Contro la «ideologia della misericordia», a favore del Card. Müller
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Ho letto con attenzione il «Manifesto della fede» del Card. Müller. Mi è sembrato un documento chiaro e onesto. Il rimettere al centro, in questo periodo dove ciascuno pensa a una fede fai-da-te, gli aspetti irrinunciabili del cattolicesimo mi è sembrato un fatto apprezzabile e meritorio.
Poi ho letto alcuni tweet di Lucio Brunelli [La vera ambiguità è il non detto: insinuare il sospetto che il Papa misconosca le verità enunciate nel catechismo.
Si adoperano tutti i giorni per seminare veleni e dubbi sulla ortodossia del Papa. E poi fingono di soffrire perché c'è confusione nella Chiesa] e gli articoli di Agasso sulla Stampa e di Muolo sull’Avvenire. E sono rimasto disgustato.
Basterebbe il titolo della Stampa: «Il manifesto di Müller sfida la dottrina di Francesco». Ma come, la riproposizione chiara dell’insegnamento della Chiesa, i riferimenti al Catechismo «sfiderebbero» la «dottrina di Francesco»? questi difensori d’ufficio del Papa attuale lo ricondurrebbero a un teologo qualunque la cui dottrina sarebbe sfidata dalla ortodossia cattolica? Ma non facciamo ridere! O vogliamo affermare che papa Francesco ha una dottrina in contrasto con la fede? Così diamo man forte a chi da tempo lo sostiene (e non ho io le competenze per giudicare).
E poi, sembra che invece che contestare le affermazioni di Müller si sappia solo dire che il sito che ha pubblicato tale documento ha dato spazio alla lettera di Viganò. Secondo questa logica bisognerebbe giudicare inattendibili tutti quei documenti e/o pronunciamenti della Chiesa o del Papa che sono ospitati dai vari mezzi di comunicazione perché hanno molte volte attaccato sia la Chiesa che il Papa stesso.
Così invece che favorire quel dialogo tanto auspicato o, se meglio vogliamo dire, quella «sinodalità» di cui p. Spadaro fa continuamente l’elogio, i «dubbi e i veleni» sono sparsi a piene mani su coloro che si permettono di ricordare che la fede cattolica non è un optional modificabile a piacere, ma ha un fondamento che non è a disposizione di nessuno, e di cui il Santo Padre è custode secondo l’insegnamento trasmessoci da Cristo (pur senza avere allora alcun registratore a disposizione).
Da un po’ di tempo sto pensando che Karl Marx, quando parlava della «ideologia» come di quel sistema di pensiero che nascondeva le reali intenzioni di chi aveva interessi nascosti, avrebbe molto da dire su quella «ideologia della misericordia» che, sbandierata come il nuovo Vangelo per il mondo ferito di oggi, sembra essere il paravento per nascondere un odio represso nei confronti di coloro di cui non si condividono, all’interno della Chiesa, le intenzioni e le posizioni.
E a chi reagisce dicendo di preferire la bontà alla dottrina, potrebbe essere utile rileggere quanto già s. Agostino scriveva: «Questo è l’occulto e orrendo veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la Grazia di Cristo nel suo esempio, e non nel dono della Sua Persona».
Mi pare che già don Giussani ci avesse aiutato a capire di che cosa si tratta: «L’altra sera, in un raduno a Milano, osservavo che, in questi anni, da una quindicina circa a questa parte, in tutti gli anni del nostro cammino, è come se Comunione e Liberazione, il movimento avesse costruito sui valori che Cristo ci ha portati. Così, tutto lo sforzo di attività associativa, operativa, caritativa, culturale, sociale, politica, ha certamente avuto come scopo quello di mobilitare noi stessi e le cose secondo le idealità, secondo gli spunti di valore che Cristo ci ha resi noti. Ma, all’inizio del movimento, non fu così. Come ho accennato ieri, all’inizio del movimento, nei primi anni, non si costruì sui valori che Cristo ci aveva portati, ma si costruì su Cristo, ingenuamente fin quando volete, ma il tema del cuore, il movente persuasivo era il fatto di Cristo, e perciò il fatto del Suo corpo nel mondo, della Chiesa.
All’inizio si costruiva, si cercava di costruire su qualcosa che stava accadendo, non sui valori portati, e quindi sulla inevitabile nostra interpretazione di essi: si cercava di costruire su qualcosa che stava accadendo e che ci aveva investiti. Per quanto ingenua e per quanto smaccatamente sproporzionata fosse, questa era una posizione pura. Per questo, per averla come abbandonata, essendoci attestati su una posizione che è stata innanzitutto, starei per dire, una “traduzione culturale” [aggiungo io: e sociale ndr] piuttosto che l’entusiasmo per una Presenza, noi non conosciamo - nel senso biblico del termine - Cristo, noi non conosciamo il mistero di Dio, perché non ci è familiare.»
E Cristo, la presenza su cui si costruisce, ha detto di essere «via, VERITÀ e vita», quella verità che, tentativamente e autorevolmente, ci ha ricordato il Card. Müller.