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«Amico prete ti scrivo...»

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ho ricevuto da un sacerdote una lettera di risposta a quanto pubblicato su Avvenire il 22 ottobre, a proposito di Papa Francesco. E mi riprometto di rispondere personalmente, visto che la lettera inviatami era personale.
Mi si diceva - semplifico un po’ il suo argomentare - di non tirare dalla propria parte Papa Francesco, perché la sua posizione sarebbe «martiniana». A dire il vero non ritengo corretto ingabbiare la figura di un Papa che deve «confermare i fratelli», e non deve farsi paladino di alcuna linea teologica particolare. Non è compito suo specifico quello di una «scelta di campo» che porterebbe inevitabilmente alla divisione settaria nella Chiesa.
L’esperienza di tanti anni nel movimento di CL mi ha insegnato ad amare il Papa e a seguirlo con fedeltà e passione, perché è il fondamento visibile della unità della Chiesa.
A questo proposito, due semplici osservazioni. Da un lato abbiamo imparato a seguire Paolo VI prima e dopo la Enciclica Humanae Vitae. E a mettere al suo servizio tutta la nostra vita e il nostro personale impegno. Dall’altro abbiamo amato e seguito Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, lieti e fieri di quella sintonia profonda che faceva dire a Giovanni Paolo: “Posso dire che il vostro modo di affrontare i problemi è simile al mio; o meglio, è lo stesso”. E questa conclamata somiglianza ci ha donato una responsabilità infinita, una gioia compiuta e una baldanza ilare. Certo, avremmo amato e seguito il Papa allo stesso modo anche se non avesse detto queste incoraggianti parole. Ma averle ascoltate ci ha dato il conforto di essere abbracciati dalla Chiesa nel suo fondamento e cuore pulsante.
Allora mi stupisce il vedere come molti di coloro che si dicono entusiasti di Papa Francesco lo usino a mo’ di clava per stigmatizzare gli altri, piuttosto che per farsene sinceri discepoli. Sembra proprio che la categoria dei farisei abbia radici profonde nei discepoli del Signore! Questo mi è stato chiaro leggendo le interpretazioni «ad usum delphini» della omelia di Santa Marta a proposito degli «ideologi». Costoro hanno detto che erano gli altri, erano Palmaro e. Gnocchi, erano i tradizionalisti e i nostalgici di Ratzinger. Ma scherziamo? Con questo Papa che denuncia il pettegolezzo, le zitelle, i cristiani da pasticceria... non capiamo che sta inaugurando un metodo che non può ripetere gli slogan stantii e le divisioni senza misericordia proprio di quegli ideologi che hanno fatto della Chiesa il luogo del loro potere, chiusi ad ogni novità dello Spirito che non coincideva con i propri sogni e pretese letture della realtà? Ma non vuole proprio dire niente il richiamo alle lobby nella Chiesa? Ah, dimenticavo, sono gli altri…
Sto leggendo la storia di Don Giussani scritta da Savorana: ne emerge una figura di padre e maestro, amante della Chiesa, della autorità e della libertà dei fedeli che ha ancora molti insegnamenti da dare agli uomini di oggi. Solo una frase, ora. Davanti ai tanti giovani che lo andavano ad ascoltare, diceva continuamente di non «volere convincere, ma mettere in condizione di prendere posizione». Non sentite l’eco del rifiuto del «proselitismo» a favore della missione, così caro a Papa Francesco?

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