La Romania in piazza nel silenzio dei media, mentre il Commissario UE Breton ammette: siamo intervenuti

Calma e sangue freddo, siamo intervenuti in Romania per imporre le nostre regole? Se necessario lo faremo anche in Germania. Una dichiarazione che suona come una condanna definitiva del principio democratico. La Corte Costituzionale romena, con il suo verdetto, non ha agito come un organo imparziale, ma come un mero strumento per realizzare un progetto di controllo politico dettato dall’esterno
Autore:
Luca Costa
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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Il 12 gennaio 2025, un’imponente manifestazione popolare a Bucarest: decine di migliaia di cittadini si sono riversati nelle strade per esprimere il proprio sdegno contro la decisione della Corte Costituzionale di annullare la vittoria elettorale di Calin Georgescu. Questo golpe giudiziario, motivato da argomentazioni puerili e insostenibili, è stato percepito come un attacco frontale alla volontà democratica del popolo romeno. Ma ciò che rende questo episodio ancora più inquietante è il silenzio tombale dei media occidentali. Nessuno, ripeto, nessuno tra i grandi organi di informazione europei o statunitensi ha dedicato spazio a questa mobilitazione straordinaria, avvenuta in una capitale europea, per ragioni quantomeno urgenti.
Questo silenzio non è casuale. È il sintomo del nuovo totalitarismo che l’Unione Europea, sotto la guida di Ursula von der Leyen, sta imponendo agli Stati membri. La Romania non è altro che un laboratorio per testare i limiti della sovranità nazionale sotto il giogo di Bruxelles e Washington. Il popolo ha votato male? Nessun problema: come avrebbe ironicamente detto Bertolt Brecht, i tecnocrati di Bruxelles e la CIA provvederanno a eleggerne uno nuovo.
Non sorprende che Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno, abbia apertamente ammesso (intervistato su RTL, in Francia, il 9 gennaio) che “Gardons notre sang froid et faisons appliquer nos lois en Europe lorsque celles-ci risquent d’être circonvenues et qu’elles peuvent, si on l’applique pas, conduire à des interférences. On l’a fait en Roumanie et il faudra évidemment le faire si c’est nécéssaire en Allemagne”. Tradotto: calma e sangue freddo, siamo intervenuti in Romania per imporre le nostre regole? Se necessario lo faremo anche in Germania. Una dichiarazione che suona come una condanna definitiva del principio democratico. La Corte Costituzionale romena, con il suo verdetto, non ha agito come un organo imparziale, ma come un mero strumento per realizzare un progetto di controllo politico dettato dall’esterno.
Questa situazione evidenzia una dinamica preoccupante: la supremazia degli interessi geopolitici statunitensi si intreccia con la tecnocrazia europea, creando un meccanismo in cui la democrazia diventa un accessorio eliminabile. La Romania è vittima di questa alleanza asimmetrica: il suo destino politico viene deciso lontano dalle sue frontiere, nei corridoi del potere di Washington e Bruxelles.
La grande manifestazione del 12 gennaio avrebbe meritato l’attenzione della stampa internazionale, non solo per il suo significato politico, ma anche come simbolo della resistenza popolare contro l’arroganza del potere sovranazionale. Invece, è stata ignorata. Perché? Forse perché raccontare la verità avrebbe messo in discussione la narrazione dominante di un’Europa democratica e unita, al servizio dei cittadini.
La Romania, in questa fase cruciale, si trova a combattere non solo per la sua democrazia, ma per la sua dignità. I romeni si interrogano: dov’è il rispetto per il loro voto? A cosa serve celebrare elezioni se poi vengono annullate con pretesti ridicoli? La risposta è chiara: le istituzioni europee e i loro alleati transatlantici non hanno mai veramente accettato l’idea di una Romania indipendente e capace di autodeterminarsi.
L’indifferenza dei media occidentali è complice di questa deriva autoritaria. Non è più accettabile nascondere la verità ai cittadini europei. La Romania non è solo un caso isolato, ma un avvertimento per tutti i Paesi membri: la democrazia è un valore che può essere sacrificato sull’altare degli interessi geopolitici. La resistenza del popolo romeno merita non solo sostegno, ma una riflessione collettiva sull’Europa che vogliamo costruire. Un’Europa dei popoli, o un’Europa dei tecnocrati vassalli di Washington ?

Luca Costa

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