Viaggio in Cina
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Siamo in un momento amaro e difficile: il Santo Padre, aggredito dalle minacce dei seminatori di odio, lasciato solo dall’Occidente, il barbaro assassinio di Suor Leonella in Somalia...
Per il Santo Padre, per le aggressioni che sta subendo lasciato solo dell’Occidente, e per suor Leonella, CulturaCattolica.it è già intervenuta, anche se occorrerà insistere sull’argomento: commovente e da seguire, l’invito di ieri a pregare per «Pietro – Benedetto».
Per rendere un poco più amaro e difficile questo momento c’è poi l’estemporanea iniziativa di Romano Prodi che ignorando le prese di posizione del Parlamento europeo sui diritti umani in Cina non si preoccupa più di tanto dei perseguitati e discriminati dal regime: posizione di fatto, sia pure con linguaggio diplomatico, smentita e stigmatizzata dall’Unione europea.
Una costante della politica europea, sia della Commissione, sia del Parlamento, dopo “i fatti di piazza Tienanmen” del 1989, è stato il mantenimento dell’embargo sulle forniture di armi alla Cina, come “sanzione” contro le flagranti e gravi violazioni dei diritti umani. Sanzione più politica che altro, confermata dal Parlamento europeo il 2 febbraio di quest’anno, e richiamata il 7 settembre in una risoluzione sui rapporti UE – Cina di cui Culturacattolica.it ha dato notizia il giorno 11 scorso, vista la rilevanza dei riferimenti alla persecuzione religiosa in Cina.
Per dimostrare e documentare tutto ciò, in allegato qui di seguito si riportano alcuni significativi articoli della risoluzione citata.
Prodi in Cina che cosa ha fatto? Ha dichiarato che l’Italia è favorevole all’annullamento dell’embargo sulla fornitura di armi perchè di diritti umani si è cominciato a parlare (sic!) e l’Italia sosterrà questa proposta in sede UE.
Fonti europee a Bruxelles hanno rilevato il contrasto con le posizioni sino ad ora sempre confermate, affermando che per ciò che riguarda il rispetto dei diritti umani occorrono fatti concreti prima di rivedere la posizione. Certo Prodi, che si vanta di aver riportato l’Europa al centro della politica italiana, dopo un richiamo formale alle posizioni europee, le ha ignorate.
Perché lo ha fatto? Difficile rispondere; certo è che citato il tema dei diritti umani, indipendentemente dai risultati, Prodi ha ritenuto di aver tacitato l’opinione pubblica, apparendo come il paladino della democratizzazione in Cina, si è ingraziata la Dirigenza cinese, e ha cercato di ampliare il rapporto d’affari con quel Paese. Chi ha responsabilità di governo deve fare i conti con il realismo politico, deve cercare di ampliare rapporti commerciali con un mercato immenso, ma nessuno degli Stati europei che commerciano assai più di noi con la Cina, come la Germania e la Francia ad esempio, si è mai impegnato per la revoca della sanzione. Quanti sono stati liberati dai campi di lavoro forzato (laogai)? Quando in Cina sarà consentito alla coppie di avere più di un figlio? Quando un Cinese potrà collegarsi ad internet? Quando potranno esserci Sindacati liberi, Partiti politici, organi d’informazione indipendenti? Quanti Vescovi incarcerati sono stati prosciolti? Questa disinvoltura più che realismo politico sembra cinismo; per avere successo, o per protagonismo, oppure per consolidamento del potere? Difficile dirlo. La risoluzione del Parlamento europeo che detta le linee guida alle quali dovrà attenersi la Commissione europea nel prossimo vertice UE – Cina, elenca chiaramente quali e quanti drammi l’Italia ha ritenuto di poter considerare superati perché si è “cominciato a parlarne”.
Risoluzione del Parlamento europeo sulle relazioni UE- Cina approvata il 07 – 09 – 2006: stralci
Visto
- visto l’embargo sulle armi decretato dall’UE dopo la repressione di Tienanmen del giugno 1989, embargo che il Parlamento europeo ha appoggiato nella risoluzione del 2 febbraio 2006 sugli aspetti principali e le scelte di base della Politica estera e di sicurezza comune,
Considerando
- considerando che l’accettazione della politica di “una sola Cina” si trova alla base del rispetto di una soluzione pacifica della questione di Taiwan attraverso un dialogo costruttivo,
- considerando che durante la sessione del decimo Congresso nazionale del popolo (5-14 marzo 2006) un portavoce della Suprema corte popolare ha dichiarato che la Cina non abolirà la pena di morte, che è oggetto delle critiche della comunità internazionale, in quanto la Repubblica Popolare Cinese (RPC) è ancora un paese in via di sviluppo nella fase iniziale del socialismo,
- considerando che il numero di esecuzioni capitali in Cina è coperto dal segreto di stato ma che, secondo le stime fornite da giuristi cinesi, le persone che muoiono in questo modo sono ogni anno circa 8.000,
considerando che la Repubblica Popolare Cinese ha introdotto nel 1976 la “politica del figlio unico”, attualmente oggetto di un dibattito che si articola attorno al curioso interrogativo “la Cina invecchierà prima di diventare ricca?”, - considerando che giungono continuamente notizie inquietanti di casi di carcerazione politica, in particolare di appartenenti a minoranze religiose ed etniche, di presunte torture, di ricorso diffuso al lavoro forzato, di applicazione frequente della pena di morte e di repressione sistematica delle libertà di religione e di espressione nonché della libertà dei media, compresa Internet,
- considerando che il 14 marzo 2006 l’agenzia Reuters e la BBC hanno riferito di una lettera aperta, datata 2 marzo 2006, in cui vari ex alti funzionari del partito comunista cinese criticano l’inasprimento della censura sulla stampa,
Situazione interna
27. condivide pienamente le conclusioni formulate nel Libro bianco citato in precedenza, secondo cui sarà necessario rafforzare ulteriormente la nozione di democrazia e la consapevolezza dei concetti giuridici in seno alla società cinese nel suo complesso;
29. osserva che la sicurezza sociale, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, il diritto di associazione sindacale, le relazioni industriali e il dialogo sociale rappresentano le sfide principali per il futuro della Cina; invita la Cina a ratificare le convenzioni fondamentali dell’Organizzazione mondiale del lavoro, …
30. è del parere che la negazione del diritto di costituire sindacati indipendenti sia controproducente, tenuto conto delle crescenti proteste e dimostrazioni poste in atto in tutta la Cina dai lavoratori contro i licenziamenti forzati, il mancato pagamento dei salari e di altre prestazioni …
31. richiama l’attenzione sul problema sempre più grave del lavoro infantile in Cina e sulle condizioni di lavoro deleterie cui sono soggetti i lavoratori minorenni nel paese …
32. esprime la propria preoccupazione per la spaventosa discriminazione socioeconomica di cui sono vittime, in Cina, 150 milioni di lavoratori …
Diritti umani
45. prende atto del fatto che la politica cinese “del figlio unico” ha portato a uno squilibrio nella distribuzione della popolazione; sollecita la Cina a riconoscere che il futuro equilibrio tra fasce attive e non attive della popolazione avrà considerevoli effetti economici;
48. sottolinea che ai cittadini cinesi dovrebbero essere giuridicamente riconosciuti i diritti fondamentali e sollecita i tribunali a risolvere pienamente le ingiustizie palesi sulla base della Costituzione, seguendo così una buona
prassi giudiziaria che, peraltro, va via via diffondendosi;
richiama l’attenzione sul fatto che lo Stato deve astenersi dal regolamentare la religione e le relative espressioni; afferma la necessità di una legislazione dettagliata in materia religiosa, che risponda alle norme internazionali e garantisca un’effettiva libertà religiosa, in particolare alla luce delle discussioni tra i funzionari cinesi circa la definizione di “religione”, e soprattutto di “religione legale”;
50. deplora la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dall’articolo 36 della Costituzione, e le costanti ingerenze dello Stato nella vita interna delle comunità religiose, specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto;
51. invita il Consiglio a informarlo delle misure prese per dare seguito alla dichiarazione contenuta nella risoluzione dell’8 settembre 2005 riguardante la sorte di vari vescovi incarcerati nella Repubblica Popolare Cinese a motivo delle loro convinzioni religiose;
52. prende atto con rammarico della grave violazione della libertà religiosa provocata dalle recenti illecite ordinazioni episcopali (30 aprile 2006, Kunming - Yunnan; 3 maggio 2006, Wuhan - Anhui);
53. considera queste ordinazioni lesive della disponibilità ancora recentemente ribadita dalle autorità cinesi ad assicurare un dialogo onesto e costruttivo tra RPC e Santa Sede; sottolinea pertanto la necessità del rispetto della libertà della Chiesa e dell’autonomia delle sue istituzioni da qualsiasi ingerenza esterna;
56. esprime profonda preoccupazione per le dichiarazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, il quale afferma che la tortura continua ad essere prassi diffusa in Cina;
61. deplora il recente giro di vite dei funzionari cinesi sugli avvocati difensori, volto a soffocare le contestazioni legali della loro autorità;
62. respinge il sistema Ankang di ospedali psichiatrici gestiti dalla polizia, diffusi su tutto il territorio nazionale, per i dissidenti politici e sociali;
63. condanna in particolare l’esistenza, in tutto il paese, dei campi di lavoro laogai, in cui la Repubblica Popolare Cinese detiene attivisti democratici, attivisti sindacali e membri delle minoranze, privati di un giusto processo e costretti a lavorare in condizioni spaventose;
64. condanna in particolare l’esistenza, in tutto il paese, dei campi di lavoro laogai, in cui la Repubblica Popolare Cinese detiene attivisti democratici, attivisti sindacali e membri delle minoranze, privati di un giusto processo e costretti a lavorare in condizioni spaventose.