Egli è qui, come il primo giorno
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(Is 55, 8-11)

Quante cose possiamo imparare dai più piccoli! Non salgono in cattedra, i bambini; non tengono lezioni: vivono. Semplicemente vivono, e con la vita insegnano.
Frequenta la prima elementare, il bimbo di cui desidero parlare, e quest’anno ha chiesto ai suoi genitori di potersi iscrivere al concorso di presepi promosso dalla parrocchia della cittadina in cui vive. In gara, trentatré concorrenti. Lui, sette anni compiuti il primo gennaio, ha vinto un premio per il presepe più originale.
Ci ha messo tanto per progettarlo, costruirlo, modificarlo, rinnovarlo, il suo presepe. Ed è un lavoro sempre in fieri, perché ogni giorno, da che ha iniziato, gli viene un’idea nuova, e così sposta qualcosa, cambia, aggiunge, perfeziona…
Il giorno stabilito, è passata la commissione, ha suonato il campanello, lui ha aperto ed ecco il presepe: un assemblaggio di mattoncini e costruzioni Lego, un foglio di cartone dipinto di verde per le montagne, stagnola per il fiume che passa sotto un ponte, un mulino, muschio qui e lì e poi pezzetti minuscoli di carta di giornale (una settimana di forbici!) per i fiocchi di neve…
L’ha costruito tutto da solo. L’ha fatto con le sue mani che non stanno mai ferme, che trafficano ed armeggiano tutto il giorno per giocare, per scrivere e per i suoi lavoretti di bimbo che una ne pensa e cento ne fa.
Sono mani, le sue, che quando è nato non erano uguali alle mani degli altri bambini: avevano, a destra e a sinistra, dei ditini tra loro attaccati. Nel tempo ha subìto interventi chirurgici, e non sono stati giorni facili, quelli durante e dopo le operazioni. Né per lui, né per la sua famiglia.
Ora queste sue dita, queste sue mani laboriose, sempre indaffarate, hanno costruito il presepe più originale fra i trentatré in gara.
Quando, alla consegna del premio, il giorno dell’Epifania, gli han chiesto come gli fosse venuta quest’idea, al microfono, con il candore e la semplicità che è privilegio dei bambini, ha detto: “L’ho copiato dal mio papà!”.
E’ vero. Il suo papà è sempre stato bravissimo, fin da piccolo, a costruire presepi. Lo posso dire perché conosco il suo papà da una vita. Continua a fare presepi bellissimi e con la stessa passione di quand’era bambino, anche ora che, cinquantenne, è padre di due figli.
Il più piccolo ha guardato il lavoro del suo papà e, accanto, come sapeva, ha inventato e creato il suo. La capanna a destra, come quella del presepio “grande”, e anche la palma nello stesso posto. E il fiume. Ma il suo presepe, fatto di costruzioni Lego, di carta stagnola, di ciuffetti di muschio, di pezzetti di giornale, e che oggi è diverso da come era ieri, perché cambia un po’ogni giorno (ed ora, al centro, ha anche il Crocifisso, ricevuto dalla giuria come premio), era proprio originale, bello bello, ed è stato scelto fra trentatré.
Quante cose possiamo imparare dai più piccoli! Bisogna, però, non accontentarsi di guardare; dobbiamo imparare a “vedere”.
E così, lui non lo sa, ma un giorno penso che glielo dirò che la sua storia è stata capace di rendere “carne” la prima lettura della Messa di questa domenica [del Battesimo di Gesù]: le parole di Isaia.
Un amico oggi mi ha scritto: “Che mistero questo Dio che prende proprio noi, le nostre mani per ciò che sono, i nostri passi incerti, le nostre piccole decisioni e ne fa ciò che vuole!”.
Le mani operose di questo bimbo hanno costruito, in quel presepe, un pezzetto del regno di Dio sulla Terra perché ci dicono, con il loro fare, che il Padre, per vie che talvolta (per fortuna!) non sono le nostre e seguendo pensieri che spesso fatichiamo a comprendere, sempre mantiene le promesse fatte ai Suoi figli. “Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia seme a chi semina e pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non tornerà a me, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”…