La Corte europea non è l'Unione europea
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Stralcio da “ZENIT” di venerdì, 6 novembre 2009: «A proposito della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, circa il crocifisso nelle aule italiane, probabilmente è necessario un minimo di chiarezza. Questa Corte è un’emanazione del Consiglio europeo che ha sede a Strasburgo, composto da 47 Stati membri tra i quali la Federazione russa, la Georgia, l’Azerbaigian, l’Ucraina, la Turchia e diversi stati della ex Repubblica jugoslava. Come si può constatare non ha nulla a che fare con l’Unione europea. La Corte europea dei diritti dell’uomo vigila sul rispetto dei diritti umani nei Paesi membri. Una denuncia presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, se dichiarata ammissibile, viene esaminata da una Collegio giudicante composta da 7 Giudici. In questo caso la sentenza è stata emessa all’unanimità, da 7 Giudici tra i quali un turco, ed un serbo. È possibile interporre appello contro le sentenze; l’appello sarà valutato da un Collegio di 5 giudici: se è considerato non ammissibile, la sentenza diviene automaticamente esecutiva, se viene ammesso, verrà esaminato dalla Grande Camera della Corte, composta da 17 Giudici, inclusi Presidente e Vice Presidenti della Corte e delle sezioni.»
Pertanto ciò che è avvenuto non riguarda l’Unione europea. Credo si possa legittimamente affermare, comunque, che è l’esito della deriva relativista della mentalità dominante in Europa; esito al quale non è certo estranea l’influenza della Massoneria presente in Europa, in particolare in alcuni Stati come ad esempio il Belgio.
Come ha rilevato il nostro Presidente del Consiglio le sentenze di questa Corte non hanno carattere di coercitività, ma piuttosto hanno valore “politico”. Come sappiamo il Governo italiano ha deciso di interporre appello, ed anche in questo caso, quale che sia l’esito presso la Corte, il valore è essenzialmente politico. Le reazioni della pubblica opinione rivestono notevole importanza, e quando, come in questo caso, si sono mostrate contrarie alla sentenza, ne hanno ridimensionato significativamente l’impatto. Alcuni hanno parlato di effetto “boomerang”.
Comunque la questione non è certo nuova neppure in Italia. Spesso è stata oggetto di discussione in non poche trasmissioni radiofoniche e televisive di tipo salottiero, o fittiziamente impegnato, in cui spesso Esperti di nulla sproloquiano su tutto. Ricordiamo tutti le trasmissioni “semi serie” a seguito della richiesta di rimozione del Crocifisso di un Genitore di religione islamica, che ebbe la delicatezza di definire il più grande simbolo di amore e di perdono di gran parte del mondo, pressapoco come un corpicino ignudo attaccato ad una croce.
La questione, anche nel nostro Paese, ha già interessato anche le aule dei tribunali; citiamo, a titolo di memoria, due episodi:
1. Nel marzo del 2000, con sentenza n. 439, la sezione Penale della Corte di Cassazione ha assolto uno scrutatore rifiutatosi di prestare l'ufficio cui era stato chiamato perché nel seggio presso il quale era stato nominato – un'aula scolastica – era presente un crocifisso che non era stato possibile rimuovere. Interessante ricordare la conclusione del lunghissimo dispositivo della sentenza. «Costituisce, pertanto, giustificato motivo di rifiuto dell’ufficio di presidente, scrutatore o segretario – ove non sia stato l’agente a domandare di essere ad esso designato – la manifestazione della libertà di coscienza, il cui esercizio determini un conflitto tra la personale adesione al principio supremo di laicità dello Stato e l’adempimento dell’incarico a causa dell’organizzazione elettorale in relazione alla presenza nella dotazione obbligatoria di arredi dei locali destinati a seggi elettorali, pur se casualmente non di quello di specifica designazione, del crocifisso o di altre immagini religiose.»
2. Nel dicembre 2004, con ordinanza n. 389, la Corte Costituzionale dichiarò inammissibile una questione di illegittimità sollevata dal Tar del Veneto in materia di presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. L’abstract della sentenza, con un linguaggio molto “tecnico” precisa che «Posto che gli artt. 159 e 190 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 si limitano a disporre l'obbligo a carico dei Comuni di fornire gli arredi scolastici, non sussiste fra tali disposizioni legislative e quelle regolamentari richiamate dal remittente quel rapporto di integrazione e specificazione che avrebbe consentito, secondo il remittente stesso, l'impugnazione delle disposizioni legislative “come specificate” dalle norme regolamentari. L'impugnazione delle disposizioni del testo unico si appalesa, dunque, come il frutto di un improprio trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una questione di legittimità concernente norme regolamentari che, prive di forza di legge, non possono costituire oggetto di un sindacato di legittimità costituzionale.»
La questione è nell’aria da tempo, anche perché può essere presentata da parole magiche quali tolleranza, accoglienza, rispetto dell’altro, per arrivare ai vertici del pensiero, con parole come laicità, multiculturalismo, ecc. Può essere presentata così, soprattutto se non si riflette sul vero significato di tutti questi temini, che porterebbe conclusioni opposte a quelle pretese dalla mentalità dominante, anche se comincio ad avere qualche dubbio che sia anche quella prevalente (!).
Non mi meraviglierebbe, anzi credo ce lo si debba aspettare, che la questione prima o poi venga sollevata in sede di Unione europea: Parlamento, Corte di giustizia, Agenzia per i diritti umani, o non so cosa altro. Se ciò sarà ci sono fondati motivi per credere che la decisione non si discosti molto da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, di Strasburgo. Ma in questo caso il nostro Presidente del Consiglio, non potrebbe più dire che le sentenze della Corte hanno carattere di coercitività, perché, come abbiamo più volte ripetuto qui a CulturaCattolica.it, siamo stati noi, ratificando senza alcuna eccezione il Trattato di Lisbona ad accettare che la carta dei diritti umani fondamentali dell’Unione e la relativa giurisprudenza siano vincolanti. E allora?
Come ha acutamente notato in un suo recente articolo su questo sito, Guido Guastalla: «l’aver diluito nella Costituzione europea il riferimento alle radici giudaiche e cristiane che, insieme a quelle greche e romane, rinascimentali e illuministiche sono le fondamenta valoriali a cui è pervenuta la nostra civiltà, attraverso terribili errori e orrori, in tremila cinquecento anni di storia, ha comportato un azzeramento del nostro passato e delle nostre tradizioni che sono particolari e universali insieme.»
Indipendentemente dal proprio credo o dalla propria convinzione, credenti e laici, iniziano a riflettere su ciò che recentemente ha scritto il Cardinale Ruini: «Rifiutando Dio, si dissolve l’uomo.» Occorre che questa riflessione divenga più solida e più largamente condivisa, occorre che esca dai piccoli ambiti di intellettuali e si affermi nella società. Tutti sappiamo come e quanto l’Italia, l’Europa e non solo, abbiano bisogno di un nuovo umanesimo autenticamente interessato ai diritti ma anche ai doveri, che rivaluti il sacrificio di farsi carico del bene comune, a fondamento di una società equa e solidale. Tutto questo non si costruisce né contro, né senza Dio. Noi abbiamo Cristo e la Sua presenza nella storia nella Sua Chiesa, se si ha a cuore un mondo migliore, ci chiedano di essere fedeli nonostante i nostri limiti, non di cancellarlo dalle aule scolastche e dai cuori, perche come dice Gianna Nannini, quei muri appesi ai crocifissi crollerebbero, e Socci riprendendo il concetto avverte: «E l’Europa? L’esistenza stessa dell’Europa si deve alla storia cristiana, se non altro perché senza il Papa e i re cristiani prima sui Pirenei, poi a Lepanto e a Vienna, l’Europa sarebbe stata spazzata via diventando un califfato islamico.»