Cattiveria vs/ assassinio

La scienza dice che ad un mese dal concepimento ci sono tutti gli organi di un essere umano, tutti. Fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piaccia la parola o non ti piaccia, ma è uccidere. Questo. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto: la Chiesa non permette l’aborto perché è uccidere, è un assassinio, è un assassinio. E su questo dobbiamo avere le cose chiare. Mandare via i migranti, non lasciarli sviluppare, non lasciare che abbiano la loro vita è una cosa brutta, è cattiveria. Mandare via un bambino dal seno della mamma è un assassinio, perché c’è vita...
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CulturaCattolica.it ©
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Confesso che non è facile riprendere queste considerazioni. Siamo abituati alle interviste di Papa Francesco in aereo e ai suoi discorsi sempre sul filo del rasoio. E a volte addirittura ritenuti inopportuni, bisognosi di correzioni e/o prese di distanza.
Certo, una intervista non è un atto solenne di magistero. E poi, la libertà del giornalista di raccontare ciò che gli interessa e cancellare quello di cui non è d’accordo.
Ricordiamo tutti la polemica con Papa Ratzinger dopo il suo magistrale discorso di Ratisbona, che tra l’altro non si erano neppure presi la briga di leggerlo tutto e le terribili risposte del mondo mussulmano. Ma già, non ce ne era bisogno di leggerlo e di comprendere le ragioni, lo sappiamo bene che il motto nascosto di tanti giornalisti e maître à penser è proprio «i fatti staccati dalle opinioni», sì, proprio staccati, strappati via, tanto ai lettori bastano le sagge opinioni di lorsignori…

Così, quando sull’aereo dell’ultimo viaggio di Papa Francesco sono risuonate le parole sull’aborto… beh, inutile dire che il silenzio era d’obbligo.

Ma a me quel ragionamento ha colpito, per varie ragioni. Intanto proviamo a leggere quanto è stato pronunciato:
«Anna Matranga (CBS News)
Buona sera, Santità. Lei ha sempre parlato in difesa della dignità della vita. In Timor Est, un Paese con una natalità molto alta, Lei ha detto che si sente pulsare ed esplodere la vita per i tanti bambini. In Singapore ha parlato in difesa dei lavoratori migranti. In vista delle prossime elezioni negli Stati Uniti vorrei chiederLe: che consiglio può dare a un elettore cattolico che deve decidere fra un candidato che è favorevole all’interruzione della gravidanza, e un altro che vorrebbe deportare 11 milioni di migranti?
Papa Francesco
Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quello che uccide i bambini. Ambedue sono contro la vita. Non si può decidere, io non posso dire, non sono statunitense, non andrò a votare lì, ma sia chiaro: mandare via i migranti, non dare ai migranti capacità di lavorare, non dare ai migranti accoglienza è peccato, è grave… La migrazione è un diritto, un diritto che già nella Sacra Scrittura, nell’Antico Testamento c’era. Lo straniero, l’orfano e la vedova: non dimenticare questo. Questo è quello che io penso dei migranti. Poi, l’aborto. La scienza dice che ad un mese dal concepimento ci sono tutti gli organi di un essere umano, tutti. Fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piaccia la parola o non ti piaccia, ma è uccidere. Questo. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto: la Chiesa non permette l’aborto perché è uccidere, è un assassinio, è un assassinio. E su questo dobbiamo avere le cose chiare. Mandare via i migranti, non lasciarli sviluppare, non lasciare che abbiano la loro vita è una cosa brutta, è cattiveria. Mandare via un bambino dal seno della mamma è un assassinio, perché c’è vita. E in queste cose dobbiamo parlare chiaro. “No, ma, però…”. Niente “però”. Ambedue le cose sono chiare. L’orfano, lo straniero e la vedova: non dimenticare quello.
Anna Matranga (CBS News)
Possono esserci circostanze in cui sia moralmente ammissibile per un cattolico votare per un candidato che è favorevole all’interruzione della vita?
Papa Francesco
Nella morale politica, in genere si dice che non votare è brutto, non è buono: si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore, quella Signora o quel Signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo.»

1. Innanzitutto riflettiamo sui migranti. Una volta c’era uno slogan molto affascinante che aveva lanciato Papa Paolo VI già nel 1971, nel Messaggio per la Giornata della Pace: «Ogni uomo è mio fratello». «Se vogliamo la pace, dobbiamo riconoscere la necessità di fondarla su basi più solide che non sia quella o della mancanza di rapporti (ora i rapporti fra gli uomini sono inevitabili, crescono e s’impongono), ovvero quella dell’esistenza di rapporti d’interesse egoistico (sono precari e spesso fallaci), ovvero quella del tessuto di rapporti puramente culturali o accidentali (possono essere a doppio taglio, per la pace o per la lotta). La pace vera deve essere fondata sulla giustizia, sul senso dell’intangibile dignità umana, sul riconoscimento d’una incancellabile e felice eguaglianza fra gli uomini, sul dogma basilare della fraternità umana. Cioè del rispetto, dell’amore dovuto ad ogni uomo, perché uomo. Erompe la parola vittoriosa: perché fratello. Fratello mio, fratello nostro… Questo è il nostro messaggio per l’anno 71. Esso fa eco, come voce che scaturisca nuova dalla coscienza civile, alla dichiarazione dei Diritti dell’uomo: «Tutti gli uomini nascono liberi ed eguali nella dignità e nei diritti; essi sono dotati di ragione e di coscienza, e devono comportarsi gli uni verso gli altri come fratelli». Fino a questa vetta è salita la dottrina della civiltà. Non torniamo indietro. Non perdiamo i tesori di questa conquista assiomatica. Diamo piuttosto applicazione logica e coraggiosa a questa formula, traguardo dell'umano progresso: «ogni uomo è mio fratello». Questa è la pace, in essere e in fieri. E vale per tutti!»

Non accogliere i migranti è cosa «cattiva».

2. C’è però una grande differenza tra una cosa cattiva e un assassinio. E l’aborto è un assassinio. E qui Papa Francesco non si mette la maschera del politically correct come vorrebbero farci intendere i vari commentatori, i paladini della «cultura di morte».
Di fronte ai tanti che ci chiedono di smettere di parlare di aborto come crimine, visto che la legislazione oramai l’ha sdoganato e la mentalità lo considera un diritto inalienabile, con una forza infinitamente maggiore di quei «principi non negoziabili» di cui parla continuamente la Chiesa, noi non possiamo tacere e dobbiamo riportare il grido del Papa: «L’aborto è un assassinio… E in queste cose dobbiamo parlare chiaro. “No, ma, però…”. Niente “però”…».
Come sarebbe bello se rinascesse la consapevolezza che ogni vita umana è un bene dal suo inizio e che solo l’amore può essere la sua ragione e diventare la sua difesa! Come fare perché la retorica dei diritti diventi difesa dei veri diritti, da quello del nascere e dall’essere amato, custodito e protetto?
L’insistenza con cui i cristiani sottolineano il valore della vita non può essere messa tra quei doveri affermati per retorica ma non concretizzati nella realtà. Allora bisogna affiancare a quel grido di dolore («è un assassinio») la testimonianza della accoglienza, di tutte quelle vite che sono state accolte e che testimoniano una gratitudine e una gioia senza confini, insieme alle voci di quelle mamme che pur consigliate di ricorrere all’aborto hanno scelto di portare a termine la gravidanza (e a San Marino abbiamo ascoltato la voce di una ragazza che ha testimoniato la gioia di essere mamma…)

3. E l’ultimo pensiero: per chi votare in America? Il Papa ricorda da un lato il dovere grave di votare e poi – proprio dopo avere sottolineato la differenza tra una cattiveria e un assassinio – il criterio del male minore. Forse sarebbe buona cosa tenerne conto, anche di fronte alla claque dei nostri intellettuali pro Kamala, che potrebbero imparare la differenza tra il bene della vita e l’ideologia della morte. E su questo spero che si apra un dibattito serio, al di là di semplificazioni e di partigianerie. Onde evitare che la riflessione sull’inverno demografico si risolva nel piagnisteo sterile di chi è senza speranza e senza prospettive, dei rassegnati, invidiosi della vita e di fatto impotenti di fronte alla realtà.

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