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No alla donna-oggetto (ma se la usi come incubatrice va bene)

Fonte:
CulturaCattolica.it
«L’egoismo consiste nel fare la propria felicità dall’infelicità di tutti gli altri»
(Henri Lacordaire)

Leggo su “Repubblica” una interessante riflessione di Michela Marzano sulla vicenda orribile dello stupro di gruppo a San Valentino, vicino a Salerno.
L’avrete sentito: la vittima, sedicenne, trascinata in un garage, è stata violentata a turno da cinque minorenni (età compresa tra i 15 e i 17 anni). Secondo le prime indiscrezioni, uno degli indagati, appena arrivato nel centro di accoglienza per minori avrebbe detto: “Ma che abbiamo fatto di male?”.
Questi i fatti, e bene fa la Marzano a scrivere che “ciò che accade quando un branco di maschi violentano a turno una ragazza è proprio questo: la si fa ‘girare’ tra amici come se fosse una sigaretta o una lattina di birra. La si condivide e ce la si spartisce come se si trattasse di un semplice oggetto: la si utilizza”. Vero da non cambiare nemmeno una virgola.
Come detto, i protagonisti di questa terribile vicenda sono minorenni, quasi tutti studenti, per cui è importante sottolineare, come ricorda la Marzano, che “si spalanca il capitolo della prevenzione… dell’educazione all’affettività e della cultura del rispetto”, che però, va detto, restano solo belle parole se valgono a corrente alternata. Perché dovrebbe essere inaccettabile (e lo è!) considerare una donna alla stregua di una sigaretta o di una lattina di birra quando si parla di questo tipo di violenza e poi, a scuola e nei media, fare però dei distinguo quando a tema c’è l’affitto degli uteri e la riduzione delle donne a forno, a incubatrici, a fabbriche di bambini? Basta davvero che la donna in questione sia consenziente per dire che va tutto bene, o compito della scuola e delle agenzie educative deve essere insegnare ai giovani uno sguardo sulle persone che abbiamo di fronte (maschi o femmine che siano) che sia sempre uno sguardo di rispetto, consapevoli che l’altro, l’altra, hanno un valore irriducibile?
Ci pensi, Michela Marzano, all’effetto disorientante dei messaggi schizofrenici che offre/offriamo ai giovani. Pensateci, voi di “Repubblica”, così possibilisti nei confronti della sessualizzazione precoce dei bambini, così elastici di fronte alle maternità surrogate. Il male è dentro l’uomo, e così i suoi desideri egoistici. Compito degli adulti è ricordarlo ai più giovani, e insegnare a chiamare male il male, che, quando è male, è male sempre, non “a seconda”. Del resto l’ha scritto la Marzano riflettendo, oggi, sulla donna-oggetto: “nessuno è a disposizione di nessuno e (...) ogni azione che si compie ha delle conseguenze sulla vita degli altri”, perché “le frontiere del corpo sono le frontiere dell’io. E l’io è sempre inviolabile. A meno di cancellarne per sempre l’irriducibile umanità”. Sempre, per sempre. Ipsa scripsit ed è autogol. Sempre è avverbio che non dà adito a fraintendimenti. Non dovrebbe.

Elogio dell’allattamento al seno (ma se due uomini ricchi ti hanno comprato, va benissimo anche il latte artificiale)
Paginone su “Repubblica” dedicato ai molteplici effetti positivi dell’allattamento al seno, che contribuisce a crescere il vincolo affettivo e la comunicazione tra madre e figlio. Esempi. Benefico per la mamma, perché favorisce l’involuzione uterina, riduce il sanguinamento dopo il parto e pure l’incidenza di carcinoma di ovaio e mammella; aiuta inoltre a perdere il peso accumulato durante la gravidanza. Ed ecco alcuni tra i benefici per i bambini: favorisce lo sviluppo affettivo e psicomotorio, è facilmente digeribile, protegge dalle infezioni gastroenteriche e respiratorie, dal rischio di obesità e di malattie croniche, può salvare la vita di un bambino in stato critico: per i bambini prematuri il latte materno è “quasi un farmaco, una risorsa unica che non solo comincia a ‘istruire’ il loro sistema immunitario, ma veicola i batteri buoni del microbioma materno e riduce le infezioni”.
L’articolo ricorda che in una ipotetica graduatoria di importanza, gli studiosi pongono il latte fresco di mamma al primo posto, poi quello congelato della mamma, al terzo posto il latte donato da altre mamme e infine il latte di formula. Il latte materno “è talmente tanto straordinario da modificarsi continuamente nel corso della giornata e anche dei mesi, seguendo le diverse necessità alimentari del bambino, aiutandolo a digerire grazie alle sostanze biologicamente attive che contiene, maturando il sistema nervoso e altri organi”. E’ così vero questo, che l’Oms raccomanda sei mesi di allattamento materno in esclusiva, poi affiancamento con alimenti solidi, fino ai due anni, se lo si desidera, il che fa pensare che il latte fresco della propria mamma non sia affatto un optional.
Questa pagina divulgativa su “Repubblica” è goccia nel mare delle innumerevoli pubblicazioni scientifiche sull’argomento, ma siccome – si sa – il politicamente corretto ha la memoria corta, state certi che quando si parla dell’utero in affitto e della compravendita dei bambini, strappati appena nati alla madre che li ha tenuti in grembo, nessuno degli intelligentoni in linea con il pensiero dominante si sogna di sollevare la questione e di chiedersi cosa si sta togliendo a quelle donne affittate per nove mesi, alle quali, con farmaci pesanti, viene bloccata la produzione di latte; di cosa si privano i bambini strappati dal seno della madre che li ha partoriti e che vengono appoggiati sul petto villoso di uomini che, impacciati, porgono il biberon perché quella cattivona della natura non li ha dotati di mammelle allattanti.
Corrente alternata anche qui, anche in questo caso messaggi schizofrenici. I benefici indiscussi dell’allattamento al seno valgono per tutti tranne per questi bambini: i figli di “due papà”. Ah no, scusate. Le veline del pensiero gaio mi suggeriscono di scrivere che questi bambini cresceranno felici e contenti anche senza mamma, anche senza allattamento al seno, anche senza latte materno. A loro basta l’ammore. Ecco fatto: l’ho scritto. Bevetevela voi, questa, se ci credete. Io no, e neanche la scienza.

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