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Chiesa e ICI: pagherete caro pagherete tutto

Autore:
Clerici, Colombo Achille

In merito al tema che in questi giorni vivacizza il panorama politico, stiamo parlando della richiesta della UE, in merito ai presunti "favori" fatti dallo Stato Italiano alla Chiesa in materia fiscale, ed in particolare in materia di Imposta Comunale sugli immobili (ICI), abbiamo sentito Achille Colombo Clerici - Presidente Assoedilizia Milano, che ci ha fornito alcune utili precisazioni utili a comprendere come dietro al tanto sbandierato “favoritismo” nei confronti della Chiesa, vi sia in realtà la volontà di colpire “economicamente” non solo la Chiesa in quanto luogo di culto, ma anche in quanto luogo di accoglienza, e di intervento sociale.

L'attacco alla Chiesa Cattolica, sulla questione delle esenzioni ICI, avviene all'ombra di un'Europa laicista e laica, che è riuscita a mettere sullo stesso piano, nel Preambolo della Costituzione, le confessioni religiose e le cosiddette organizzazioni filosofiche.
Un'Europa dei burocrati e non dei popoli, lontana dalla cultura, dal sentimento, dall'ordinamento italiano; un'Europa alla quale il nostro paese sta indolentemente assuefacendosi.
Se però, si deve discutere di revoca delle esenzioni per gli immobili ecclesiastici destinati a fini istituzionali, occorre tenere presente che il discorso si estende inesorabilmente alle esenzioni previste per tutti i soggetti che esercitano attività, funzioni, ruoli di interesse pubblico e sociale.
Quindi, seguendo la stessa logica, non solo le onlus private, ma anche lo stato (scuole-università, caserme, uffici pubblici, mense, ospizi, strutture assistenziali, uffici postali, stazioni ferroviarie, tribunali, ecc...) e tutte le pubbliche istituzioni dovranno pagare l'ICI ai comuni.
Così, secondo la legge istitutiva che disciplina il regime di esenzione, dovrebbero essere tenute a pagare l'ICI le regioni, le unità sanitarie locali, le istituzioni sanitarie pubbliche autonome cioè gli ospedali, le camere di commercio (che sono esenti, pur esercitando una funzione di rappresentanza di attività commerciali per definizione), gli stati esteri, per i fabbricati di proprietà.

Occorre spiegare al popolo italiano (perché non è assolutamente chiaro) che gli enti ecclesiastici la pagano eccome l'ICI, su tutti i beni cosiddetti a reddito: destinati, in altri termini, all'esercizio di attività commerciali.
Soggetti ad ICI sono ristoranti, alberghi, case concesse in locazione, uffici e magazzini.

Con i proventi di tali immobili (soggetti alle ordinarie imposte sui redditi ed all'ICI) gli enti religiosi provvedono in parte al finanziamento delle attività rientranti tra i compiti istituzionali.
Si tenga presente che il medesimo regime tributario vige anche per lo Stato, le regioni, le ASL, le camere di commercio i cui immobili non sono, per definizione, esenti da ICI; ma lo sono solo se ed in quanto non siano fabbricati "a reddito" al pari di quelli appartenenti agli enti ecclesiastici.

Quando dunque l'UE vuol indagare sui fabbricati della chiesa che non pagano l'ICI, in definitiva vuole occuparsi di quelli che attualmente sono destinati a fini istituzionali.
L'equivoco nasce dal fatto che l'attività istituzionale della Chiesa, come quella di ogni confessione convenzionata con lo Stato Italiano, non si esaurisce nei riti e nelle liturgie, ma comprende una serie di attività (carità, missionarietà, educazione) che sono svolte all'interno di strutture edilizie a ciò riservate.

Sicché, di fatto, gli immobili sui quali l’UE si riduce ad indagare, al di là di ogni dichiarazione in senso contrario, pur non essendo quelli destinati direttamente alla celebrazione dei riti e delle liturgie, sono pur sempre quelli in cui si esercitano attività che la Chiesa e lo Stato ritengono rientrare tra i compiti istituzionali della stessa: ad esempio gli oratori, i convitti per bisognosi e pellegrini, i centri di missionarietà, e di accoglienza, gli ospizi ed i refettori per i poveri, le case di riposo per anziani, indigenti e simili.

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