“Chi lo dice sa di esserlo”. E se smettessimo di accusare gli altri di odio?
Dal punto di osservazione di San Marino, uno sguardo al Rimini Summer Pride.Il Segretario di Stato agli Interni afferma: “Sono qui insieme agli amici del PD, gli amici della città di Rimini, a testimoniare che c’è ancora tanto da fare per i diritti delle persone.”
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Ho cercato di capire l’enfasi nel racconto di quella manifestazione che viene chiamato Rimini Summer Pride, come una festa dei diritti di tutti, da estendere quanto prima anche in Repubblica. Con la speranza che i giovani possano partecipare con il loro entusiasmo e la loro creatività.
E certo, con questi chiari di luna, con l’educazione sessuale affidata allo stato, coinvolgendo i ragazzi e le ragazze nello scoprire le varie forme degli organi sessuali e con l’invito a “fare” sesso con libertà ma sempre prendendo le dovute precauzioni onde evitare spiacevoli inconvenienti (ché già, il concepimento è solo uno sgradevole inconveniente da evitare accuratamente, però a cui si può – o si deve – porre rimedio con le varie pillole gratuitamente offerte dal servizio pubblico). E poi con le lezioni di varie materie che non si peritano di allargare l’orizzonte e le informazioni sulle continue discriminazioni subite dalle donne, dal maschio tossico e via cantando…
Quello che però mi ha colpito in tanta esaltazione dell’orgoglio LGBTQI+ (forse, tra poco, si dovrà ricorrere a una nuova classificazione, perché i sessi, pardon, i generi, si moltiplicano come le targhe) è il ritornello ossessivamente ripetuto che siamo di fronte a un odio diffuso (sempre da parte di quella infame destra che come un’idra continuamente si rigenera e si diffonde) che chiede tutto l’impegno delle persone civili e democratiche per essere finalmente sconfitto.
Il Segretario di Stato agli Interni afferma: “Sono qui insieme agli amici del PD, gli amici della città di Rimini, a testimoniare che c’è ancora tanto da fare per i diritti delle persone.”
Gli slogan e le accuse non si contano e qui ne elenchiamo una piccola parte, come riportato dal servizio della Televisione di San Marino: “Marciamo con rabbia e indignazione”… “C’è la gioia di tante persone che non vogliono accettare di vivere in un Paese dove c’è una destra che cavalca l’odio, i pregiudizi anziché aiutare tutti i cittadini ad avere gli stessi diritti, come dice la Costituzione.”… “Nella nostra regione diciamo ci sono sacche di discriminazione, ci sono problemi che affrontano le persone sulla base del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere e quindi saremo sempre in prima fila dalla parte di chi ha un diritto”… “[La destra nazionalista] Hanno scatenato un’ondata di odio dall’alto della loro posizione di potere. In questo modo si mettono in pericolo le persone… La destra ha un’ossessione per i corpi e in particolare, pare, per i corpi delle donne che evidentemente vorrebbe controllare… Il Pride è una marcia di rabbia ma anche di gioia. Perché nessuno deve essere discriminato e sottoposto a un attacco, a un bullismo come quello che abbiamo visto qui [alle Olimpiadi]”.
Di fronte a questa sfilza di accuse di odio, di incitamento all’odio, alla volontà di cancellare i diritti delle persone, mi sono ricordato di quel modo di esprimersi di quando eravamo ragazzi, così sintetizzato sui social: «“Chi lo dice sa di esserlo” è una delle frasi che da bambini usavamo per contrastare con la dialettica un’accusa o un’offesa rivoltaci da un amico, o da uno st***.»
Sì, sembra proprio che questa ossessione sull’odio lesboomotransfobico (forse si sono altre sigle da aggiungere, pazienza!) di cui si accusano gli avversari sia una forma di autoaccusa (gli esperti così dicono: «Ciò che consideriamo fastidioso in una persona è proprio il difetto che abbiamo anche noi e lo stesso vale per i pregi. Ecco riassunta in poche parole la legge dello specchio: ciò che vedi negli altri è il tuo riflesso».
Non sarà allora venuto il tempo di smettere di accusare gli altri di questo odio che è nella testa di chi accusa, cercando invece di confrontarci ragionevolmente e di lavorare per l’autentico rispetto delle persone, che non si manifesta in slogan offensivi, in stantie riproposizioni di luoghi comuni, ma nella ricerca di spazi di confronto, di chiarezza di giudizio, di condivisione di esperienze positive?
Per usare un pensiero di Antoine de Saint-Exupery: «Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete si metteranno subito al lavoro per costruire la nave» o per richiamare un pensiero dei Padri della Chiesa: «Se vuoi creare l’unità tra gli uomini, non gettare loro delle monete d’oro, ma invitali a costruire una torre».
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