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Presenza e giudizio. Il nostro manifesto

Fonte:
CulturaCattolica.it

“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso”. Abbiamo incontrato Gesù Cristo e ne siamo fieri, e non per un nostro merito, ma per quella grazia che ci ha rivelato il segreto della vita.
La fede, il riconoscimento grato di Gesù Cristo presente, ci rende presenti nella storia. Ed è la nostra persona che in gioco, in un indomabile desiderio di consapevolezza di giudizio, su tutto, che ci rende appassionati e creativi in ogni circostanza.
Abbiamo letto, nella “Vita di Don Giussani”, che la caratteristica del carisma è “una insopprimibile tensione al giudizio, una passione per il rendersi ragione di tutto… La fede è un giudizio nuovo su tutto quello che accade” (pagina 989).
Ci siamo per questo, perché l’esperienza avvincente della fede sia luce dell’uomo, di ogni uomo, in ogni circostanza.
Sappiamo che questo si scontra con il potere del mondo (e con il suo principe, che tante volte è stato, in questi giorni, evocato da papa Francesco con il suo vero nome: il diavolo). Non ci tiriamo indietro, e ringraziamo proprio papa Francesco per questo invito che ci rivolge e che ci sprona, e che sarà d’ora in poi il nostro manifesto.
«Una delle tentazioni più serie che soffocano il fervore e l’audacia è il senso di sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura. Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo. Chi comincia senza fiducia ha perso in anticipo metà della battaglia e sotterra i propri talenti. Anche se con la dolorosa consapevolezza delle proprie fragilità, bisogna andare avanti senza darsi per vinti, e ricordare quello che disse il Signore a san Paolo: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12,9). Il trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combattiva contro gli assalti del male. Il cattivo spirito della sconfitta è fratello della tentazione di separare prima del tempo il grano dalla zizzania, prodotto di una sfiducia ansiosa ed egocentrica» [Evangelii gaudium, n. 85]

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