Condividi:

La gioia di comunicare la fede

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
La gioia di condurre all’incontro con Cristo un numero crescente di uomini e donne del nostro tempo

«Con gioia ed emozione, vi affido, carissimi Fratelli nell’Episcopato, a Nostra Signora di Lourdes e a santa Bernardette. La potenza di Dio si è sempre manifestata nella debolezza. Lo Spirito Santo ha sempre lavato ciò che era sordido, irrigato ciò che era arido, raddrizzato ciò che era sviato. Il Cristo Salvatore, che ha voluto fare di noi strumenti di comunicazione del suo amore agli uomini, non cesserà mai di farvi crescere nella fede, nella speranza, nella carità, per darvi la gioia di condurre a Lui un numero crescente di uomini e donne del nostro tempo» [Benedetto XVI, Alla Conferenza episcopale francese, 14 settembre 2008].

Crescere nell’immagine del Vescovo tracciata da Paolo
Insegnare, governare, santificare nella Chiesa - Una, Santa, Cattolica e Apostolica -, alla luce della Costituzione Lumen gentium (nn. 25-28) e del Decreto Christus Dominus è il triplice compito di ogni Vescovo: i Vescovi devono crescere senza posa nell’intento di essere sempre più “ospitali, amanti del bene, assennati, giusti, pii, padroni di se stessi, attaccati alla dottrina sicura, secondo l’insegnamento trasmesso” (Tt 1,8-9). Il popolo cristiano non può non guardare al proprio Vescovo se non con affezione e rispetto. Fin dalle origini la tradizione cristiana ha insistito su questo punto: “Tutti quelli che sono per Dio e per Gesù Cristo, sono con il Vescovo” scriveva sant’Ignazio di Antiochia (Ai Filad., 3,2), il quale aggiungeva pure: “Colui che il padrone di casa invia per amministrare la sua casa, noi dobbiamo accoglierlo come accoglieremmo colui che lo ha inviato” (Agli Efes. 6,1). La missione di ogni Vescovo, soprattutto spirituale, sta dunque nel creare le condizioni necessarie perché i fedeli possano, per citare di nuovo sant’Ignazio, “cantare ad una sola voce mediante Cristo un inno al Padre” (Ibid. 4,2) e in tal modo fare della sua vita un’offerta a Dio.

La catechesi non è innanzitutto una questione di metodo, ma di contenuto
Per far crescere in ogni battezzato il gusto di Dio e la comprensione del senso della vita, la catechesi riveste un’importanza fondamentale. Sono disponibili due strumenti principali, il Catechismo della Chiesa Cattolica e, siamo in Francia, il Catechismo dei Vescovi di Francia: costituiscono mezzi preziosi. Offrono infatti una sintesi armoniosa della fede cattolica e consentono di annunciare il Vangelo con fedeltà reale alla sua ricchezza. La catechesi non è innanzitutto una questione di metodo, ma di contenuto, come indica il suo stesso nome: si tratta di un’assimilazione organica (Kat - echein) dell’insieme della rivelazione cristiana, capace di mettere a disposizione delle intelligenze e dei cuori la Parola di Colui che ha dato la sua vita per noi. In questo modo, la catechesi fa risuonare nel cuore di ciascun essere umano un unico appello rinnovato senza posa: “Seguimi” (Mt 9,9). Una accurata preparazione dei catechisti consentirà la trasmissione integrale della fede, secondo l’esempio di san Paolo, il più grande catechista di tutti i tempi, al quale guardiamo con un’ammirazione particolare in questo bimillenario della sua nascita. In mezzo alle cure apostoliche egli esortava così: “Verrà giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole” (2 Tm 4,3-4). Consapevoli oggi del grande realismo delle sue previsioni, con umiltà e perseveranza ogni Vescovo si sforza di corrispondere alle sue raccomandazioni: “ Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna…con ogni magnanimità e dottrina” (2 Tm 4,2).

Le vocazioni sacerdotali e religiose meritano più che mai di essere incoraggiate
Per realizzare questo compito al Vescovo urgono collaboratori. Per questo motivo le vocazioni sacerdotali e religiose meritano più che mai di essere incoraggiate. “Sono stato informato - dice Benedetto XVI - delle iniziative che con fede vengono prese in questo settore e ci tengo a recare tutto il mio sostegno a coloro che non hanno paura, come ha fatto Cristo, di invitare giovani e meno giovani a mettersi al servizio del Maestro che è qui e chiama (Gv 11,28). Vorrei ringraziare calorosamente e incoraggiare tutte le famiglie, tutte le parrocchie, tutte le comunità cristiane e tutti i Movimenti di Chiesa, che sono il terreno fertile capace di dare il buon frutto (Mt 13,8) delle vocazioni. In questo contesto, non posso tralasciare di esprimere la mia riconoscenza per le innumerevoli preghiere dei veri discepoli di Cristo e della sua Chiesa. Vi sono tra loro sacerdoti, religiosi e religiose, persone anziane e malate, anche prigionieri, che per decenni hanno fatto salire a Dio le loro suppliche per dar compimento al comando di Gesù: “Pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38). Il Vescovo e le comunità di fedeli devono, per quel che le riguarda, favorire ed accogliere le vocazioni sacerdotali e religiose, poggiando sulla grazia che dona lo Spirito Santo in vista di porre in atto il discernimento necessario. Sì, carissimi Fratelli nell’Episcopato, continuate a chiamare al sacerdozio e alla vita religiosa, così come Pietro gettò le sue reti in adempimento dell’ordine del Maestro, pur avendo passato la notte a pescare senza prendere nulla(Lc 5,5).

Il sacerdozio è indispensabile alla Chiesa, nell’interesse dello stesso laicato
I sacerdoti sono un dono di Dio per la Chiesa. I sacerdoti non possono delegare le loro funzioni ai fedeli in ciò che concerne i loro propri compiti. “Cari Fratelli nell’Episcopato - ha continuato Benedetto XVI -, vi esorto a perseverare con ogni premura nell’aiutare i vostri sacerdoti a vivere in intima unione con Cristo. La loro vita spirituale è il fondamento della loro vita apostolica, Li esorterete pertanto con dolcezza alla preghiera quotidiana e alla degna celebrazione dei Sacramenti, soprattutto dell’Eucaristia e della Riconciliazione, come faceva san Francesco di Sales con i suoi preti. Ogni sacerdote deve poter sentirsi felice di servire la Chiesa. Alla scuola del Curato d’Ars, figlio della vostra Terra e patrono di tutti i parroci del mondo, non cessate di ridire che un uomo non può far nulla di più grande che donare ai fedeli il Corpo e il Sangue di Cristo e perdonare i peccati. Cercate di essere attenti alla loro formazione umana, intellettuale e spirituale, come anche ai loro mezzi di sussistenza. Sforzatevi, nonostante il carico delle vostre pesanti occupazioni di incontrarli regolarmente e sappiate riceverli come dei fratelli ed amici (LG 28, CD 16). I sacerdoti hanno bisogno del vostro affetto, del vostro incoraggiamento e della vostra sollecitudine. Siate loro vicini e abbiate un’attenzione particolare per coloro che sono in difficoltà, malati o anziani (CD 16). Non dimenticate che essi sono, come dice il Concilio Vaticano II riprendendo la stupenda espressione usata da sant’Ignazio di Antiochia nella lettera ai cristiani di Magnesia, “la corona spirituale del Vescovo” (LG 41).

Il culto liturgico è l’espressione più alta della vita sacerdotale ed episcopale, come anche dell’insegnamento catechetico.
La catechesi, come ogni attività di amore pastorale, non può non essere finalizzata all’incontro con la Persona di Gesù Cristo che accade nei sacramenti, l’Eucaristia e la Penitenza in particolare. Si tratta dell’incontro continuo che assimila a Cristo cioè che santifica, rende figli nel Figlio ed è indispensabile alla crescita della Chiesa e alla missione nel mondo. “Nel “Motu proprio” Summorum Pontificum - ha ricordato con tanto amore Benedetto XVI - sono stato portato a precisare le condizioni di esercizio di tale compito, in ciò che concerne la possibilità di usare tanto il Messale del Beato Giovanni XXIII (1962) quanto quello del Papa Paolo VI (1970). Alcuni frutti di queste disposizioni si sono già manifestati, e io spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi. Misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete giungere, in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti, così che la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente. Nessuno è di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire “a casa sua”, e mai rifiutato. Dio, che ama tutti gli uomini e non vuole che alcuno perisca, ci affida questa missione facendo di noi i Pastori delle sue pecore. Non possiamo che rendergli grazie per l’onore e la fiducia che Egli ci riserva. Sforziamoci pertanto di essere sempre servitori dell’unità!” della fede celebrata e quindi professata, vissuta e pregata.
Un problema che appare dappertutto di una particolare urgenza: è la situazione della famiglia
La coppia e la famiglia affrontano oggi delle vere burrasche. Le parole dell’evangelista a proposito della barca nella tempesta in mezzo al lago possono applicarsi alla famiglia: “Il vento gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena” (Mc 4,37). I fattori che hanno generato questa crisi sono ormai ben conosciuti. Da vari decenni le leggi hanno relativizzato in molti Paesi la sua natura di cellula primordiale della società. Spesso le leggi cercano più di adattarsi ai costumi e alle rivendicazioni di particolari individui o gruppi, che non di promuovere il bene comune della società. L’unione stabile di un uomo e di una donna, ordinata all’edificazione di un benessere terreno, grazie alla nascita di bambini donati da Dio, non è più, nella mente di certuni, il modello a cui l’impegno coniugale mira. Tuttavia l’esperienza insegna che la famiglia è lo zoccolo solido sul quale poggia l’intera società. Di più, il cristiano sa che la famiglia è anche cellula viva della Chiesa. Più la famiglia sarà imbevuta dello spirito e dei valori del Vangelo, più la Chiesa stessa ne sarà arricchita e risponderà meglio alla sua vocazione. “Conosco per altro - ha confermato Benedetto XVI -, ed incoraggio vivamente gli sforzi che fate per recare il vostro sostegno alle diverse associazioni che operano per aiutare le famiglie. Avete ragione di attenervi con fermezza, anche a costo di andare contro corrente, ai principi che fanno la forza e la grandezza del Sacramento del matrimonio. La Chiesa vuol restare indifettibilmente fedele al mandato che le ha affidato il suo Fondatore, il nostro Maestro e Signore Gesù Cristo. Essa non cessa di ripetere con Lui: “Ciò che Dio ha unito l’uomo non lo separi!” (Mt 19,6). La Chiesa non si è data da sola questa missione: l’ha ricevuta. Certo, nessuno può negare l’esistenza di prove, a volte molto dolorose, che certi focolari attraversano: Sarà necessario accompagnare le famiglie in difficoltà, aiutarle a comprendere la grandezza del matrimonio, e incoraggiarle a non relativizzare la volontà di Dio e le leggi della vita che Egli ci ha dato. Una questione particolarmente dolorosa, come sappiamo, è quella dei divorziati risposati. La Chiesa, che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubilità del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo. Non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime. L’esortazione apostolica Familiaris consortio ha indicato il cammino aperto da un pensiero rispettoso della verità e della carità”.

I giovani sono al centro delle preoccupazioni di ogni Vescovo
Il Papa ha ricordato ciò che è avvenuto a Sydney, nel corso della Giornata Mondiale della Gioventù. In quella rinnovata Pentecoste è stato visibile l’entusiasmo e la capacità di consacrarsi alla preghiera. Pur vivendo in un mondo che li corteggia e blandisce i loro bassi istinti, e portano essi stessi il fardello pesante di eredità difficili da assimilare, i giovani conservano una freschezza d’animo che rimanda all’origine della vita di ciascuno. Il Papa ha fatto appello al senso di responsabilità di ognuno, a far leva sempre sulla vocazione cioè sul nuovo orizzonte della vita e la direzione decisiva che l’incontro con Cristo nel Battesimo ha realizzato oggettivamente per sempre. “La nostra forza sta in ciò che Cristo vuole da noi”, ripeteva spesso il Cardinal Jean - Marie Lustiger. Benedetto XVI ha pure ricordato quello, che nel primo viaggio in Francia, Giovanni Paolo II ha avuto il coraggio di proclamare nel Parco dei Principi e che non ha perduto nulla della sua attualità, un proclama accolto con un dimenticabile calore e sotto un uragano di applausi: “La permissività morale non rende l’uomo felice”. “Il buon senso - ha rilevato Benedetto XVI - che ispirava la sana reazione del suo uditorio non è morto. Prego lo Spirito Santo di voler parlare al cuore di tutti i fedeli e, più generalmente, di tutti i vostri compatrioti, per dare loro - o per loro restituire - il gusto di una vita condotta secondo i criteri di una vera felicità”.

I presupposti socio - politici dell’antica diffidenza o persino ostilità del laicismo di origine francese svaniscono a poco a poco
Il Papa ha evocato l’originalità della situazione francese, assicurando il rispetto da parte della Santa Sede. Le Nazioni non devono mai accettare di veder sparire ciò che costituisce la loro specifica identità con rapporti indifferenziati. Si tratta di preservare e sviluppare la propria specifica cultura, senza lasciarsi mai assorbire dalle altre o affogare in una spenta uniformità. “La Nazione - ha detto Giovanni Paolo II nel Discorso all’Unesco del 2 giugno 1980 - è, in effetti la grande comunità degli uomini uniti tra loro da legami diversi, ma soprattutto precisamente dalla cultura. La Nazione esiste mediante ‘ la cultura e ‘ per ‘ la cultura, ed essa è perciò la grande educatrice degli uomini perché, nella comunità, possano “essere ancora di più”. Il mettere in risalto anche le radici cristiane della Francia permetterà ad ogni abitante di questo Paese di meglio comprendere da dove egli venga e dove egli vada. Di conseguenza, nel quadro istituzionale esistente e nel massimo rispetto delle Leggi in vigore, occorre trovare una strada per interpretare e vivere nel quotidiano i valori fondamentali sui quali si è costruita l’identità della Nazione. Il Presidente Sarkozy ne ha evocato la possibilità: “E’ legittimo per la democrazia e rispettoso della laicità dialogare con le religioni. Queste, e in particolare la religione cristiana, con la quale condividiamo una lunga storia, sono patrimonio di riflessione e di pensiero, non solo su Dio, ma anche sull’uomo, sulla società e persino su quella preoccupazione, oggi centrale, che è la natura e la tutela dell’ambiente. Sarebbe una follia privarcene, sarebbe semplicemente un errore contro la natura e contro il pensiero. E’ per questo che faccio appello ancora una volta a una laicità positiva. Una laicità che rispetti, una laicità che riunisca, una laicità che dialoghi. E non una laicità che escluda e che denunci”. Con questo intervento il Papa ha affermato che i presupposti socio - politici dell’antica diffidenza o persino ostilità svaniscono a poco a poco. La Chiesa non rivendica per sé il posto dello Stato. Essa non vuole sostituirglisi. E infatti una società basata su convinzioni, che si sente responsabile dell’insieme e non può limitarsi a se stessa. Essa parla con libertà e dialoga con altrettanta libertà nel desiderio di giungere alla edificazione della libertà comune. Grazie ad una sana collaborazione tra la Comunità politica e la Chiesa, realizzata nella consapevolezza e nel rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia di ciascuna nel proprio campo, si rende all’uomo un servizio che mira al suo pieno sviluppo personale e sociale.

Ecumenismo e dialogo interreligioso: conviene cominciare con l’ascolto, per poi passare alla discussione teologica ed arrivare infine alla testimonianza e all’annuncio della fede stessa
Segretariati, Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, Commissioni e Consigli presenti nella Conferenza Episcopale e nelle diocesi, testimoniano la volontà della Chiesa di andare avanti sviluppando un dialogo bilaterale. Il dialogo autentico, però, richiede, come condizione fondamentale, una buona formazione per coloro che lo promuovono e un discernimento illuminato per avanzare a poco a poco nella scoperta della Verità. L’obiettivo dei dialoghi ecumenico e interreligioso, differenti naturalmente nella loro natura e nelle finalità rispettive, è sempre la ricerca e l’approfondimento della Verità. Si tratta di un compito nobile e obbligatorio per ogni uomo di fede, perché Cristo stesso è la Verità. La costruzione di ponti tra le grandi tradizioni ecclesiali cristiane e il dialogo con le altre tradizioni religiose esigono un reale impegno di conoscenza reciproca, perché l’ignoranza distrugge più che costruire. D’altra parte, non v’è che la Verità che permette di vivere autenticamente il duplice comandamento dell’amore che ci ha lasciato il nostro Signore. Certo, è necessario seguire con attenzione le diverse iniziative intraprese e discernere quelle che favoriscono la conoscenza e il rispetto reciproci, così come la promozione del dialogo, ed evitare quelle che conducono in vicoli ciechi. La buona volontà non basta. “Sono convinto - ha affermato Benedetto XVI - che convenga cominciare con l’ascolto, per poi passare alla discussione teologica ed arrivare infine alla testimonianza e all’annuncio della fede stessa. Lo Spirito Santo vi doni il discernimento che deve caratterizzare ogni Pastore. San Paolo raccomanda: “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1 Ts 5,21). La società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa nella quale viviamo, è un’opportunità che il Signore ci offre di proclamare la Verità e di esercitare l’Amore, nell’intento di raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al di là dei limiti della Chiesa visibile”.

Ora, è soprattutto per una vera liberazione spirituale che conviene lavorare
Benedetto XVI si è rifatto all’esperienza di aver presieduto le cerimonie commemorative del sessantesimo anniversario dello sbarco in Normandia e di aver constato l’attaccamento dei figli di Francia alla terra dei loro antenati. La Francia celebrava la liberazione temporale, al termine di una guerra crudele che aveva fatto innumerevoli vittime. “Ora - ha concluso Benedettoi XVI -, è soprattutto per una vera liberazione spirituale che conviene lavorare. L’uomo ha sempre bisogno di essere liberato dalle sue paure e dai suoi peccati. L’uomo deve senza sosta imparare o re- imparare che Dio non è suo nemico, ma suo Creatore pieno di bontà. L’uomo ha bisogno di sapere che la sua vita ha un senso e che egli è atteso, al termine della sua permanenza sulla terra, a prendere parte senza fine alla gloria di Cristo nei cieli. Vostra missione è di condurre la porzione di Popolo di Dio affidata alle vostre cure a riconoscere questo termine glorioso. Vogliate accogliere qui l’espressione della mia ammirazione e della mia gratitudine per tutto quello che fate nell’intento di progredire in questo senso. Siate certi della mia preghiera quotidiana per ciascuno di voi. Vogliate credere che non cesso di domandare al Signore e alla sua Madre di guidarvi sulla vostra strada”.

Vai a "L'insegnamento del Papa oggi"