Siamo tutti Nazareni
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(Louis Sako, Arcivescovo caldeo di Kirkuk. Da Tribolati, ma non schiacciati, di Rodolfo Casadei)

Anche noi di CulturaCattolica.it, la nostra parte. Anche io, la mia. Partecipiamo, in comunione con tutta la Chiesa, alla preghiera per i nostri fratelli cristiani perseguitati. Abbiamo posto la N araba di “Nazareni” accanto ai nostri volti nei profili su Twitter perché non basta, a volte, averla scolpita nel cuore. Deve essere visibile. Diamo risalto, dal nostro sito, a ciò che sta accadendo in Iraq e a tutte le azioni in atto contro questo terribile genocidio. Cerchiamo, nella vita e dunque anche qui, di tenere desta la coscienza, convinti che ciascuno possa (debba!) fare la propria parte.
Poiché la Chiesa è Corpo di Cristo, se un membro soffre, la sofferenza interessa tutti gli organi e dunque il dolore, la persecuzione, la morte in Iraq ci riguarda. Riguarda tutti, nessuno escluso.
Anche se non siamo politici né militari né volontari in procinto di partire per missioni umanitarie.
Queste storie ci riguardano più da vicino di quanto possiamo immaginare.
Me l’ha ricordato Rodolfo Casadei, inviato speciale di Tempi. L’abbiamo invitato un anno fa a Portogruaro perché ci raccontasse di quegli uomini, di quelle donne, dei vecchi, dei bambini che ha incontrato negli anni e che portano nella carne le tribolazioni causate dalle persecuzioni (rapiti, sgozzati, crocifissi, bruciati…) nel silenzio indifferente e talvolta complice della politica e dei media.
Ho ripreso in mano in questi giorni il suo Tribolati ma non schiacciati. Storie di persecuzione, fede e speranza e credo dovremmo leggerlo (o rileggerlo) tutti perché non è solo racconto e denuncia di ciò che subiscono, oggi, i cristiani nel mondo, ma l’incontro con martiri, che nel significato etimologico significa testimoni. E ci ricorda come, così distanti da quelle terre, è però necessario imparare da quelle storie.
Così scrive, Rodolfo Casadei, nell’introduzione: «Non si poteva non restare affascinati dallo spettacolo della santità capace di suscitare una speranza più forte della tristezza di fronte a tanto male. La speranza che anche la nostra tiepida fede, se messa alla prova e soccorsa dalla Grazia, saprebbe innalzarsi fino all’amore per Cristo al rischio o al prezzo della vita».
In questo libro, dunque, leggerete la storia di Adam, 3 anni, che ha gridato decine di volte «basta!» mentre cinque terroristi profanavano la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad il 31 ottobre 2010 e massacravano 57 persone, delle quali 45 erano cristiani che stavano partecipando alla Messa. Adam, «un Gesù crocifisso da bambino». Leggerete la storia di padre Wassim e di padre Tahir, che proprio come padre Massimiliano Kolbe, che abbiamo ricordato ieri, si sono offerti come ostaggi facendo scudo ai fedeli in chiesa. Leggerete la storia dell’arcivescovo di Mosul monsignor Pailos Faraj Rahho, che è rimasto al suo posto nonostante le ripetute minacce ed è poi morto durante il rapimento, e del suo successore monsignor Amel Nona, all’epoca costretto a camuffarsi pur di poter celebrare Messa in certe zone della città. Questo, il suo motto episcopale: «Sappiate sempre rendere ragione della speranza che è in voi».
Leggerete anche la storia di padre Saad Sirop Hanna, ai tempi del rapimento parroco di San Giacomo a Dora, in Iraq. Incontrerete un prete, un uomo dal carattere irriducibile, che dimostrò il coraggio di replicare ai suoi rapitori e di discutere da pari a pari con loro come se fosse una persona libera, perché «quando un cristiano vive la sua fede, i musulmani restano colpiti dalla sua testimonianza». Libero lo era davvero: nel cuore.
Il suo rapimento avvenne il 15 agosto 2006, esattamente otto anni fa, ed è per questo che lo cito oggi che la Chiesa celebra la festa dell’Assunzione di Maria, oggi che tutta la Chiesa prega per i cristiani perseguitati. E’ il fiat libero e umile di questa giovane donna che dobbiamo seguire; è l’affezione totale a Cristo testimoniata da questo sacerdote coraggioso e dai tanti nostri fratelli cristiani che stanno morendo in Suo nome che ci indica la strada.
E allora leggiamolo, questo libro. Leggiamo le storie che gli inviati in Iraq e nelle terre martoriate non si stancano di raccontare per dare voce a chi non ha voce. Non è cronaca appena: il dolore di quegli uomini, di quelle donne, di quei vecchi, di quei bambini bussa alle nostre coscienze e le interroga. Ci interpella. Noi che diamo per scontata la libertà di professare la nostra fede. Che non sappiamo o non vogliamo dare ragione della speranza che anima le nostre giornate. Guardiamo in faccia queste storie di persecuzione, di fede, di speranza, perché, come scrive Casadei, «ogni essere umano, credente o non credente, è investito dal potere liberante dell’azione corredentrice dei martiri. L’unica condizione è riconoscere la nostra unità con loro, più forte dei nostri limiti e delle nostre fragilità… I martiri cristiani sono Cristo che si sacrifica oggi per noi, e che ci redime. Sono i corredentori del mondo contemporaneo». Anche della nostra tiepida fede.