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Parigi e Lourdes, “di speranza fontana vivace” (Dante, Par. XXXIII, 12)

Fonte:
CulturaCattolica.it

I dittici erano preziose tavolette, unite a cerniera, decorate da immagini sacre. Servivano alla devozione personale o pubblica e a favorire la memoria. Benedetto XVI si è congedato dalla Francia descrivendo il suo viaggio come un dittico costituito da due pannelli: Parigi e Lourdes. Due luoghi inconciliabili per la mentalità comune, che il Papa, invece, ha unito perché ragione e fede non sono inconciliabili. Una cultura seriamente aperta, “non meramente positivistica” incline a rimuovere “nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio”. Un “atteggiamento filosofico”, che guarda oltre le cose ultime e si mette in ricerca di quelle vere”, salva la ragione, non la priva delle “sue possibilità più alte”, può vedere in Lourdes una “luce nell’oscurità del nostro brancolare verso Dio”. A Parigi, al Collège des Bernardins, ha raccontato come giovani monaci, in un momento difficile della storia europea, si siano riuniti nei monasteri per cercare Dio. Quaerere Deum: quando niente sembrava resistere alle invasioni e alle distruzioni, cercavano “ciò che vale e permane sempre”. Cercare Dio è il fondamento di ogni vera cultura, ha osservato il Papa. Ha descritto la nascita della teologia occidentale, la razionalità e l’universalità dell’esperienza cristiana letta nell’esperienza di ricerca, di studio della Parola di Dio e delle scienze profane compiuta da uomini che hanno “formato passo passo una nuova cultura”, la nostra cultura europea. Il canto e la preghiera liturgica, il lavoro sono stati strada alla bellezza, al gusto del vivere per questi uomini appassionati della ricerca del vero.
A Lourdes c’è “il sorriso di Maria” che non è “questione di sentimentalismo devoto o antiquato, ma giusta espressione della relazione viva e profondamente umana che ci lega a Colei che Cristo ci ha donato come Madre”. Questo sorriso è specchio della nostra dignità, che non ci abbandona mai, nemmeno nel momento della malattia, ha detto il Papa rivolgendosi ai moltissimi malati presenti. Il sorriso di una Presenza amorosa colma il vuoto quando le parole non bastano più, “quando la sofferenza prolungata rompe gli equilibri, scuote le più ferme certezze della fiducia e giunge a volte a far disperare del senso e del valore della vita”. Questo Papa infaticabile, che ogni volta stupisce i suoi ascoltatori, ha unito cuore e ragione: i due luoghi dove si insidiano le malattie di noi moderni. Cuori malati di solitudine, inaspriti da sofferenze esistenziali, da giornate senza sorriso, cuori che spesso si abbandonano a surrogati di felicità, a risposte facili ma disimpegnate. Il culto a Dio salva dal culto degli idoli, ha affermato, dona la libertà. Anche la ragione può costruirsi i suoi idoli, può insuperbirsi e non riconoscere il Logos, “presenza della Ragione eterna nella nostra carne. Verbum caro factum est: proprio così, nel fatto ora c’è il Logos, il Logos presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole. Certamente occorre sempre l’umiltà della ragione per accoglierlo”.
Il dittico francese infiammi la memoria, faccia sbocciare il sorriso, rinverdisca la speranza. “Sono tempi favorevoli a un ritorno a Dio”. Tempi per riprendere coraggio.

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