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Bene comune: il grande assente?

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Una volta un parroco diceva: «Forse non si va all’inferno se si vota male, certo che si rende la vita più difficile qui sulla terra». Mi sono ricordato queste sue parole ripensando all’esito dei ballottaggi svoltisi in questi giorni. Non sono un commentatore politico, e non ho sufficiente autorevolezza per esprimere un parere su quanto accaduto dal punto di vista dei risultati elettorali.
Però ho una certezza: quanto accaduto ci chiama in causa. Di che si tratta? Credo che si sia dimenticata la grave questione di quello che si chiama «bene comune». O meglio. Si è dimenticata la Dottrina sociale della Chiesa. Di tanto si è discusso, ma mi pare che questo punto di vista sia stato il grande assente.
E le conseguenze si vedono e si vedranno.
Che fare, allora?

Proviamo con umiltà ed intelligenza a rimetterci alla scuola di Benedetto XVI che, ai Vescovi italiani nella celebrazione del 150° anniversario della unità politica del Paese, così si è espresso: «La fede, infatti, non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale! In ogni stagione storica l’incontro con la parola sempre nuova del Vangelo è stato sorgente di civiltà, ha costruito ponti fra i popoli e ha arricchito il tessuto delle nostre città, esprimendosi nella cultura, nelle arti e, non da ultimo, nelle mille forme della carità. A ragione l’Italia, celebrando i centocinquant’anni della sua unità politica, può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa. La Chiesa non persegue privilegi né intende sostituirsi alle responsabilità delle istituzioni politiche; rispettosa della legittima laicità dello Stato, è attenta a sostenere i diritti fondamentali dell’uomo. Fra questi vi sono anzitutto le istanze etiche e quindi l’apertura alla trascendenza, che costituiscono valori previi a qualsiasi giurisdizione statale, in quanto inscritti nella natura stessa della persona umana. In questa prospettiva, la Chiesa – forte di una riflessione collegiale e dell’esperienza diretta sul territorio – continua a offrire il proprio contributo alla costruzione del bene comune, richiamando ciascuno al dovere di promuovere e tutelare la vita umana in tutte le sue fasi e di sostenere fattivamente la famiglia; questa rimane, infatti, la prima realtà nella quale possono crescere persone libere e responsabili, formate a quei valori profondi che aprono alla fraternità e che consentono di affrontare anche le avversità della vita. Non ultima fra queste, c’è oggi la difficoltà ad accedere ad una piena e dignitosa occupazione: mi unisco, perciò, a quanti chiedono alla politica e al mondo imprenditoriale di compiere ogni sforzo per superare il diffuso precariato lavorativo, che nei giovani compromette la serenità di un progetto di vita familiare, con grave danno per uno sviluppo autentico e armonico della società.»
Possiamo allora in sintesi così chiedere a tutti noi: «Impegno nell’educare riscoprendo la grande tradizione educativa e culturale della Chiesa; costruire ambiti civili di esperienza e libertà; imparare ad usare tutti i mezzi di comunicazione come servizio alla verità e non come strumento di ideologia e di potere; soprattutto amare questo Papa e il suo magistero, così adeguato per rilanciare l’esperienza della “vita buona del Vangelo”».

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