Spunti dall’intervento di Prosperi all’assemblea dell’Associazione Italiana Centri Culturali

Dall’omelia del Cardinale Farrell agli ultimi esercizi della fraternità di Comunione e Liberazione: “il Santo Padre (…) vi ha esortato ad aver cura dell’unità. È un dono da invocare (…) rinunciando ad identificare il carisma con le proprie convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona.”
Autore:
Pietro Gargiulo
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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Con l’intervento ai Centri Culturali Prosperi riprende l’integralità del carisma proprio da un punto in cui tale integralità è incorsa più evidentemente in una visione “unilaterale”: nella concezione della bellezza disarmata, proposta da Carron come giudizio complessivo sul rapporto con la modernità in generale e la politica in particolare.
Per dare il contesto adeguato a questo intervento, e ridurre al minimo il rischio di incomprensioni, Prosperi riprende il discorso del 15 ottobre:
«Non sono mancati seri problemi, divisioni, e certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più.»
L’intervento è talmente ricco e preciso nel metodo e nel merito che va riletto e studiato in ogni passaggio.
Segnalo per il lavoro di ripresa di sdc solo “l’ultimo spunto”, quello sul giudizio comunionale. Infatti questo tema si collega direttamente allo “specifico” dell’intervento della Chiesa sul Movimento, come ribadito da Farrell agli ultimi esercizi della Fraternità: rinunciare “ad identificare il carisma con le proprie convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona.
Il giudizio comunionale è un giudizio espressione della comunione vissuta. “Un” in questo caso è da intendersi nel senso più umile possibile: “uno” dei possibili giudizi. Perché ciò che conta non è prima di tutto la profondità e la comprensività del giudizio (cose sempre da ricercare!) ma il fatto di essere frutto e seme di una presenza comunitaria fondata nell’appartenenza.
Un giudizio unilaterale, al contrario, interpreta “un” come “unico”, “espressivo o più espressivo del carisma”, secondo l’interpretazione di chi guida in un certo momento. Proprio ciò che la Chiesa ci ha indicato come assolutamente da evitare: “ritenersi gli unici interpreti del carisma”.
Chiaramente l’integralità del carisma non si esaurisce in un aspetto (in questo caso la cultura), essendo un carisma per sua natura un accento particolare che porta alla verità tutta intera, a Cristo, via, verità, vita. Nella nostra storia, è altrettanto chiaro, come affermato esplicitamente da Prosperi, che su questo punto del giudizio culturale sono nate tante difficoltà. Per questo, se correttamente inquadrato nella correzione specifica che la Chiesa ci chiede, è veramente fondamentale ripartire da una concezione più integrale, per poter accogliere i contributi di tutti e di ciascuno.

Da Ascione ad Ascione.
Degno di nota è il fatto che Prosperi abbia rilasciato una breve intervista su questo tema. Un’intervista dai confini ben definiti sui rapporti del Movimento con la politica e sull’“eredità” di Carron.
Nell’intervista viene portato nel dibattito pubblico l'ampliamento del concetto di “bellezza disarmata”, centrale nell’impostazione culturale di Carron. In termini giornalistici, Prosperi afferma che la bellezza a volte è anche “armata” e che a volte viene comunque combattuta. Un cambio di passo rispetto a Carron. Un ritornare a una concezione “giussaniana” della cultura e quindi anche del rapporto con la politica e in generale con la modernità.
Oltre al contenuto dell’intervista è da sottolineare l’intervistatore, Marco Ascione. Ascione si occupa di politica e ha scritto un testo, La profezia di CL, nel quale sostiene esattamente la tesi opposta a quella di Prosperi: Carron avrebbe inverato o evoluto, se non addirittura superato la concezione giussaniana della cultura (a tale riguardo Bertinotti ha parlato di un "proprio" carisma riferendosi a Carron). Questo testo e le presentazioni hanno raccolto e diffuso le tesi di coloro che criticano la guida di Prosperi e a volte temerariamente anche gli interventi del dicastero e del Santo Padre, con ricostruzioni di parte e parziali; ricostruzioni che non fanno mai cenno allo specifico della correzione della Chiesa nei confronti del Movimento: non “identificare il carisma con le proprie convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona.
Ascione ritiene che il cambio di paradigma di Carron sia stato espresso in particolare nel docufilm Vivere senza paura nell’età dell’incertezza. Caso vuole che proprio in questi giorni sia stato pubblicato il testo Abitare il nostro tempo, che raccoglie e ampia i materiali del docufilm. Lo stesso Carron ne ha fatto una presentazione (tra altri interventi che vengono rilanciati in rete), in cui conferma e se possibile rende più acuta l’impostazione culturale de La bellezza disarmata. (Personalmente ho pensato di verificare un’eventuale “analogia per polarità” tra la teologia della liberazione e l’interpretazione politica in senso ampio di Ascione della bellezza disarmata. Per aiutarci nel dialogo tra noi, se servisse…)
Accettando di rilasciare proprio ad Ascione un’intervista su questi temi, Prosperi implicitamente risponde anche alle tesi contenute nel suo libro.
Resta tanto lavoro da fare, con la serenità data dal fatto che l’intervento della Chiesa è stato così tempestivo e preciso da far pensare a un piccolo grande “miracolo”. Chiunque avesse la responsabilità della guida del Movimento non potrebbe prescindere dal rinunciare “ad identificare il carisma con le proprie convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona” e se anche dovesse incorrere in questa tentazione tutti ora sappiamo che di questo si tratta: di una tentazione. Per questo ciò che conta è seguire con semplicità la proposta del Movimento in comunione con il Santo Padre, fare bene scuola di comunità e sviluppare, nei termini indicati dalla Chiesa, una sana devozione a don Giussani.

Pietro Gargiulo