Papa Francesco e l’«algoritmo» che non conosce il cuore
Provando a leggere l'Enciclica «Dilexit nos» con il cuore rivolto alla nostra attualità- Autore:
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«Si potrebbe dire che, in ultima analisi, io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone. L’algoritmo all’opera nel mondo digitale dimostra che i nostri pensieri e le decisioni della nostra volontà sono molto più “standard” di quanto potremmo pensare. Sono facilmente prevedibili e manipolabili. Non così il cuore.» (Papa Francesco, Dilexit nos, 14)
Sono rimasto sorpreso da una domanda del Vangelo, che almeno buona parte di coloro che vivono tra noi dovrebbe avere ascoltato se è andato a Messa: «Qual è il primo e più grande comandamento?». È vero, dobbiamo, a un certo punto della vita, chiederci che cosa è più importante, decisivo per vivere, per non avere la sensazione sgradevole di avere buttato via il tempo e sprecato la vita.
E questo dovrebbe essere il compito più importante certamente di ogni educatore, e tra tutti anche di chi, per professione, si occupa di comunicazione.
Ma sembra che ci sia altro da fare, sempre più rilevante. O redditizio.
Ho ricordato altre volte quello che il maestro Mario Lodi scriveva: «Ricevere dai genitori i figli in consegna per educarli mi ha sempre dato un senso di sgomento. Anche stamane mi chiedevo: se questi genitori fossero liberi di scegliere la persona che educherà il proprio figlio come sono liberi di scegliersi il medico, il sarto, il parrucchiere, l’assicuratore, verrebbero da me? In una scuola che avesse come fine la formazione integrale e senza traumi del fanciullo, la scelta del maestro, o meglio dell’indirizzo pedagogico, dovrebbe essere il primo argomento da discutere fra genitori e insegnanti all’atto dell’iscrizione. Invece non se ne parla nemmeno, come se la scuola fosse la proprietaria dei bambini.»
«Invece non se ne parla nemmeno», e non solo per quanto riguarda l’educazione (soprattutto se scegliamo che per affrontare i temi decisivi per la vita di un giovane affidiamo l’educazione affettiva e sessuale allo stato o ad anonimi questionari dal discutibile contenuto) ma per quanto concerne le questioni importanti della vita stessa. E le notizie sembrano le veline delle dittature, e i comunicati pura propaganda.
Così ci si deve organizzare per le giornate dell’odio di cui narrava Orwell, per strapparsi i capelli quando il Papa parla dell’aborto come omicidio e chiama i medici che lo praticano come sicari… e quello che stupisce è che tutto viene accettato, senza che più si abbia un soprassalto di reazione, di critica, di contestazione, e ripetuto infinite volte, fino a diventare la narrazione accettata.
Che cosa è più importante e decisivo? Il «primo comandamento» della vita?
Ecco che quelle parole di papa Francesco citate all’inizio ci vengono in aiuto. È appena stata pubblicata una Enciclica sul cuore, sì, sul cuore dell’uomo, con una capacità poetica e profetica di parlarne e di suggerire un percorso di confronto. E non mi pare che se ne sia parlato con attenzione, come se già se ne sapesse, come se già si dovesse archiviare quanto scritto, come se già fosse di nessun interesse di fronte ai gravi problemi del mondo.
Suvvia, archiviamolo subito questo documento, mettiamolo tra il vecchio armamentario clericale, ora il Papa interessa se lo si può tirare dalla nostra parte o se lo si può accusare di posizioni retrive, «anziane» qualcuno ha suggerito.
Ebbene, se superiamo i pregiudizi e ci è rimasta la curiosità di capire con la nostra testa, di non accettare l’«ovvio dei popoli» ma di capire come stanno veramente le cose, beh, allora ci accorgeremo che c’è una profondità e una saggezza che ci interpellano, e che aprono il cuore appunto, il cuore, alla speranza.
L’osservazione sull’«algoritmo» che mostra quanto poco originale sia il nostro pensare può farci andare col pensiero al famoso «vanità di vanità… non c’è nulla di nuovo sotto il sole» che già l’Antico Testamento suggeriva in un testo che sembrava carico di pessimismo (se posso suggerirvi qualcosa, andate a leggere o rileggere tutto il testo della Scrittura – che si chiama Qoelet – e che è di una attualità impressionante).
Se l’algoritmo rivela la prevedibilità del nostro pensare (e quindi la facile manipolabilità dell’uomo, di cui i social son strumento principale) c’è qualche speranza di un libero pensiero, di creatività responsabile, di novità reale? O siamo tutti in qualche modo determinati e determinabili?
Credo che la sfida del cuore, lanciata da Papa Francesco, sia ciò di cui abbiamo bisogno tutti. Sta qui la autentica novità di fronte a tutto ciò che ci sovrasta e ci annichilisce.
Da un lato la causa della pace, dall’altro la ripresa dell’amore alla vita come apertura alle nuove vite e alla cura di quelle che ci circondano, l’amore a una storia di cui essere fieri e a un lavoro che ci veda protagonisti, la scoperta di un tempo per vedere e gustare la bellezza e il fastidio per «una società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede».
Forse l’invito della Chiesa di oggi, con la voce del Papa, è ciò di cui tutti abbiamo bisogno. E non credo che ci sia molto tempo da perdere se vogliamo rispondere al grido che tutto sembra volere soffocare ma che nessuno in realtà riesce a tacitare. Proviamo a verificare questo «ritorno al cuore», magari trovando anche il tempo di leggere questa enciclica tra amici. Come mi capitava di scoprire nella prima parrocchia in cui sono stato, dove (un po’ di nascosto) andando a benedire le famiglie trovavo vari condomini che, quasi carbonari, si radunavano per leggere gli articoli del nostro Parroco, di nascosto sì, ma certamente con sincera curiosità.
«Invece di cercare soddisfazioni superficiali e di recitare una parte davanti agli altri, la cosa migliore è lasciar emergere domande che contano: chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, perché e per quale scopo sono in questo mondo, come valuterò la mia esistenza quando arriverà alla fine, che significato vorrei che avesse tutto ciò che vivo, chi voglio essere davanti agli altri, chi sono davanti a Dio. Queste domande mi portano al mio cuore.» (Dilexit nos, 8)
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