà questa l’origine della guerra di successione austriaca)] che dell’elezione imperiale di Francesco Stefano, unitamente alla pace e alla rinuncia alla Lorena da parte del Lorena (anzi, ora Asburgo Lorena).
Così il ducato perde definitivamente l’indipendenza per diventare una semplice provincia francese, Stanislas è stato protagonista della sottomissione lorenese; ma la storia è davvero strana. La piazza centrale (meravigliosa) di Nancy è Place Stanislas, con tanto di statua che (notevolmente snellito e imbellito dallo scultore) eleva il sovrano a “Benefattore di Lorena”. Tutti qui lo conoscono, tutti lo amano. Poi vai a vedere cos’ha fatto in vita sua: mangiato, bevuto e goduto come neppure le improbabili caricature della nobiltà ai tempi della Rivoluzione avrebbero osato fare.
E allora perché lo si omaggia? Perché il criterio della grandezza anche qui è quello del nazionalismo: Stanislas cedette la sua Lorena alla Francia, quindi è un grande a sua volta.

Ma com’è piccola la grandezza, quando viene attribuita con il criterio del nazionalismo; basta una semplice lente di ingrandimento per scorgere gli imbarazzanti aloni lasciati dalle smacchiature frettolose della storia-patria, e svelare le loro trame di potere dei vari Richelieu, Luigi XIV, Luigi XV e Stanislas...

La seconda foto invece ritrae un uomo la cui grandezza risalta da un punto prospettico opposto rispetto a quello nazionalista, cioè quello cattolico: si tratta di Carlo I d’Austria, l’ultimo Imperatore Asburgo-Lorena.
Egli viene omaggiato in questi giorni nella splendida Basilica di Saint-Epvre di Nancy, con l’esposizione di un suo ritratto in occasione del matrimonio di un suo pronipote: Christoph Asburgo-Lorena. Il giovane si è sposato sabato 29 dicembre proprio nella bellissima basilica neogotica del capoluogo lorenese, mentre venerdì 28 si è svolta la cerimonia in comune (poiché il “laico” stato francese impone che avvenga prima il rito civile di quello religioso, altrimenti considerato nullo).
La scelta della città di Nancy testimonia come il legame tra gli Asburgo-Lorena e questa terra sia sempre rimasto vivo (anche Otto, il figlio di Carlo I morto un anno fa, si era sposato a Saint-Epvre).
Carlo I fu grande e limpido. Ma, a differenza dei vari Richelieu, Luigi XIV (proprio colui che voleva passare alla storia come le Grand), Luigi XV e Stanislas, è pressoché sconosciuto.
Non trova cittadinanza sui libri di storia un leader politico che rinunciò a tutto (potere, impero, casa, ricchezza) pur di farla finita l’inutile strage: la Prima guerra mondiale. Carlo ruppe l’alleanza con il Reich Prussiano e impose la pace, nonostante fosse pienamente consapevole di quale sarebbe stato il prezzo: il definitivo tramonto della Felix Austria. Quel collage di popoli che era l’Impero degli Asburgo-Lorena venne sgretolato. Quei popoli (“i miei popoli”, come li chiamava il grande Francesco Giuseppe) che per secoli erano cresciuti sotto l’ala protettrice di un Kaiser cattolico che rispettava scrupolosamente ogni cultura, ogni lingua, ogni tassello del complesso mosaico dell’Impero, vennero lasciati in pasto a patetiche borghesie massoniche e nazionaliste. Nacquero tanti staterelli, che presto sarebbero finiti come inerme plancton nelle fauci del nazismo, del comunismo e del panslavismo.
Dopo aver restituito la pace e la vita al continente, Carlo, sconfitto, volle presenziare il Te Deum del capodanno 1919 [Carlo d’Asburgo l’ultimo imperatore, Roberto Coaloa, edito da Il Canneto, 2012]; a chi gli domandò perché ringraziasse Dio proprio dopo aver perso tutto, rispose che “l’importante è che i popoli abbiano ritrovato la pace”, e per questo bisognava ringraziare Dio.
Esiliato con la sua famiglia nell’angolo più nascosto del mondo (l’isola di Madeira) senza denari, senza averi, senza nulla, presto si ammalò e morì, giovane, a nemmeno 35 anni. Poi l’oblio, imposto in maniera indegna dalla storiografia prevalente, nazionalista e risorgimentale, interessata a non far conoscere la vita dell’ultimo Imperatore, dell’uomo che già nel 1917 era andato vicino a strappare la pace a Francia e Inghilterra, ma alla quale proprio l’Italia si oppose (vergognosamente e senza onore) per poi accettarla in seguito ad ogni costo.
Si è ricordata di lui la sua amata Austria, e soprattutto la sua amatissima Chiesa Cattolica. Giovanni Paolo II, il 3 ottobre 2004, lo ha beatificato. Durante l’omelia della cerimonia il Papa ha detto questo del Beato Carlo I d’Asburgo-Lorena:
«Il compito decisivo del cristiano consiste nel cercare in tutto la volontà di Dio, riconoscerla e seguirla. L’uomo di Stato e cristiano Carlo d’Austria si pose quotidianamente questa sfida. Ai suoi occhi, la guerra appariva come “qualcosa di orribile”. Nei tumulti della Prima Guerra Mondiale cercò in ogni momento di promuovere l’iniziativa di pace del mio predecessore Benedetto XV.
Fin dall’inizio, l’Imperatore Carlo concepì la sua carica come servizio santo ai suoi popoli. La sua principale preoccupazione era di seguire la vocazione del cristiano alla santità anche nella sua azione politica. Per questo, il suo pensiero andava all’assistenza sociale. Sia un esempio per noi tutti, soprattutto per quelli che oggi hanno in Europa la responsabilità politica!».

Sia un esempio per tutti. Eppure, oggi pomeriggio a Nancy, mentre pregavo nella basilica di Saint-Epvre davanti al ritratto del Beato Carlo, vari turisti (uomini e donne, francesi e non) mi passavano accanto, mi guardavano incuriositi e molti mi chiedevano: “Scusi… ma chi è l’uomo nel ritratto?”.
Paradossi della “Grandeur”, appunto, che ci fanno capire come sia strana e misteriosa la storia. Essa non è soltanto nostra, non è tutta nostra; è nelle mani di una giovane Donna e del suo Bambino nato in un anonimo sobborgo di un villaggio sperduto di una provincia polverosa di un enorme impero dalle apparenze immutabili, in un sistema solare alla periferia di una galassia sperduta, a miliardi di anni luce dall’epicentro dell’universo.
E questo è l’unico, vero e grande principio di rivoluzione e di progresso.

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