Dopo i referendum
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Eccoci il giorno dopo i referendum, che dire?… ha vinto chi voleva i referendum. Ha vinto però anche il desiderio di partecipazione dei cittadini troppo spesso mortificato con l’attuale sistema elettorale. Ha vinto il desiderio di partecipare alle scelte del paese. Ne è uscito sicuramente sconfitto il Governo che ha proposto altre vie, ma che non ha avuto nemmeno la forza di difenderle. Ha vinto chi voleva cancellare il nucleare tra le possibili fonti energetiche per l’Italia, ha vinto chi ha voluto opporre ideologicamente il pubblico contro il privato.
Allora ecco alcune considerazioni che partono da quelle già espresse nell’articolo precedente:
la vittoria dei referendum è frutto di una campagna basata sulle paure, la paura del nucleare suscitata dall’incidente di Fukushima, la paura di perdere l’acqua, la paura che aumentino le tasse… allora diciamo subito che nel nostro cammino di formazione cristiana ci hanno insegnato che le decisioni importanti vanno prese con serenità e non sotto la spinta dell’ansia e della paura; quindi aver indotto a scegliere con questi sentimenti è sbagliato. Ma questo si è mostrato sbagliato anche nelle recenti amministrative, dove chi ha puntato solo sulle paure della gente si è visto sconfitto.
Prendiamo in esame il referendum sul nucleare: un aspetto che preoccupa è il messaggio culturale di sfiducia che è passato, come se l’Italia non fosse in grado di controllare le centrali nucleari. E' passata anche l'idea che il rischio è un limite insuperabile nel criterio delle scelte: anche come messaggio educativo questo ci sembra per lo meno dubbio, perché molte delle scelte quotidiane sono basate su un fattore di rischio; un esempio è la scelta del Giappone confermata dal ministro dell'Industria giapponese che commentando i risultati del referendum italiano ha detto: «Comprendo le proteste dopo Fukushima, ma l'atomo resta uno dei pilastri della nostra politica energetica». Ci chiediamo: perché fermare anche la ricerca, impedendo così anche possibili sviluppi tecnologici e innovativi? Certo si dice che bisogna investire nelle fonti alternative, ma nessuno dice che la realtà è che aumenteranno i consumi di gas e petrolio, alla faccia dell’ecologismo e della riduzione dell’inquinamento. Senza parlare dei ritorni economici del campo petrolifero, poi ci si lamenta delle compagnie petrolifere che causano le guerre, ma si scelgono modelli energetici che ne mantengono il potere di influenza.
Sul referendum dell’acqua: come abbiamo già scritto, in due anni, tra raccolta firme e campagna referendaria, si è fatto scempio della cultura della dottrina sociale della Chiesa e della sussidiarietà buttate nel cestino dalla falsa propaganda dell'acqua pubblica. Ciò che impressiona, come ben sottolineato da don Gabriele Mangiarotti su questo sito, è la strumentalizzazione dei testi del Magistero della Chiesa piegati alla propria idea con volontarie e decisive omissioni; il caso più clamoroso è stato quello del punto n. 485 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa dove ci si è sistematicamente dimenticati di riportare che “l'acqua è stata sempre considerata come un bene pubblico, caratteristica che va mantenuta qualora la gestione venga affidata al settore privato”. Ci domandiamo: ma tra i sacerdoti e i cattolici impegnati nel sociale, che sempre mettono al primo posto la moralità, non sorgono dei punti interrogativi su questa modalità strumentale di esporre e spiegare il magistero e i suoi insegnamenti? Si poteva ovviamente essere contrari alla legge e alle modalità che indicava per una partecipazione del privato alla gestione delle risorse idriche, ma non si può storpiare il messaggio della Chiesa, il tema non era la privatizzazione dell’acqua. Si è insegnata una Dottrina Sociale della Chiesa che spinge a pensare che la partecipazione dei privati alla gestione dei servizi pubblici è sbagliata, ideologizzando che il pubblico è sempre bene e il privato sempre male. Ma questa non è la cultura cristiana, e questo messaggio porterà, visto il notevole impegno di giovani in questi referendum, un serio problema culturale e di approccio nel mondo cattolico. Senza tener conto che il referendum agirà su tutto il sistema delle municipalizzate anche di altri settori. Si dice che la politica gestisce in maniera clientelare le nomine delle municipalizzate e cosa si decide? Si decide che tutto deve essere in mano ai politici che gestiscono i servizi tramite il comune. Si è perfino tirato in ballo il problema dell’acqua nel Terzo mondo, ma anche qui per l’Africa il problema è che nessuno mette soldi per costruire gli acquedotti, magari le multinazionali costruissero le reti idriche per i villaggi africani.
L’altro aspetto sul risultato del referendum è di carattere economico: riusciremo a essere concorrenziali dal punto di vista dei costi energetici in modo da attrarre investimenti in Italia? Non si rischia di sfavorire la concorrenza e quindi ridurre lo sviluppo e l'abbassamento dei costi? I soldi non sono infiniti, si vuole insegnare giustamente un uso sobrio del denaro ma se si scarta a priori una collaborazione col privato gli investimenti pubblici in questi settori non rischieranno di togliere risorse ad altri dove la capacità di agire del privato è invece minore?