Coraggio Vittorio, la battaglia per la bellezza non è ancora finita
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Quando i miei studenti francesi mi chiedono chi sia Vittorio Sgarbi, la mia risposta è sempre la stessa. È un uomo che ha dedicato la sua intera esistenza a ricordare agli italiani chi sono, a risvegliarli dal torpore dell’ignoranza, a scuoterli con parole di fuoco, con la passione di chi non accetta che il più grande patrimonio artistico e paesaggistico del mondo sia trattato ormai come un dettaglio, un peso, un ostacolo allo scempio della modernità.
Quest’uomo è Vittorio Sgarbi
Per decenni, con mostre, libri, conferenze, trasmissioni televisive, Vittorio ha portato la bellezza là dove rischiava di essere dimenticata. Ha raccontato al grande pubblico i capolavori nascosti nei piccoli musei di provincia, nelle pievi sperdute, nelle città d’arte cosiddette “minori” solo perché ignorate dal becero turismo di massa. Ha insegnato agli italiani a conoscere gli innumerevoli diamanti che costellano la loro terra, a sentirli propri, a difenderli con orgoglio.
Ma la sua battaglia più grande non è stata solo per la pittura, la scultura, l’architettura. No, Vittorio Sgarbi si è battuto per l’opera d’arte suprema, quella che nessun artista potrà mai eguagliare: il paesaggio italiano.
Quel paesaggio che la nostra Costituzione tutela con l’articolo 9, ma che la realtà (e la politica) tradisce ogni giorno. Sgarbi ha sempre combattuto (e ancora combatte) contro la violenza e la speculazione, contro gli ecomostri che dal secondo dopoguerra hanno cementificato le nostre coste e le nostre periferie. E quando il nuovo millennio ha portato con sé una devastazione ancora peggiore, quella dell’eolico, lui non ha taciuto. Ha gridato, ha denunciato, ha maledetto la più grande vergogna d’Italia: le pale eoliche che sfigurano il paesaggio, che lo umiliano.
Le ha chiamate immonde, orrende, mafìose. E con ragione. Giganti industriali che violentano le colline, le valli, i panorami che hanno incantato i pittori del Rinascimento, i viaggiatori del Grand Tour, i poeti di ogni epoca. Ha visto in esse non progresso bensì distruzione, non energia pulita, ma la sporca mano dell’affarismo
speculativo senza scrupoli. E, come sempre, Vittorio ha lottato. Spesso da solo. Spesso contro tutto e tutti.
C’è un altro insegnamento che Vittorio Sgarbi ci ha lasciato, una lezione che oggi molti preferiscono ignorare: gli italiani non possono non dirsi cristiani. Non per un dogma imposto ma perché tutta la bellezza del nostro paese è un grande slancio spirituale, nato in nome del cristianesimo. Le nostre cattedrali, i nostri affreschi, le nostre sculture, le piazze e le città che il mondo intero ci invidia sono il frutto di un’ispirazione sacra, di una tensione verso il divino che ha dato forma all’Italia stessa. Rifiutare questa eredità, rinnegarla, occultarla, significa non comprendere la radice più profonda della nostra civiltà. Vittorio lo ha sempre saputo e con la sua voce ha ricordato a tutti che l’arte italiana è prima di tutto un atto di fede, una testimonianza incisa nella pietra e nel colore, nel marmo e nell’oro.
Una dichiarazione d’amore per il cristianesimo e per la bellezza creata dalla Chiesa nel corso dei secoli ben più consistente (ed efficace) dei brodini politicamente corretti proposti da vescovi e cardinali stanchi, preoccupati ormai solo di non essere divisivi e di piacere ai salotti buoni.
Oggi, mentre la malattia e la stanchezza sembrano piegarlo, noi italiani dobbiamo dirgli grazie. Dobbiamo sostenerlo, aiutarlo.
Grazie, Vittorio
Grazie per aver amato l’Italia, amata ben più di coloro che avevano il compito e il potere di governarla e di difenderla, politici che non sono che un gregge di capre (capre!) che non sanno nulla di nulla del nostro paese. Grazie Vittorio per averci mostrato ciò che ci appartiene e che spesso non sappiamo nemmeno di possedere. Grazie per averci ricordato chi siamo, per averci ricordato il privilegio e la responsabilità di essere italiani.
E se oggi ti senti stanco, sappi che il tuo grido non è stato vano. La tua voce è ancora qui, nelle opere che hai presentato e salvato, nei paesaggi che hai difeso, nelle coscienze e nei cuori che hai risvegliato con le tue mostre in tutta Italia.
La bellezza non può e non deve morire. L’Italia deve rinascere, e chi la difende con la tua forza, Vittorio, ne sarà parte per sempre. E noi cattolici italiani preghiamo per te.
Luca Costa
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