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Parliamo di miracoli

Autore:
Mondinelli, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it

Caro don Gabriele,
con amici ragionavamo se la mancanza di fede nei miracoli potesse dipendere da un eccessivo razionalismo. In realtà, bisogna intendersi sul significato di “razionalismo”. Se si intende l’uso della ragione, allora non è vero. Anzi, è vero l’opposto. Molto illuminante C.S. Lewis nel suo libretto “Miracoli. Uno studio preliminare”: “Quando sembra che sia accaduto qualcosa di straordinario, si può sempre sostenere di essere stati vittime di un’illusione. Se si abbraccia una visione filosofica che esclude il soprannaturale, ciò che diremo è esattamente questo. Le cose che impariamo dall’esperienza dipendono dal tipo di filosofia che accompagniamo a quella esperienza. È inutile, quindi, fare appello all’esperienza prima di aver risolto la questione filosofica”. Per questo la fede necessita sempre di un atto dell’intelletto, di una corrispondenza tra realtà ed intelletto (Adaequatio rei et intellectus). Scrive San Giovanni Paolo II nella Fides et ratio al n.82:

Ecco, dunque, una seconda esigenza: appurare la capacità dell’uomo di giungere alla conoscenza della verità; una conoscenza, peraltro, che attinga la verità oggettiva, mediante quella adaequatio rei et intellectus a cui si riferiscono i Dottori della Scolastica. Questa esigenza, propria della fede, è stata esplicitamente riaffermata dal Concilio Vaticano II: « L’intelligenza, infatti, non si restringe all’ambito dei fenomeni soltanto, ma può conquistare la realtà intelligibile con vera certezza, anche se, per conseguenza del peccato, si trova in parte oscurata e debilitata ».
Una filosofia radicalmente fenomenista o relativista risulterebbe inadeguata a recare questo aiuto nell’approfondimento della ricchezza contenuta nella parola di Dio. La Sacra Scrittura, infatti, presuppone sempre che l’uomo, anche se colpevole di doppiezza e di menzogna, sia capace di conoscere e di afferrare la verità limpida e semplice. Nei Libri Sacri, e in particolare nel Nuovo Testamento, si trovano testi e affermazioni di portata propriamente ontologica. Gli autori ispirati, infatti, hanno inteso formulare affermazioni vere, tali cioè da esprimere la realtà oggettiva. Non si può dire che la tradizione cattolica abbia commesso un errore quando ha compreso alcuni testi di san Giovanni e di san Paolo come affermazioni sull’essere stesso di Cristo. La teologia, quando si applica a comprendere e spiegare queste affermazioni, ha bisogno pertanto dell’apporto di una filosofia che non rinneghi la possibilità di una conoscenza oggettivamente vera, per quanto sempre perfezionabile. Quanto detto vale anche per i giudizi della coscienza morale, che la Sacra Scrittura suppone poter essere oggettivamente veri.

Questo è precisamente ciò che negano i Modernisti. La Pascendi è veramente un faro nella notte (altro che fiaccola):

Condotte fin qui le cose, o Venerabili Fratelli, abbiamo abbastanza in mano per conoscere qual ordine stabiliscano i modernisti fra la fede e la scienza; con qual nome di scienza intendono essi ancor la storia. E in primo luogo si deve tenere che l’oggetto dell’una è affatto estraneo all’oggetto dell’altra e da questo separato. Imperocché la fede si occupa unicamente di cosa, che la scienza professa essere a sé inconoscibile. Quindi diverso il campo ad entrambe assegnato: la scienza è tutta nella realtà dei fenomeni, ove non entra affatto la fede: questa al contrario si occupa della realtà divina che alla scienza è del tutto sconosciuta. Dal che si viene a conchiudere che tra la fede e la scienza non vi può essere mai dissidio: giacché, se ciascuna tiene il suo campo, non potranno mai incontrarsi, né perciò contraddirsi. Che se a ciò si opponga, nel mondo visibile esservi cose che pure appartengono alla fede, come la vita umana di Cristo; i modernisti rispondono negando. Perché quantunque tali cose sieno nel novero dei fenomeni, pure, in quanto sono vissute dalla fede e, nel modo già indicato, sono state da essa trasfigurate e sfigurate, furono tolte dal mondo sensibile e trasferite ad essere materia del divino. Quindi, qualora più oltre si ricercasse se Cristo abbia fatto veri miracoli e vere profezie, severamente sia risorto ed asceso al Cielo; la scienza agnostica lo negherà, la fede lo affermerà; né perciò vi sarà lotta fra le due. Imperocché lo negherà il filosofo qual filosofo parlando a filosofie considerando unicamente Cristo nella sua realtà storica; l’affermerà il credente come credente parlando a credenti e considerando la vita di Cristo quale è vissuta dalla fede e nella fede.

Ed è impressionante l’assonanza con quanto descrive il defensor fidei G.K. Chesterton riguardo al tradimento del pensiero di San Tommaso d’Aquino:
Lo contrassegna una piuttosto bizzarra qualità, che è sempre stata la ‘unica nota della Fede, sebbene non sia stata rilevata dai suoi moderni nemici, e raramente dai suoi amici moderni. Il fatto simboleggiato nella leggenda dell’ Anticristo, che era la controfigura del Cristo; nel profondo proverbio che il Diavolo è la scimmia di Dio. Infatti, la falsità mai è tanto falsa quanto più è vicina alla stessa verità. Quando il dardo colpisce vicino al nervo della verità, la coscienza cristiana grida alto per il dolore. Sigieri di Brabante, seguendo alcuni Arabi aristotelici, avanzò la teoria che i più moderni lettori di giornali dichiarerebbero immediatamente identica alla teoria di san Tomaso. Fu quello che fece levare a san Tomaso la sua ultima e più solenne protesta. Egli aveva vinto la sua battaglia per allargare il campo della filosofia e della scienza; aveva ripulito il terreno per una generale intesa sulla fede e la ricerca; una intesa in genere osservata dai Cattolici, e certamente mai disertata senza provocare disastri. Era l’idea che lo scienziato dovrebbe proseguire nelle sue esplorazioni e nei suoi esperimenti liberamente, fino a quando non pretenda una infallibilità e una finalità che sono contrari agli stessi principi che professa. Mentre la Chiesa dovrebbe sviluppare e definire le cose soprannaturali fino a quando non pretenda il diritto di alterare il deposito della fede, il che è contrario agli stessi principi che professa. Dopo che egli ebbe detto questo, si levò Sigieri di Brabante e disse qualcosa di così orribilmente simile, e di così orribilmente dissimile che (come l’ Anticristo), avrebbe potuto ingannare gli stessi eletti.
Sigieri di Brabante disse: la Chiesa deve avere ragione teologicamente, ma può sbagliare scientificamente. Vi sono due verità; la verità del mondo soprannaturale e la verità del mondo naturale, la quale contraddice il mondo soprannaturale. Come naturalisti noi possiamo supporre che il Cristianesimo sia una follia; ma quando ci ricordiamo di essere cristiani, dobbiamo ammettere che il Cristianesimo è la verità, anche se è una follia. In altre parole, Sigieri di Brabante, spacca il cervello umano in due, come il colpo nella vecchia leggenda di battaglie; dichiara che un uomo ha due cervelli, con l’uno interamente crede, con l’altro può profondamente non credere. A molti parve tutt’al più una parodia del Tomismo. In realtà, era l’assassinio del Tomismo. Non erano due vie per giungere alla stessa verità; era una strada ingannatrice che pretendeva vi fossero due verità”.
 
Ora l’umanità ha imboccato proprio questa strada ingannatrice. Per questo il mondo è al rovescio, è catastrofico. Ancora geniale Chesterton nel suo “Eretici”: Osservazioni preliminari sull’importanza dell’Ortodossia (1905):
La grande marcia della distruzione mentale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo. È un atteggiamento ragionevole negare l’esistenza delle pietre sulla strada; sarà un dogma religioso affermarla. È una tesi razionale pensare di vivere tutti in un sogno; sarà un esempio di saggezza mistica affermare che siamo tutti svegli. Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto”.

Perfetta descrizione dei nostri giorni…

San Pio X, ora pro nobis

P.S. Perciò con somma ragione il Concilio Vaticano pronunziò: “Se alcuno dirà, non poter l’uomo essere elevato da Dio a una conoscenza e perfezione che superi la natura, ma potere e dovere di per sé stesso, con un perpetuo progresso, giungere finalmente al possesso di ogni vero e di ogni bene, sia anatema” (De Revel., can. III).

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