Famiglia umana, comunità di pace
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Circola da qualche tempo, specie in ambienti radicali, uno sgradevole gioco di parole: non bisognerebbe tanto “difendere la famiglia” quanto “difendersi dalla famiglia”. In quest’ultima infatti (chiamata sempre, con una punta di disprezzo, “famiglia tradizionale”) si consumerebbero quotidianamente i delitti più nefandi: violenze, omicidi, stupri... un posto indesiderabile, da abolire al più presto. Al contrario, con paziente ostinazione, Benedetto XVI ripropone la famiglia come soggetto insostituibile per la difesa della pace. E “Famiglia umana, comunità di pace” si intitola il Messaggio per la quarantunesima Giornata della pace, Capodanno 2008.
“La famiglia naturale, quale intima comunione di vita e d’amore, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, costituisce «il luogo primario dell’“umanizzazione” della persona e della società», la «culla della vita e dell’amore». A ragione, pertanto, la famiglia è qualificata come la prima società naturale, «un’istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone, come prototipo di ogni ordinamento sociale».” (Famiglia umana... n. 2).
Già lo abbiamo detto, quelli che vorrebbero “difendersi dalla famiglia” e pertanto abbatterla, distruggerla, superarla, sono gli stessi che nel tempo hanno contribuito, con attacchi su più fronti, a indebolire ed avvelenare la famiglia stessa. Peggiorando, mortificando la stessa società, e mettendo a repentaglio il popolo e quindi la pace.
E il Papa lo denuncia con forza: “Pertanto, chi anche inconsapevolmente osteggia l’istituto familiare rende fragile la pace nell’intera comunità, nazionale e internazionale, perché indebolisce quella che, di fatto, è la principale «agenzia» di pace. È questo un punto meritevole di speciale riflessione: tutto ciò che contribuisce a indebolire la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, ciò che direttamente o indirettamente ne frena la disponibilità all’accoglienza responsabile di una nuova vita, ciò che ne ostacola il diritto ad essere la prima responsabile dell’educazione dei figli, costituisce un oggettivo impedimento sulla via della pace. La famiglia ha bisogno della casa, del lavoro o del giusto riconoscimento dell’attività domestica dei genitori, della scuola per i figli, dell’assistenza sanitaria di base per tutti. Quando la società e la politica non si impegnano ad aiutare la famiglia in questi campi, si privano di un’essenziale risorsa a servizio della pace. In particolare, i mezzi della comunicazione sociale, per le potenzialità educative di cui dispongono, hanno una speciale responsabilità nel promuovere il rispetto per la famiglia, nell’illustrarne le attese e i diritti, nel metterne in evidenza la bellezza.”. (Famiglia umana... n. 5). Il Papa evidenzia qui tutte le decisioni “anti-famiglia” degli ultimi decenni, in Italia e nel mondo: il divorzio, l’aborto, il monopolio educativo, le miopi politiche sociali, l’attacco sistematico dei mass media...
“La negazione o anche la restrizione dei diritti della famiglia, oscurando la verità sull’uomo, minaccia gli stessi fondamenti della pace.” (Famiglia umana... n. 4).
Ma la famiglia non si arrende. Il 30 dicembre 2007 a Madrid si è tenuto quello che può essere definito il “Family Day spagnolo”, con la partecipazione di un milione di persone. Nell’intervento di don Juliàn Carròn (riportato su “Il Foglio” del 29 dicembre), non sono nascoste le difficoltà e le fragilità delle nostre famiglie:
«Dolorosamente constatiamo come fra noi vi siano molti amici che non sono perseveranti di fronte alle numerose difficoltà esterne e interne che attraversano. E quanto a noi, non è sufficiente conoscere la vera dottrina sul matrimonio per resistere a tutte le tentazioni della vita. Ce lo ha ricordato il Papa: “Le buone strutture aiutano, ma da sole non bastano. L’uomo non può mai essere redento semplicemente dall’esterno” (Spe salvi, 25)».
Citando l’esperienza della Samaritana, che nella sua assetata inquietudine trovò ristoro nell’acqua viva dell’incontro con Cristo, Carròn prosegue:
«Senza l’esperienza di pienezza umana che Cristo rende possibile, l’ideale cristiano del matrimonio si riduce a qualcosa di impossibile da realizzare. L’indissolubilità del matrimonio e l’eternità dell’amore appaiono come chimere irraggiungibili. E in realtà esse sono frutti tanto gratuiti di una intensità di esperienza di Cristo che appaiono agli stessi sposi come una sorpresa, come la testimonianza che “a Dio nulla è impossibile”. Solo una tale esperienza può mostrare la razionalità della fede cristiana, come una realtà che corrisponde totalmente al desiderio e alle esigenze dell’uomo, anche nel matrimonio e nella famiglia».
E’ questo l’augurio che ci facciamo per il nuovo anno: aprire le porte a Cristo, perché la nostra vita - nella famiglia, nel mondo inquieto - incontri finalmente la sua pienezza vera.