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Omogeneizzato alla pesca

Fonte:
CulturaCattolica.it

Da dove cominciare? Da una confezione di… omogeneizzati. Alla pesca, per la precisione.
No, non sono impazzita. Osservo la realtà e, nella realtà, nelle cose che accadono, vedo segni che rimandano ad altro. E ad Altro. Me l’ha insegnato Dante, a vivere e a “leggere” le situazioni secondo i quattro sensi delle Scritture: letterale, allegorico, morale e anagogico. Ma ancor prima dell’incontro con lui, me l’ha insegnato l’educazione cristiana che ho ricevuto: a guardare la realtà, non solo a vederla. Così è accaduto ieri.
Ore 8.30. Entro al supermercato a cui sono stata assegnata come volontaria per la Colletta alimentare. Sono un po’ spaesata, perché dovevo essere di supporto alla mia amica che da anni è “capo equipe” ed è ormai rodata nel servizio (cartoni da preparare, etichette, fogli da compilare, cibi sì - cibi no, registrazione dei volontari…); lei, però, ha la febbre, e così mi ritrovo da sola.
Non c’è ancora nessuno, per fortuna, a fare la spesa a quell’ora, così riesco ad organizzarmi e predispongo ciò che serve. Mentre, munita di forbici e scotch, apro un cartone per ogni tipologia di alimento, mi cade l’occhio su un carrello con una confezione di omogeneizzati. Non è ancora entrato nessuno, se non i dipendenti, e dunque non capisco. L’avrà dimenticato qualche mamma, mi dico…
Attacco le etichette (ai lati, come su indicazione) ed appoggio, su un piano, il pennarello grosso, le borse gialle, i foglietti da distribuire.
Sto per ultimare i preparativi e mi si avvicina una commessa. “Signora, scusi”, mi dice con gentilezza, porgendomi gli omogeneizzati, “li ha lasciati una signora anziana ieri sera. Sapeva che oggi non sarebbe potuta venire a fare la spesa e mi ha pregato di consegnarglieli.”
Non so chi sia questa signora. Quel che so è che la prima cosa che si è fatta spazio nel primo scatolone sono stati i suoi tre omogeneizzati.
Quel che so è che la mia giornata dedicata alla Colletta alimentare è iniziata con una confezione di omogeneizzati e sono stati loro a farmi recuperare il senso profondo di questo gesto di carità.
Mi hanno fatto riflettere, quegli omogeneizzati ricevuti, senza averli chiesti, da un volto e da una mano a me sconosciuti.
Ho pensato a quanto spesso i nostri desideri vengano, anche dall’Alto, prevenuti.
Ho pensato alle nozze di Cana: all’attenzione premurosa della Madonna che si accorge che manca vino e, insistentemente, si rivolge al Figlio perché prov-veda.
Ho pensato alla sovrabbondanza di amore di cui da sempre ciascuno è immeritatamente oggetto, e a quanto spesso prevalga in noi l’indifferenza, la distrazione, l’ingratitudine.
Ho pensato che, ieri, “mi” è arrivato ciò di cui, come cristiana, ho più bisogno in questo momento della mia vita. Omogeneizzati. “Pappetta”. Perché è vero: nonostante tra poco compia 48 anni, sono una cristiana… bambina. E’ come non avessi ancora i denti. Bisognosa di tutto tutto tutto.
Era omogeneizzato alla pesca, buono. Come a dire: senti che dolcezza! Non sai ancora masticare? Pazienza! Chiudi gli occhi e gustalo così. Gusta così l’esperienza del gesto che stai per vivere; non aver timore perché non sei “esperta”! Gusta così l’Incontro che hai fatto: con la semplicità e lo stupore dei bambini alla loro “prima volta”. Innamorati del sapore buono che senti! Ti verrà desiderio del frutto vero, polposo. Imparerai, col tempo, a sbucciarla, quella pesca. A tagliarla in spicchi e a toglierne il nocciolo. A non macchiarti.
Imparerai. Te lo insegneranno. Te lo insegnerà la vita. Intanto fidati, assaggia quanto è buono e quanto è dolce questo.
Ti voglio bene e so di che cosa hai bisogno ora…
No, non sono impazzita. Ero sola, ieri mattina, e, in questo modo mi sono amorevolmente sentita presa per mano. E sicura.
Ma quella confezione mi ha riportato anche alla concretezza del gesto che stavo compiendo e mi ha insegnato tante altre cose.
Ho capito che il dono più bello è di chi non se ne fa vanto. Proprio come la signora che non conosco e che è diventata, senza saperlo, protagonista di questo articolo.
Quell’omogeneizzato lasciato lì per la Colletta alimentare da una persona che si è scusata perché di più non poteva donare mi ha ricordato che nessuno è così povero da non poter dare nulla. Ed è anche questo che mi ha “mosso”, ieri; questo, insieme alle borsette gialle consegnate con un sorriso ed un “grazie per quello che fate” da tante persone anziane, dignitosissime nonostante il momento difficile che tutti viviamo.
L’ho detto a me, che ciascuno qualcosa può dare. A me, che dalla vita ho ricevuto non “tanto”, ma “tutto”. L’ho detto alle persone che, girando con la mia pettorina gialla, fermavo facendo un po’ il pagliaccio per invitarle a questo gesto di carità, e alle persone con cui mi sono intrattenuta un po’ di più perché, insieme, ci siamo chiesti il senso del nostro fare.
A tutti l’ho detto con il sorriso: il sorriso del cuore, reso ancora più vero dal sorriso giovane che – confesso – ho un po’ copiato dalle mie alunne diciassettenni che ieri, anziché andare a passeggio tra le bancarelle allestite per la sagra del Santo Patrono, nel pomeriggio sono venute, entusiaste, a darmi una mano: a sperimentare, con la loro prof., cosa significa vivere “all’altezza dei desideri del cuore”.
Ho raccontato anche a loro “la storia dell’omogeneizzato alla pesca”. Non si sono stupite. Conoscono Dante. Conoscono… me.

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