Un nuovo conflitto costituzionale tra Presidente della Repubblica e Governo.
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La vicenda di Eluana, suo malgrado, non finisce di interrogarci.
Si è appena finito di commentare il conflitto costituzionale fra potere giudiziario e potere legislativo, e si apre subito un nuovo fronte tra Governo e Capo dello Stato.
Quest’ultimo ha infatti bloccato un decreto legge approvato dal Governo, con il quale, in attesa dell’approvazione di una legge regolativa del cd. fine vita, si applicava un principio di precauzione, impedendo qualunque sospensione del sostegno vitale a soggetti non in grado di provvedere a sé stessi.
Non v’è dubbio che il potere di decretazione d’urgenza appartiene al Governo e che il Presidente della Repubblica (che deve “emanare” i decreti legge) ha un potere (sinora) ritenuto “formale” di mero controllo dei requisiti di necessità e d’urgenza e non “sostanziale”, ossia “sostitutivo” o “impeditivo” del potere governativo.
Basti pensare che anche in sede di promulgazione delle leggi il Presidente della Repubblica può solo rinviare il testo approvato dal Parlamento alle Camere, e se queste ultime riapprovano, la legge deve essere promulgata.
In sede di emanazione della decretazione d’urgenza non è previsto il medesimo procedimento e si ritiene che il Capo dello Stato non possa rifiutarsi di emanare un decreto legge, se non quando ritenga manifestamente assenti i presupposti di necessità e di urgenza previsti dalla Costituzione.
Mi chiedo: cosa sarebbe successo se il Governo avesse riapprovato il decreto, insistendo per l’emanazione (come per le leggi rinviate)? Probabilmente si sarebbe aperto un lungo processo costituzionale per conflitto tra poteri dello Stato, che non avrebbe risolto l’impasse dell’urgenza (se non a futura memoria).
Bene ha fatto – ritengo – il Governo a scegliere la strada del nuovo disegno di legge (ossia proporre il medesimo testo normativo al Parlamento per l’approvazione in tempi brevissimi, sempre che siano sufficienti). E di questo va dato atto al Presidente del Consiglio, che – di solito restìo a pronunciarsi su temi cd. di coscienza – questa volta ha deciso di fare tutto quanto nelle sue possibilità.
Ma il paradosso è significativo per valutare la presa di posizione sicuramente “decisa” del Presidente della Repubblica, che in tal caso ha impedito l’esplicazione della funzione governativa, richiamando – a legittimazione – alcuni precedenti (in tutto cinque o sei) dei suoi predecessori.
Ciò significa che solo in quei casi i Presidenti succedutisi (e solo a partire da Pertini e poi Cossiga) hanno utilizzato il descritto potere di veto. Ciò per dare una idea ed una proporzione al tipo di potere esercitato nel caso di specie. Peraltro in quei casi, rilevata riserva in ordine alla presenza dei requisiti di necessità e di urgenza, si sottolineava maggiormente appropriato presentare alle Camere un provvedimento di legge (ma in quei casi non vi era alcuna urgenza legata alla necessità di salvare una vita umana).
In particolare, per negare l’urgenza mi hanno colpito due frasi del Presidente.
“Rispetto allo sviluppo della discussione parlamentare non è intervenuto nessun fatto nuovo che possa configurarsi come caso straordinario di necessità ed urgenza” (evidentemente il fatto che sia iniziata la procedura irreversibile di “accudimento accompagnatorio all’exitus finale”, come l’ha definita il T.A.R. Lombardia, è stato ritenuto irrilevante, e definito – infatti – dallo stesso Presidente della Repubblica un mero “impulso suscitato dalla pubblicità e drammaticità del singolo caso”).
Ora, a parte il fatto in sé dell’irreparabile spegnersi di una persona, ma per quale motivo l’impulso “suscitato dalla pubblicità e drammaticità del singolo caso”, anche per il rilievo di partecipazione popolare che ha assunto, non dovrebbe essere sufficiente a giustificare una decretazione d’urgenza?
E ancora: “il fondamentale principio della distinzione e del reciproco rispetto tra poteri e organi dello Stato non consente di disattendere la soluzione che per esso è stata individuata da una decisione giudiziaria definitiva sulla base dei principi, anche costituzionali, desumibili dall'ordinamento giuridico vigente”.
Per affermare questo lo stesso Capo dello Stato deve fare un piccolo salto mortale e precisare che “decisione definitiva deve considerarsi anche un decreto emesso nel corso di un procedimento di volontaria giurisdizione, non ulteriormente impugnabile”. Il che è vero. Ma non precisa però che quel decreto, per sua natura (di volontaria giurisdizione) è comunque revocabile e modificabile in qualsiasi momento qualora cambino le condizioni che l’hanno determinato.
Peraltro i governi – soprattutto gli ultimi – hanno sempre operato mediante un copioso utilizzo della decretazione d’urgenza.
Ebbene, quanti altri decreti il (medesimo) Presidente della Repubblica dovrà d’ora in poi “non” emanare, utilizzando i medesimi criteri “sostanziali” utilizzati questa volta per stoppare il presente decreto?
Buona parte della odierna decretazione d’urgenza è finalizzata a “sanare” incertezze normative ex post; se bastasse una decisione giudiziaria “definitiva” (seppur in sede di volontaria giurisdizione) ad impedirne l’emanazione, d’ora in poi sarà tutta preclusa?
E vi è un ulteriore aspetto molto delicato. Il Capo dello Stato, nella lettera al Governo, fa anche riferimento al proprio rifiuto della sottoscrizione di decreti “per altro verso manifestamente lesivi di norme e principi costituzionali”.
Ora, in tal caso, si tratterebbe di un vero e proprio sindacato di merito sulla corrispondenza degli atti legislativi del Governo alla carta costituzionale, sindacato che peraltro è proprio della Corte Costituzionale e che il Presidente della Repubblica non potrebbe considerare se non nei suoi aspetti più macroscopici ed abnormi (il Mortati, uno dei maggiori e storici costituzionalisti, parlava delle sole ipotesi di “attentato alla Costituzione”).
Se il decreto in questione dovesse essere considerato tale, non potrebbe che riconoscersi un vero e proprio potere di veto del Capo dello Stato nei confronti del Governo (ed anche del Legislatore), diventando esso il depositario della corrispondenza della legislazione d’urgenza o meno alle norme costituzionali.
Ma ciò ci introdurrebbe probabilmente in una diversa forma di Stato (a connotazione più prettamente presidenzialista) che non pare consona agli equilibri della odierna carta costituzionale.
Avv. Stefano Spinelli, Cassazionista, Dottore di Ricerca in Diritto Costituzionale.