Cosa c'è dietro al timore che la Chiesa non paghi l'ICI?
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Il dibattito politico in queste settimane si è arricchito di interessanti spunti nell’ambito del rapporto tra Stato e Chiesa.
In particolare è tornata a galla una questione, quella dell’applicazione dell’ICI sugli immobili istituzionali della Chiesa che è molto simile al movimento di una giostra del luna park, ad ogni tornata viene sferrato l’attacco allo scalpo.
In verità si tratta di una bufala clamorosa ed è stucchevole il fatto che dei mass media che si occupano di politica, se non addirittura che alcuni parlamentari e, in particolare, un sottosegretario all’Economia, pongano la questione sotto una luce, per così dire, effimera.
Per esempio l’onorevole Cento ha manifestato in un’uscita il ‘bisogno’ di rivedere alcuni privilegi accumulati nel tempo dalla Chiesa e ciò la dice lunga circa un certo modo di pensare.
Andando però con ordine è il caso di fare chiarezza sulla questione ICI.
Questa imposta, istituita nel 1992 dall’allora ‘governo Amato’, è sempre stata scontata dai soggetti giuridici religiosi per le loro attività prettamente commerciali (per esempio nel caso di immobili dati in locazione, o nell’esercizio di bar o cinema e via di seguito), mentre nel caso di immobili adibiti ad attività istituzionali (le Chiese, gli oratori, le scuole, le mense della Caritas, ecc) il tributo era ed è, giustamente, esentato nella sua applicazione, così come avviene per immobili con le stesse finalità di proprietà dello Stato o di altri soggetti non-profit o, per parlare di confessioni religiose, di tutte quelle riconosciute dallo Stato Italiano.
Senonchè, siccome l’Italia è la patria dell’interpretazione delle leggi ma, non della loro applicazione, una sentenza della Corte di Cassazione del 2004, creava una possibilità di contenzioso a proposito dell’attività di ospitalità di un ente religioso che gestiva un ospedale e una scuola.
In questo caso il governo interveniva chiarendo la norma con un decreto che recita e ribadiva ‘sono esenti da ICI gli immobili di enti ecclesiastici utilizzati per attività assistenza, beneficenza, istruzione, educazione e cultura, pur se svolte in forma commerciale, se connesse a finalità di religione o di culto’.
Da quel momento in poi alcuni dei principali media nazionali, Corriere della Sera e Repubblica in primis, a reti unificate, facendo un gioco evidentemente corale ed interessato, iniziavano a parlare di un favore fatto dal ‘governo Berlusconi’ alla Chiesa Cattolica.
Tornando quindi al ‘bisogno’ dell’Onorevole Cento, per capire come esattamente stanno le cose, bisogna fare un altro salto all’indietro nel tempo, a circa due anni fa, all’epoca del referendum sulla legge 40, quando dopo la debacle clamorosa, livore e la rabbia vennero manifestati da chi parlò di urgenti provvedimenti da prendere nei confronti della Chiesa Cattolica ed in particolare di una revisione concordataria da attuare in caso di affermazione elettorale.
Facendo poi mente locale ai plurimi attacchi sferrati alla Chiesa nell’ultimo anno, dalla pedofilia ai Dico, dall’opera del Papa al non intervento nella politica dai parte dei sacerdoti, ci rendiamo conto che l’attenzione che le è riservata non è tanto legata ad un problema di agevolazioni fiscali ma, più propriamente di libertà di espressione e di magistero, e questo rispetto all’uscita dell’onorevole Cento è tutto un altro discorso.