Il Natale e la “Dignitas Personae”
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“Non ce lo aspettavamo, non ce lo saremmo mai sognato, era impossibile, non è reperibile altrove” (don L. Giussani). “Natale è la festa dell’uomo. Nasce l’Uomo. Uno dei miliardi di uomini che sono nati, nascono e nasceranno sulla terra. L’uomo, un elemento componente della grande statistica... L’uomo, oggetto del calcolo, considerato sotto la categoria della quantità; uno fra miliardi. E nello stesso tempo, uno, unico e irrepetibile. Se noi celebriamo così solennemente la Nascita di Gesù, lo facciamo per testimoniare che ogni uomo è qualcuno, unico e irrepetibile. Se le nostre statistiche umane, le catalogazioni umane, gli umani sistemi politici, economici e sociali, le semplici umane possibilità non riescono ad assicurare all’uomo che egli possa nascere, esistere ed operare come unico e irrepetibile, allora tutto ciò glielo assicura Iddio. Per Lui e di fronte a Lui, l’uomo è sempre unico e irrepetibile; qualcuno eternamente ideato ed eternamente prescelto; qualcuno chiamato e denominato con il proprio nome” (Giovanni Paolo II, Radiomessaggio natalizio, 25 dicembre 1978).
Che commozione rileggere dopo trent’anni il primo messaggio natalizio di Giovanni Paolo II, tutto giocato sulla grandezza dell’uomo e sulla condiscendenza amorosa di Cristo, unitosi in qualche modo ad ogni uomo! E dopo pochi mesi, ecco la “Redemptor Hominis”, la prima enciclica di Papa Wojtila, nel cui respiro grandioso la dignità umana risplendeva come nel salmo 8: “lo hai fatto poco meno degli angeli...”. “L’uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso. Quale valore deve avere l’uomo davanti agli occhi del Creatore se «ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore» (Exsultet della Veglia Pasquale), se «Dio ha dato il suo Figlio», affinché egli, l’uomo, «non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv,3,16)” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, n. 10).
Nella stessa enciclica Giovanni Paolo II, “il papa sull’orizzonte del Duemila”, intravvedeva i nuovi scenari del XXI secolo, tempo di Grazia ma anche di terribili prove. Dopo l’11 settembre, attentati non meno gravi hanno sfigurato il volto di Adamo: si chiamano eutanasia, manipolazione genetica, clonazione, ibridazione uomo-animale, razzismo eugenetico, aborto selettivo... E la Chiesa, come ha recentemente affermato Benedetto XVI, è rimasta l’ultima sentinella sul limitare della difesa dell’umano. La dichiarazione “Dignitas Personae” riprende e sviluppa i temi della “Redemptor Hominis”.
“L’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita... Il rispetto di tale dignità compete a ogni essere umano, perché esso porta impressi in sé in maniera indelebile la propria dignità e il proprio valore” (Dignitas Personae, nn. 4-6).
“Il Figlio di Dio nel mistero dell’Incarnazione ha confermato la dignità del corpo e dell’anima costitutivi dell’essere umano. Il Cristo non ha disdegnato la corporeità umana, ma ne ha svelato pienamente il significato e il valore: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo». Divenendo uno di noi, il Figlio fa sì che possiamo diventare «figli di Dio» (Gv 1,12), «partecipi della natura divina» (2 Pt 1, 4). Questa nuova dimensione non contrasta con la dignità della creatura riconoscibile con la ragione da parte di tutti gli uomini, ma la eleva ad un ulteriore orizzonte di vita, che è quella propria di Dio e consente di riflettere più adeguatamente sulla vita umana e sugli atti che la pongono in essere. Alla luce di questi dati di fede, risulta ancor più accentuato e rafforzato il rispetto nei riguardi dell’individuo umano che è richiesto dalla ragione: per questo non c’è contrapposizione tra l’affermazione della dignità e quella della sacralità della vita umana” (Dignitas Personae, n. 7).
La linfa che da duemila anni pervade la Chiesa è la stessa fede del primo Natale: Dio si è fatto uomo perché l’uomo si facesse Dio. Dove, in quale parte del mondo risuona oggi una voce così?