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Il sangue dei giusti

Autore:
Guastalla, Guido
Pubblichiamo questa lettera del nostro amico Guido Guastalla al Vescovo Mons. Giusti, in occasione del barbaro assassinio del Vescovo di Mosul, e un suo articolo sulla tragica morte dei giovani ebrei

Caro Monsignor Giusti,

l’uccisione di monsignor Paulos Faraj Raho, il cui corpo senza vita è stato ritrovato non lontano da Mosul, ci riempie di l’animo di dolore. Mosul è stata una città tollerante dove musulmani, ebrei e cristiani hanno vissuto per millenni gli uni accanto agli altri. Prima gli ebrei, oggi i cristiani vengono espulsi, in mezzo a sofferenze indicibili, che giungono fino al martirio, alla testimonianza cioè del nome di Dio con l’offerta della vita.
Il mondo purtroppo, distratto da mille altri problemi, dal suo benessere materiale, dal suo consumismo sfrenato riserva poca attenzione a questa tragedia che rischia di travolgere i valori del rispetto, del dialogo della convivenza.
In questo momento il martirio degli otto studenti di Gerusalemme si saldano a quello del vescovo di Mosul: che la loro memoria possa essere in benedizione di tutti gli uomini di buona volontà
Desidero tramite mio, trasmettere alla Sua comunità di credenti la partecipazione più sentita, la compassione della nostra intera comunità ebraica, la capacità cioè di condividere la vostra sofferenza che, riguardando un uomo, coinvolge tutti gli uomini di buona volontà.
Domani per lo Shabbat eleveremo all’Onnipotente una preghiera speciale in onore di Monsignor Rahho.
Voglia cogliere in questo gesto un segno della grande amicizia che ci accomuna nella fede dell’Unico Dio.

Guido Guastalla
Assessore alla cultura
Comunità ebraica di Livorno

Questi sono i nomi degli otto studenti uccisi a Gerusalemme nella yeshivà Merkaz HaRav: Yochai Lipshitz HYD, 18 anni, di Gerusalemme; Neria Cohen HYD, 15 anni di Gerusalemme; Yonosan Ytzchak Eldar HYD, 16 anni di Shilo; Yonadav Chaim Hirschfeld HYD, 19 anni di Kochav Hashachar: Roie Roth HYD, 18 anni di Elkana; Segev Peniel Avichayil HYD, 15 anni di Neve Daniel; Avraham Dovid Moses HYD, 16 anni di Efrat; Doron Tronoch HYD, 26 anni di Ashdod.
Dare loro un nome, il loro nome, significa santificarli come persone, sottrarli all’anonimato a cui il loro carnefice voleva costringerli, restituire quella dignità e quella umanità così importanti e fondamentali per chi crede nella santità e nella sacralità della vita. Sulle pareti della sinagoga Pinkas di Praga, così come nei luoghi dell’olocausto ebraico nell’Europa orientale e nella sala centrale dello Yad Vashem di Gerusalemme i nomi dei martiri sono elencati con la minuzia scrupolosa di chi vuol restituire loro, nel ricordo dei vivi, la dignità di una esistenza umana recisa da una malvagità assoluta ma altrettanto umana.
Le aule di una yeshivà non sono mai vuote, neppure di notte, e quelle della Merkaz HaRav non facevano eccezione. Fondata dal rabbino Avraham Hitzchak Hacohen Kook nel 1924 si distingueva da quelle ultraortodosse perché si fondava sull’ insegnamento che per lui era il comandamento più importante: “vivere nella terra di Israele”. Da qui sono usciti i leader più prestigiosi del sionismo religioso nel dopoguerra: questa azione assume quindi il significato simbolico di un attacco ai fondamenti etico-religiosi di cui si sostanzia il diritto all’esistenza di Israele; non è un caso che anche nelle sue ultime dichiarazioni Tariq Ramadan, nel riconoscere l’esistenza (di fatto) di Israele non fà parola del suo diritto ad esistere!
Wiesel parlando di Rashi (forse il più grande commentatore medioevale vissuto all’epoca della prima crociata) riporta le sue parole di commento alla Genesi: “Popoli del mondo state attenti! Cristiani e musulmani stanno facendo una guerra per un pezzo di terra? Quella terra non appartiene a nessuno di loro, ma al popolo di Israele”. Anche allora, durante i pogrom e le persecuzioni nei centri di studio e di preghiera, vecchi insegnanti e appassionati discepoli, giorno e notte, fino all’ultimo respiro si immersero nello studio della Torah e del Talmud. A pochi passi di distanza, barbari esagitati, ebbri del di odio e di sangue affilavano i coltelli. Conclude Wiesel: “Questo fu il nostro modo di lasciare un messaggio alle generazioni future: gli assassini hanno fatto il loro mestiere, e noi il nostro”. Sono passati quasi novecento anni e tutto sembra rimasto immutato: gli assassini continuano a fare il loro mestiere, a gioire della morte che si danno e che procurano, e i maestri e gli allievi delle yeshivot continuano a studiare il Talmud, dove il grande Hillel al pagano che voleva apprendere l’intera Torah, rapidamente, nel tempo che riusciva a stare in piedi su un piede solo risposte: “Quel che non vuoi che gli altri facciano a te, non farlo agli altri”.
Rashi dice Wiesel è innanzitutto una celebrazione della memoria e: “Il futuro dell’umanità è radicato nella memoria”.
Ma l’Europa e l’Occidente sembrano essersi dimenticatì della memoria. Nonostante le parole appassionate di Oriana Fallaci, di Magdi Allam, di Giuliano Ferrara e di tanti altri, l’Europa sembra che preferisca guardare da un’altra parte, distratta dai suoi affari e interessi, immemore di quel tradimento dei chierici su cui Julien Benda scrisse una indimenticabile invettiva negli anni trenta e dei tragici disastri della seconda guerra mondiale, culminati nella Shoah.
Mentre l’Iran di Achmanjdejad, affila i coltelli dell’olocausto nucleare e nel frattempo arma le mani di Hetzbollah e Hamas di missili e terroristi suicidi, noi condanniamo la vittima perché, a nostro parere, eccede nella legittima difesa e continuiamo a guardare da un’altra parte e ad occuparci dei nostri affari che ci sembrano comunque più importanti.
Svegliati Europa, svegliati Occidente! Se non riprendiamo in mano i valori, quei valori giudaico-cristiani, greco-romani, medioevali, umanistici e illuministici che dalla Torah al Vangelo, da Socrate a Platone, da Aristotile a Seneca, da Agostino a Tommaso, da Maimonide a Bacone, da Machiavelli a Hobbes, da Cartesio a Spinoza, da Locke a Hume, da Kant fino ai maestri dei nostri giorni come Popper, Hayeck, Strass, che hanno segnato il percorso difficile, drammatico e doloroso attraverso cui siamo giunti alla definizione dei diritti universali dell’uomo, naturali e indisponibili, la nostra civilizzazione è arrivata al capolinea. In chi attacca, distrugge e semina morte nei luoghi di culto, di studio e di preghiera deve essere individuato il nuovo odio che animava i criminali nazisti. Il nemico non si combatte più in quanto tale ma come incarnazione del male assoluto che deve essere estirpato, sradicato, annullato. L’Occidente non si illuda; per l’islamismo fondamentalista oggi Israele, domani l’Europa e l’Occidente tutto.

Guido Guastalla
Assessore alla cultura
Comunità ebraica Livorno

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