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“Il (Contraf)fatto quotidiano”

Fonte:
CulturaCattolica.it
«Et je vous suis garant / qu’un sot savant est plus sot qu’un sot ignorant. E vi garantisco che uno sciocco colto è più sciocco di uno sciocco ignorante».
(Molière, Le donne saccenti)

“Il Fatto quotidiano”?
Mica facile mettere in piedi un quotidiano e deciderne il nome! Le notizie sono tante, le testate pure e per fare qualcosa di “nuovo” bisogna guardarsi negli occhi e chiedersi il senso del proprio impegno e che taglio si vuol dare a quel che arriva in redazione.
Non nascono dal nulla, i nomi dei giornali. E non nascono nemmeno “a caso”.
Se le parole hanno (ancora) un senso e la lingua italiana non è un’opinione, chi nel 2009 ha dato vita a “Il Fatto quotidiano” suppongo che immaginasse, nelle future riunioni di redazione, di esordire, al mattino, chiedendosi: «Qual è, oggi, nei diversi settori della realtà, “il” fatto di maggior rilievo?»
Non serve la puntigliosa per capire la grande differenza – in questo contesto – tra l’articolo determinativo “il” e l’indeterminativo “un”. “Un” fatto (qualsiasi, tra tanti) non è “il” fatto!
Noi quello evidenzieremo – si saran detti, pensando al nome -, mica come gli altri, che mettono tutto sul calderone o in centrifuga! Noi punteremo la nostra lente di ingrandimento, il microscopio, il cannocchiale, su “il” fatto più importante. Lo passeremo ai raggi X, se occorre. Gli faremo la Tac, la risonanza, la scintigrafia, tutte le analisi del caso. Eccoci. E’ il 23 settembre 2009.
Il 22 giugno 2010 viene lanciato il sito web del giornale. Stesso nome, stessa idea di fondo. Questo hanno voluto farci credere: che ogni giorno avrebbero messo in luce “il” fatto più significativo.

Macché: “Il (Contraf)fatto quotidiano”!
Qualcosa, però, deve essere andato storto. O forse Il Fatto è che tra la gestazione e il parto c’è di mezzo un Travaglio e – chi ha partorito lo sa – in fase Travaglio può capitare di tutto e la realtà si deforma. Tanto per fare un esempio, certi minuti (quelli senza contrazioni) ti paiono secondi; quelli in cui stai male sembrano ore… Insomma: sotto Travaglio, anche se i medici ti assicurano che va tutto bene, quasi sempre non ci credi e ti costruisci una tua verità.
E così, tornando al giornale (e al sito web) di cui sopra, evidentemente i giornalisti, a forza di usare lenti di ingrandimento, cannocchiali, raggi x, non sanno più vedere la realtà così com’è, forse perché si sono dimenticati che esistono… gli occhi e che basterebbero quelli. Il lettore sfoglia il quotidiano o visita il sito, e una volta gli pare di essere a Brobdingnag, a braccetto di Gulliver, un’altra a Lilliput, perché ciò che viene riportato o è ingigantito oltre misura, o è stato a tal punto ridotto ai minimi termini, che ti fan credere che neanche esiste e che te lo sei inventato. Suggestione.
L’esito è il più delle volte una cronaca distorta: nella gerarchia delle notizie, nel peso e nelle dimensioni. (Contraf)fatta, diresti. Sì, contraffatta. Per essere chiara: se uno avesse come unico punto di riferimento Il Fatto e non sapesse nulla ma proprio nulla di ciò che succede in Italia e nel mondo, col cavolo che potrebbe essere certo che i giornalisti di quel giornale lì durante la riunione di redazione si sono chiesti qual è – nei vari settori – “il” fatto più importante della giornata (o del giorno prima): quello, cioè, a cui va dato il giusto rilievo. E badate bene: la distorsione non è casuale, ma… ad hoc. Son così “bravi” a ingigantire le pulci e a rimpicciolire gli elefanti che ti viene da pensare che, tra i vari (mis)fatti quotidiani di cui vanno orgogliosi, e cioè le lettere segrete e le intercettazioni che ricevono brevi manu dagli amici, gli sia capitata anche la ricetta della pozione che Lewis Carrol ha fatto bere alla sua Alice, nel Paese delle meraviglie…

Il Papa “ufficio stampa di Dio”
Un esempio recente? Ieri, a Milano, c’era un milione di persone per il VII Incontro mondiale della famiglia. Un milione di persone per il Papa. “Il” fatto del giorno (o almeno “uno” dei fatti: certo, come non dare rilievo ai problemi legati al terremoto, o alla crisi economica, o all’aereo caduto in Nigeria…) ma “il” fatto del 3 giugno indiscutibilmente era quello: la marea di famiglie a Milano ad incontrare Benedetto XVI. Ebbene? Ebbene… sarà bene che quelli de Il Fatto prenotino una visita urgente dall’oculista di fiducia, perché o sono miopi, o sono presbiti, o comunque devono avere problemi (seri) di vista.
Nel sito online, il giornalista Piero Ricca decide di intervistare on the road un po’ di pellegrini, ma mica sul tema dell’Incontro, no. Evidentemente strabico, non si accorge che tutta quella gente si sta dirigendo a sentire cos’ha da dire il Papa sulla famiglia e chiede, insistentemente, se “il Vaticano è credibile”. Non solo. Dato che il dovere di cronaca a Il Fatto non è la priorità, copia Travaglio e gira col suo bel block notes. Diktat (sennò mica ti assumono, a Roma, in via Valadier, 42!): prima si confeziona la tesi, poi si pongono le domande per avvalorarla.
Ma siccome molti tra gli intervistati non hanno nessuna intenzione di cadere nel Padella(ro) di turno e, incaponiti, testimoniano la loro fedeltà alla Chiesa, Ricca, visto che con le domande fa cilecca, completa le risposte, o imbocca i passanti. Esempi dalla viva vox del giornalista: “…però chi ha una cattedra morale, religiosa, dovrebbe dare il buon esempio…”. Oppure: “Sembrerebbe, le dico la verità – è la mia opinione anche come cittadino – che la Chiesa sia un po’ arroccata su posizioni conservatrici…”. E ancora: “E’ d’accordo con le unioni civili?… Arriverà il momento!…”. Oppure: “Spazzeresti i mercanti del tempio?”. Sempre lui: “Troppi affari e poca cura delle anime!”. Ma ecco la chicca: “Il Papa è l’ufficio stampa di Dio. Se l’ufficio stampa non è credibile…”. Praticamente un monologo.
Insomma: poiché l’evidenza “brucia” (quando si passa “dal Padella-ro alla brace” succede così…), anche se il milione di persone a Milano è un “fatto”, è difficile da digerire (del resto, poverini, è anni che quotidianamente si scervellano per gettare fango sulla Chiesa e sul Pontefice!), e così, come è nel loro stile, “il” fatto di Milano viene… (contraf)fatto. Una dose della pozione trafugata a Lewis Carroll e, nel sito, la grandezza della “tre giorni milanese” la fan sembrare piccola piccola piccola. Chi si accontenta gode e loro, poverini, (forse) son felici così.
Magari sarebbe opportuno che per correttezza cambiassero nome al giornale, ma non lo faranno, perché – dicono – rispetto ai fatti è solo questione di punti di vista.
Che abbiano ragione? Da che mondo è mondo, «quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito». Dev’essere proprio questione di punti di vista…

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