«Dichiaratamente omofobo»
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«Dichiaratamente omofobo», così viene presentata la conferenza dell’Avv. Gianfranco Amato a proposito delle questioni educative e di libertà di espressione nei confronti della lobby LGBT. Etichettare è un modo rassicurante per dare alle notizie un peso scelto dalla Redazione piuttosto che dal serio confronto dei lettori con le argomentazioni proposte dai relatori. Così si genera un giornalismo che, invece che informare e rendere capaci dell’esercizio del pensiero critico, si mette al servizio del politically correct, garantendosi ina impunità di fronte a qualsiasi manipolazione del pensiero.
In verità non sentiamo proprio il bisogno di un giornalismo siffatto. In questa società dell’«Uomo a una dimensione» preferiamo chi ci dà gli strumenti per avere una posizione personale. I cibi precotti e premasticati, quando non predigeriti, non sono affatto di nostro gusto.
Per questo guardo con sospetto la notizia di poco tempo fa in cui ci si informava dell’«Accordo di collaborazione tra sette testate europee» al fine di creare un’opinione pubblica europea. Dai tempi del MINCULPOP fascista, della DISINFORMATJIA sovietica e del MINISTERO DELLA PROPAGANDA di Goebbels la pretesa di manipolare l’opinione pubblica con stereotipi e menzogne non ha mai cessato la sua attività. Sia che si tratti di questioni strettamente politiche (ricordiamo in tanti le affermazioni di un noto giornalista che, parlando del Viet-Nam, ha affermato «mentivamo sapendo di mentire») sia che si affrontino argomenti legati alla affettività e agli orientamenti cosiddetti «di genere», sia che si voglia informare su quanto la Chiesa e il Papa ci insegnano (basterebbe solo citare le idiozie di Scalfari, messe sulla bocca di Papa Francesco) siamo in presenza di un progetto che rischia di introdurre un pensiero totalitario e assolutamente illiberale.
E se “Die Welt” per la Germania, “El Pais” per la Spagna, “la Repubblica” per l’Italia, “Le Figaro” per la Francia, “Le Soir” per il Belgio, “Tages - Anzeiger” e “Tribune de Genève” per la Svizzera vogliono «consolidare un’opinione pubblica europea grazie ai valori comuni dalla testate socie relativi all’importanza del giornalismo di qualità con l’obiettivo di creare una società aperta e democratica sostenendo un messaggio di progresso economico e di giustizia sociale» questa loro intenzione non ci rassicura affatto.
E lo spiego con l’immagine biblica della Torre di Babele.
In un’era in cui l’uomo aveva raggiunto un discreto successo tecnologico (così dicono i soci fondatori della LENA: «L’alleanza vuole anche assicurare un vantaggio tecnologico, commerciale e editoriale ai propri soci e a tal fine selezionerà in questi campi i partner più adatti») gli uomini di Babele vollero costruire una «una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». E la torre che tocca il cielo significa, per i più acuti esegeti del brano, che il potere ivi rappresentato si ritiene indiscutibile ed assoluto. È il vero dio della storia, e guai a chi non volesse obbedirlo.
Per una grazia misteriosa il Dio di Israele impedì la realizzazione di questo progetto e la storia cristiana, a partire dal «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio», con il grandissimo numero di martiri, ci testimonia che il potere (politico, economico e – ora – mediatico) non può costituire l’orizzonte dell’uomo.
Forse ci vorranno ancora martiri perché questa libertà dell’uomo sia garantita. Comunque adesso non vogliamo essere gli stupidi servi di questo progetto. Almeno finché ce ne resterà la libertà.